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Né aperture, né chiusure: la Chiesa è Madre

L’Instrumentum Laboris del Sinodo dei Vescovi, La novità è tutta pastorale

Era uscito da pochi minuti, e l’Instrumentum Laboris – la traccia che sarà seguita nella XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà dal 4 al 25 ottobre 2015 – mandava già in tilt la stampa nazionale: se molti organi di informazione ne magnificavano le “aperture”, altri – pochi, in verità – con disappunto le minimizzavano. Mentre sfogliavo la rassegna stampa della CEI mi è balzato all’occhio un titolo – “Il Sinodo virtuale dei mass media” – che mi ha ricordato uno degli ultimi – splendidi – discorsi di Benedetto XVI che metteva a confronto il “Concilio dei Padri” con il “Concilio dei giornalisti”.
ok - Instrumentum Laboris1Avremo, dunque, un Sinodo “reale” dei Vescovi e un Sinodo “virtuale” dei media che ritaglia le parole del Papa su misura per l’opinione pubblica? Sembra di sì, di nuovo. Se si tiene conto che, secondo il documento, uno dei più grandi mali che attanagliano la famiglia è l’aver separato sessualità e procreazione con la contraccezione e la fecondazione assistita, che è un dramma aver svincolato l’identità personale e affettiva dalla diversità biologica fra maschio e femmina seguendo la teoria del gender, che non si possono mai consentire le nozze tra persone dello stesso sesso e che il matrimonio è, quindi, tra un uomo e una donna, indissolubile e procreativo, si evince che la dottrina non è destinata a cambiare e che non ci sarà nessuna “Rivoluzione d’Ottobre”.
Dove sono, allora, le aperture? In un approccio che evidenzia meglio la vicinanza – ma non l’avallo – della Chiesa a molte situazioni che finora venivano definite semplicemente “irregolari”. Se tutte le unioni devono tendere – con gradualità e rispetto – alla compiutezza del matrimonio cristiano, le persone devono percepire la tenerezza della Chiesa che è maestra, sì, ma primariamente è madre. E allora, fatta salva la dottrina – “sono un figlio della Chiesa”, ha sempre detto Papa Francesco, “e la mia dottrina è nel Catechismo” -, la novità è tutta pastorale. Se la Chiesa ha sempre accolto a braccia aperte tutti i suoi figli nelle parrocchie e nei movimenti, ora è il Papa a dirlo ad alta voce, perché i “lontani” abbiano la certezza di un’accoglienza che non è complicità e i “vicini” siano autorevolmente richiamati all’impegno della testimonianza. I divorziati risposati non potranno accostarsi alla Comunione sacramentale, ma la loro presenza nella vita ecclesiale, con un cammino di consapevolezza della propria situazione, può esplicarsi in altri modi; la Chiesa non accetterà il matrimonio omosessuale, ma tutte le persone con tendenza omosessuale che cercano Dio possono trovare in comunità cristiane accoglienti una guida nella riscoperta della propria identità e nella valorizzazione di una vita casta.
Ha detto qualcuno che, se Giovanni Paolo II è stato il grande pastore e Benedetto XVI il grande teologo, Francesco – da buon gesuita – è il grande direttore spirituale, che non parla tanto al gregge nel suo complesso, ai pastori di anime o ai maestri, ma ad ogni singolo uomo o donna che cerca Dio. La dottrina è stabile perché stabile è il Vangelo da cui essa promana, ma la sua applicazione, cuore dell’arte pastorale, deve tener conto della situazione di ogni uomo e di ogni donna che si accosta al mistero di Dio con gradualità. È per questo che Papa Francesco è così esigente con noi che viviamo inseriti nella Chiesa e così “tenero” con chi fa fatica ad avvicinarsi: perché le comunità cristiane diano una testimonianza “materna” e credibile della vita in Cristo, mostrando la bellezza della famiglia cristiana – che è dono e mistero – ad un mondo che non si è stancato di cercare Dio e di cercare amore.

FABIO MASSIMO MATTONI

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