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Meno curie, più pastori

Periodicamente, da almeno un paio d’anni, si rincorrono voci sulla riconfigurazione territoriale delle diocesi umbre. Un tema, quello della frammentazione delle chiese della nostra regione e più in generale italiane, che è nell’agenda almeno degli ultimi tre pontefici.
L’ultima “uscita” è quella del Fatto Quotidiano di alcune settimane fa, ampiamente ripresa dai quotidiani locali, che ha “anticipato” l’orientamento in base al quale rischierebbero la soppressione tutte le diocesi con meno di novantamila abitanti. Personalmente non sono un granché interessato a sapere, prima degli altri, se la mia Chiesa si unirà a quella di Spoleto o di Assisi, ho le mie preferenze, ma sono irrilevanti. Non sono nemmeno sensibile ai proclami campanilistici che rivendicano una presunta folignarietà da tutelare contro ogni ragionevolezza. Mi domando però se a suggerire una ottimizzazione delle risorse della Chiesa italiana siano le esigenze della predicazione del Vangelo, piuttosto che, invece, una oggettiva difficoltà a mantenere in efficienza strutture e uffici in forma così capillare. E mi chiedo se sia possibile conservare la capillarità della predicazione mentre si accorpano strutture e servizi. Le chiese umbre hanno già fatto passi in questa direzione, alcuni percorsi intrapresi hanno dato risultati apprezzabili, altri sono stati più stentati. In ogni caso mi sembra una via da approfondire. Qual è infatti il vero problema? Che ci sono troppi vescovi o piuttosto troppe curie? Troppi pastori, o troppe pastorali? È possibile immaginare una Chiesa locale più snella? Senza una copia anastatica di tutti gli uffici della CEI? Senza biblioteca, museo, case di riposo, cento confraternite, Istituto di Sostentamento del Clero? È possibile pensare una maggiore mobilità tra i presbiteri delle varie diocesi? È possibile cioè immaginare una Chiesa nella quale i pastori stiano più in mezzo alle pecore e meno nei consigli di amministrazione delle varie istituzioni ecclesiastiche? Più nelle chiese, nei sagrati, e meno negli uffici degli episcopi? Quando avverrà l’accorpamento, e credo che succederà presto, non mi peserà dover fare venti chilometri per andare alla riunione del consiglio pastorale diocesano o per richiedere un certificato di matrimonio. Non mi peserà spostarmi per incontrare il direttore dell’ufficio liturgico o della pastorale familiare. Mi darà dispiacere, semmai, non ascoltare l’omelia del mio vescovo nella mia cattedrale la notte di Natale. Insomma la Chiesa, che è il Popolo di Dio in cammino verso il Regno, può far bene a meno delle curie. Ma non dei pastori.

VILLELMO BARTOLINI

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