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Quella rivoluzione che trovò la Chiesa impreparata

La Chiesa si trova oggi a fare i conti, forse per la prima volta, con la cosiddetta rivoluzione sessuale, ovvero con la fine dell’egemonia della morale sessuale cattolica nella vita delle persone e delle famiglie anche in Paesi di lunga tradizione cattolica. Causa ed insieme effetto della secolarizzazione, da quasi mezzo secolo tale rivoluzione ha modificato la morale sessuale, il rapporto fra i sessi, la soggezione della donna, le modalità del concepimento, attuando una cesura inedita tra vita sessuale e procreazione, con tutto ciò che ne consegue. È stato uno dei cambiamenti più importanti della modernità, subìto forse passivamente dal mondo cattolico che, impreparato, ha preferito parlarne il meno possibile, neppure per vagliare, accanto alle esigenze più profonde e positive che l’hanno causata, quelle felicità tanto promesse ma poco confermate dalla storia che ne sono seguite. Per i ragazzi di oggi, termini come matrimonio riparatore, figlio del peccato, ragazza svergognata sembrano venire da un altro pianeta, tanto profondi sono stati i cambiamenti reali e non solo linguistici. Anche il Codice di Diritto Canonico ha dovuto rivedere quella vecchia formula di matrimonio inteso (anche) come remedium concupiscentiae. Proprio agli inizi della rivoluzione, erano il Vaticano II e il magistero di Paolo VI, continuato poi da Giovanni Paolo II, a parlare di sessualità a misura d’uomo e dell’amore coniugale secondo la dottrina della Chiesa, tenendo presenti le mutate condizioni culturali e sociali. Eppure, più si precisava la dottrina, più avanzava una sorta di scisma silenzioso di tanti fedeli, i quali, spinti dagli esiti della modernità, hanno cominciato a rivendicare la libertà di coscienza nell’organizzare la propria vita morale e familiare, giungendo ad un’adesione selettiva al messaggio cristiano. La Chiesa è stata colta di sorpresa, non riuscendo sempre ad accordare, su queste tematiche, il confronto pubblico in una società sempre più secolarizzata e pluralista con l’urgenza di rivedere la proposta educativa verso le nuove generazioni, puntando soprattutto sulla formazione delle coscienze. A volte si è avuta l’impressione che la Chiesa presupponesse un ambiente culturale ancora omogeneo ai suoi orientamenti morali e non anche attraversato da correnti di rifiuto o da soluzioni alternative; oppure che stesse puntando più sull’aiuto di improbabili soluzioni politico-giuridiche che sulla forza dell’evangelizzazione. Ma se una funzione pubblica la Chiesa potrà svolgere, questa dovrà porsi come coscienza critica, sia dei punti di non ritorno della rivoluzione sessuale, sia delle sue promesse non mantenute. Alcune sono vistose: la famiglia ne è uscita tutt’altro che rafforzata e la sua crisi ha colpito maggiormente i ceti disagiati; la prostituzione si è allargata sempre di più; il figlio desiderato, e molto spesso unico, non appare meno problematico di quelli fuori programma; la libertà sembra temere o rifiutare spesso lo sbocco generativo, con il crollo demografico che sappiamo. Il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia toccherà questi problemi. Ne sta parlando anche la Chiesa di Foligno.

ANTONIO NIZZI

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