Elezioni regionali, la legge ancora non c’è
Sulle elezioni per il rinnovo dei vertici della Quintana la stampa locale ci informa tutti i giorni. Ad oggi non sono state presentate candidature alla presidenza dell’Ente Giostra, ma entro la fine di gennaio i 150 consiglieri rionali andranno al voto. Al voto si andrà pure, in primavera, per il rinnovo del Consiglio regionale, però queste elezioni non sembrano suscitare altrettanta attenzione fuori del palazzo, nonostante siano molti i problemi e le attese. Tra i più importanti: la legge elettorale che il Consiglio regionale non riesce a partorire; i mutamenti amministrativi indotti dalla riforma delle Province che rischia di provocare incertezze e confusioni; il confronto non più procrastinabile sulla macroregione dell’Italia centrale; la sofferenza occupazionale che non accenna a diminuire; le preoccupazioni mai sopite sulla sanità regionale e – anche Foligno ne sa qualcosa – sugli ospedali; il rinnovamento dei gruppi dirigenti – sia di chi fa politica attiva, sia di chi percepisce compensi, retribuzioni e gettoni, partecipando a Consigli di amministrazione, Collegi sindacali di enti, Agenzie regionali -; il contenimento delle spese per la politica. Alle elezioni di maggio, dunque, non sappiamo ancora come voteremo. Manca un accordo largamente condiviso ed è probabile che la soluzione sarà presa dalla sola maggioranza. I punti che dividono sono diversi: l’abolizione del vecchio “listino”, la doppia preferenza “di genere”, il collegio unico regionale con il premio alla coalizione vincitrice che avrà 12 consiglieri su 20, il “diritto di tribuna” alle liste apparentate al partito che otterrà più voti nella coalizione vincitrice, purché si attestino al 3%. È normale che le forze attualmente presenti in Consiglio regionale studino la formula migliore per affermarsi alla prossima tornata elettorale e che tutti cerchino di ritagliarsi un futuro ruolo politico nella nuova assemblea che vedrà i consiglieri passare dagli attuali 30 a 20. È normale anche che l’attenzione della politica sia rivolta ora soprattutto alle candidature e alle alleanze. Meno normale ci pare il silenzio sui problemi e le attese dei cittadini appena richiamati. È come se i politici parlassero soltanto tra se stessi, di se stessi e per se stessi. Da questo parlare sappiamo, al momento, che la presidente uscente Catiuscia Marini si ripresenta, che il centrodestra dovrebbe scegliere con le primarie il proprio candidato, che a sinistra non c’è eccessivo entusiasmo per la politica del Pd a guida Renzi. Sappiamo anche che il centrosinistra non dovrebbe correre grandi rischi nei riconfermarsi alla guida della Regione, sebbene le preoccupazioni non manchino, soprattutto dopo la Caporetto del Comune di Perugia dello scorso anno che ha evocato quella ternana di vent’anni prima, senza però avviare, questa volta, un serio esame di coscienza sulle cause della sconfitta e sulle difficoltà a comprendere per tempo i cambiamenti in atto e le novità che contano. La biografia della classe dirigente regionale ci dice che la carriera dei singoli condiziona ancora troppo il dibattito interno ai partiti e alle coalizioni. È tempo di cambiare.
ANTONIO NIZZI