vuoto2

L’Italia nel Mediterraneo

Le crisi drammatiche in Medio Oriente, il terrorismo dell’Isis, la Libia in fiamme e senza Stato, i barconi di disperati alle porte di casa interpellano il nostro Paese, vista la debolezza dell’Onu e la difficoltà dell’Europa a trovare una politica condivisa. Lo interpellano, sia per la sua collocazione geografica in un mare che sembra inghiottire oggi le ragioni della convivenza e della civiltà, sia perché in quest’area così delicata l’Italia ha svolto, qualche decennio fa, la sua migliore politica estera che la storia ricordi. Due nomi su tutti a partire dagli anni della “guerra fredda”: Giorgio La Pira ed Enrico Mattei. Il primo, per i famosi Colloqui internazionali per la pace e la civiltà cristiana, a cui seguirono i Colloqui per il Mediterraneo, dove mise insieme arabi ed ebrei, fece incontrare segretamente francesi ed algerini, affrontò il problema della libertà dell’Algeria e quello della pace nel Medio Oriente – per non parlare dei tanti viaggi che portarono il sindaco di Firenze, pellegrino di pace, ad incontrare i capi di mezzo mondo. Il secondo, per aver avviato una politica petrolifera legata al Medio Oriente, smarcando l’Eni dal sistema coloniale occidentale. Fu lui a ispirare la classe dirigente italiana, soprattutto democristiana, a perseguire una coraggiosa politica estera, autonoma e in concorrenza con Francia e Inghilterra. Si investì nella vocazione africana e mediterranea del Paese, si stabilirono rapporti con l’Iran, l’Iraq e poi con la Libia di Gheddafi, per avere fonti energetiche in cambio di tecnologie avanzate. Si guardò all’Asia, alla Russia e alla Cina di Mao anticipando molti altri. La strategia sul Medio Oriente mantenne buoni rapporti con il fronte arabo-palestinese. Il dinamismo della politica estera italiana declinò verso la fine degli anni settanta, quando decollò la grande politica mondiale americana, partì la resa dei conti tra Usa e Urss conclusasi nel 1989, iniziò la costruzione della Comunità europea. Nel mondo di oggi manca del tutto ogni sistema o struttura internazionale: compaiono stati territoriali senza che sia possibile il riconoscimento ufficiale dei confini; ci sono conflitti tra stati e negli stati che continuano nel tempo senza che la mediazione di terzi possa farci nulla; ci sono rivoluzioni e controrivoluzioni, terrorismi ed esodi di popolazioni dove né gli interventi armati né quelli umanitari sanno portare progetti di ricostruzione. Intanto, i conflitti regionali autodistruttivi si trasformano in guerre globali vere e proprie. Questo avviene ai confini dell’Europa, dove l’Unione è del tutto incapace di una politica unitaria, al di fuori delle questioni economiche e finanziarie. Nel 2011 Francia e Inghilterra hanno dato il colpo mortale a Gheddafi, più per controbilanciare il peso europeo della Germania e l’influenza dell’Italia nell’economia libica, senza idea alcuna su come ricostruire un sistema statale stabile ed efficiente. Errori simili in Iraq e in Siria. A rischio è ora la sicurezza internazionale e l’Italia è più esposta di altri. La sua sfida è convincere Europa e ONU a non abbandonare questo pezzo di mondo ad una guerra di tutti contro tutti.

ANTONIO NIZZI

0 shares

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Skip to content