In sintonia con l’Arte – Bartolomeo di Tommaso
“Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe”. Questa frase di Albert Camus mi accompagna da quando ho scoperto la passione per la Storia dell’Arte. I semi erano stati gettati da tempo, ma la scintilla è scattata quando, con in mente le parole del noto scrittore francese, mi sono trovata di fronte al ciclo pittorico eseguito da Bartolomeo di Tommaso nella chiesa di San Francesco a Terni. Gli affreschi, eseguiti dal pittore folignate per la nobile famiglia Paradisi intorno al 1450, raffigurano il Giudizio Universale con la drammatica rappresentazione dell’Inferno (foto 1)
, il Purgatorio, la Discesa di Cristo nel Limbo e il Paradiso con Gesù, San Giovanni Battista, La Madonna, San Pietro, gli Angeli, gli Apostoli e i Santi; sulla volta sono raffigurati i Profeti (foto 2 e 3).
Qui Bartolomeo ha lasciato una delle prove più alte del suo visionario stile pittorico, che si muove lungo il crinale di separazione fra il linguaggio tardogotico e il gusto rinascimentale. Ogni particolare riflette un lessico ansioso: le figure vengono immortalate in torsioni ardite e innaturali, all’interno di composizioni piene di caotica, eppure immobile, drammaticità; le loro vesti sono solcate da panneggi quietamente tormentati, lenti graffi geometrici che catturano la luce in tortuosi rivoli. Nella scena dell’Inferno si respira un acre odore di zolfo e di disperazione: è il mondo dell’oltretomba – cosa può esserci di più oscuro, misterioso, insondabile per l’uomo? – rivelato trasformando in immagini le intime inquietudini per l’ignoto.
Documentato dal 1425 al 1453, Bartolomeo è ideatore di uno stile sorprendentemente originale e anomalo rispetto alle tendenze del tempo: un linguaggio contrassegnato da un deciso caratterismo grafico che, ispirandosi alle opere del bolognese Sassetta, insiste su elementi spiccatamente irrealistici e su una resa fortemente emotiva dei temi sacri, probabilmente in relazione con la coeva predicazione dell’Osservanza Francescana. Fu attivo ad Ancona, Fano, Foligno e persino a Roma, dove fu pagato per un fregio nella Sala grande e per una Madonna in Campidoglio. Ritengo inoltre che possa essergli attribuita la Madonna col Bambino affrescata sulla parete d’altare della chiesa di San Bartolomeo a Montefalco, solitamente riferita a un suo seguace (foto 4)
.
Ho avuto la fortuna di lavorare in due luoghi che ospitano opere eseguite da Bartolomeo di Tommaso, il Museo di Palazzo Trinci e la Galleria Nazionale dell’Umbria. Il primo dipinto è un affresco datato 1449 – raffigurante la storia di Santa Barbara, una Madonna di Loreto e un Santo francescano predicatore – staccato dal monastero folignate di Santa Caterina; la seconda opera è un polittico realizzato nel 1432 per volere del priore della collegiata di San Salvatore a Foligno, Rinaldo Trinci. Le parti centrali del polittico, raffiguranti la Madonna col Bambino fra Santi, sono ora esposte al Museo Diocesano di Foligno, mentre alla Galleria Nazionale dell’Umbria si trova uno scomparto della sua predella, nel quale è raffigurato il Seppellimento di Cristo. Ho potuto allora stringere un rapporto di delicata familiarità con le asprezze stilistiche di Bartolomeo: le mani simili ad artigli che ti catturano e ti scaraventano all’interno del dipinto; i corpi ossuti, legnosi, prosciugati dalla tensione emotiva; gli sguardi ferini, lame penetranti e spietate, incrollabili nella loro severità; le chiome più simili a criniere ribelli, velenosi serpenti di gorgone. Puro desiderio di elevazione spirituale, coltivato senza sconti sul sacrificio che una simile conquista possa comportare.
EMANUELA CECCONELLI