Paese che vai, Pasqua che trovi
A Corfù con la Caritas per celebrare la Pasqua tra ortodossi e cattolici
In ogni cortile della Grecia c’è un agnello che cuoce lentamente dalle prime ore del mattino. È il profumo della Pasqua che, nel paese ellenico, i cattolici festeggiano contestualmente agli ortodossi, una settimana dopo la Pasqua nostrana. Sì perché il gemellaggio siglato, dietro gli auspici della Caritas, tra la Diocesi di Foligno e quella corfiota durante i festeggiamenti di San Feliciano significa anche questo: condivisione di gioie che nemmeno la crisi riesce a scalzare. È questa la Megali Ebdomada, la “grande settimana” come la chiamano i cugini d’oltremare, cuore dell’anno per ogni greco, cattolico come ortodosso. Per le strade di Kerkyra è una trama di bande e processioni, cattolici e ortodossi tutti assieme, mentre ogni chiesa porta in spalla il proprio epitaffio. Ovunque è un brulicare di gente e sebbene le bandiere a mezz’asta rammentino il raccoglimento santo del Venerdì, i balconi sono tutti punteggiati da candele, simbolo della voglia di Rinascita in primis da una crisi che non smette di incalzare. Perché è la Speranza – ci dicono – quello che ci tiene in piedi. Per noi da Foligno è un vero tetris di fede e folklore quando i corfioti, battendo sulle panche della chiesa, celebrano il rito del terremoto che ricorda quello che seguì la morte di Gesù. E che dire delle botides, le giare piene d’acqua, che gli isolani gettano dalle finestre per festeggiare a ritmi di cocci e campane la gioia e il fragore della Pasqua. Di certo viverla due volte – il 5 aprile a Foligno e il 12 a Corfù – è un vero privilegio, segno che la vita, a volte, ci regala l’occasione di imparare a vivere meglio quello che già abbiamo vissuto. E in Grecia la Pasqua è davvero l’arrivo della Gioia.
Partecipiamo anche noi alla veglia nel Duomo cattolico, interrotta ogni anno dall’arrivo del Metropolita ortodosso che reca in dono al Vescovo la Luce del Santo Sepolcro in un abbraccio tra i due pastori che si profondono in un Kalò Paska. E se la Messa termina alle 23 per consentire ai cattolici di partecipare alla funzione ortodossa, anche noi ci uniamo alla distesa di luci e preghiere in attesa della mezzanotte, celebrata da rulli di tamburi e fuochi d’artificio. E non c’è greco, di ritorno a casa, che non rechi con sé la candelina di Pasqua ancora accesa. Alcuni segnano con il fumo una croce sullo stipite della porta della propria abitazione. Una Pasqua, insomma, che abbraccia anche gli ebrei. “Ma prof, non ce lo dai l’abbraccio di Buona Pasqua?” – ci dice con sorpresa una delle bambine musulmane del Doposcuola Caritas prima della nostra partenza per Corfù. Solo ora ricordiamo questa frase. Forse perché quello che vuole regalare a Foligno questa doppia Pasqua segnata dal gemellaggio è proprio questo: l’abbraccio di tutti – diversi che siano – in un’unica Gioia.
FRANCESCA BRUFANI