Buona scuola?
Ivana Barbacci (CISL Scuola Umbria) risponde alle domande della “Gazzetta”
Ha partecipato al questionario sulla “Buona scuola”?
Ho partecipato al questionario da cittadina prima ancora che da insegnante e sindacalista.
Cosa ne pensa?
Oltre ai contenuti, poco approfonditi e quindi approssimativi e talvolta propagandistici non ho condiviso l’idea di affidare, un necessario confronto serio sulla scuola, al solo strumento on line, con risposte pre-costituite che nessuno spazio hanno lasciato alla libera determinazione del compilatore. Questo strumento l’ho trovato limitato e rivolto ad una stretta cerchia di persone abili dal punto di visto informatico e quindi parziale nella rilevazione dei dati conoscitivi.
Il primo punto riguarda l’immissione in ruolo del c.d. “precari storici”; non sarà un tappo definitivo al ringiovanimento del corpo insegnante?
Le immissioni in ruolo dei precari sono la notizia veramente positiva di tutto il Rapporto sulla Buona Scuola, questa determinazione è stata auspicata fortemente dalla CISL Scuola, tanto che nel tempo abbiamo sottoscritto accordi separati con i Governi per agevolare le assunzioni dei precari storici e quindi lo “smaltimento” delle graduatorie. La decisione di assumere 148.000 docenti dalle GaE (graduatorie ad esaurimento Ndr) è un’ottima notizia, ma purtroppo mancano all’appello le assunzioni del personale ATA e la risposta legittima agli abilitati presenti in II fascia d’istituto.
Quanti sono i precari storici in Umbria? È nota la loro età media?
In Umbria sono presenti nelle GaE circa 4.000 docenti e la loro età media corrisponde a quella rilevata sul territorio nazionale ovvero tra 40 e 45 anni.
Uno dei temi più controversi è quello della valorizzazione del merito degli insegnanti, qual è la posizione del suo sindacato?
La tematica del merito e della differenziazione stipendiale è motivo di dibattito politico e sindacale da diversi anni, senza che, da parte della politica, sino ad oggi, si sia mai riusciti ad aprire un dibattito serio. Come CISL SCUOLA da tempo chiediamo di misurarci su un piano di valorizzazione della professionalità docente che parta dal dare valore alle complesse sfumature della professione docente, senza mai dimenticare, in primis, il lavoro d’aula con gli alunni. Tutta la tematica della valutazione delle performance e del sistema scolastico nel suo insieme necessitano di un confronto vero, ad ampio respiro che parta direttamente dagli operatori della scuola. I tempi sono maturi perché la categoria è matura per definire forme di differenziazione dello stipendio in base ad indicatori certi, oggettivi e certificabili, rilevabili e misurabili attraverso forme trasparenti e garantiste di equità ed oggettività. Per pensare ad un contenitore così complesso è necessario riaprire la stagione contrattuale e cominciare a fare delle proposte concrete: cosa si valuta e chi valuta, con consapevolezza e coraggio rispetto agli obiettivi veri, ovvero uscire dallo stagno di stipendi bassi e uniformi e per garantire maggiore qualità delle prestazioni professionali.
Noi siamo pronti a misurarci sui contenuti e sui metodi di una vera valorizzazione del personale, mantenendo, per una parte gli scatti di anzianità (l’esperienza è un valore) ed aggiungendo altri indicatori su cui aprire un dibattito all’interno della categoria (competenza professionali, formative, didattiche, organizzative, indicatori di complessità del contesto educativo, etc). La CISL è pronta.
Quali sono secondo lei l’aspetto più interessante e quello meno condivisibile del piano del governo?
Ciò che ci interessa maggiormente è l’assunzione dei precari, atto urgente e necessario, ciò che riteniamo sia sbagliato è la mancata sensibilità contrattuale, tanto che nel rapporto non si cita mai il contratto e le sue prerogative, sostituendo le materie contrattuali (compreso il merito) con annunciate disposizioni normative. Questo aspetto, oltre ad essere grave nella forma è fortemente anti-storico e controproducente nella sostanza.
Rispetto ai problemi della scuola sempre più spesso i sindacati si schierano su posizione diverse. Da cosa dipende?
L’unità sindacale è un valore che si coltiva tutti insieme, con pari dignità e responsabilità, in questi ultimi anni, l’unità sindacale è venuta meno (anche se nella storia del sindacalismo italiano questo fenomeno è frequente) non tanto per mancata condivisione degli obiettivi, quanto piuttosto per una mancata intesa sui metodi di approccio alle questioni sindacali e soprattutto quando, da parte di qualche sindacato, l’obiettivo primario è quello di proporsi, prima come soggetto politico/partitico, piuttosto che come soggetto esclusivamente sindacale. In questi anni la CISL SCUOLA si è mossa in sintonia con la UIL, SNALS e GILDA, per le iniziativa di carattere esclusivamente sindacale, a questo richiamo talvolta è mancata la CGIL proprio perché, secondo noi, troppo attenta a logiche di visibilità politica piuttosto che sindacale. Questa impostazione è contraria ai principi di autonomia della nostra organizzazione, tanto che, da parte nostra, per sostenere la coerenza e la credibilità dei contenuti sindacali rivendicati si è stati costretti a diversificare la proposta sindacale.
Da molti anni si ha l’impressione che i docenti, soprattutto quelli più giovani, seguano sempre di meno le attività dei sindacati. È un’impressione suffragata da dati? Come se lo spiega?
La distanza tra i giovani ed il sindacato ed anche tra i giovani e la politica è un dato ormai all’ordine del giorno del dibattito corrente. Certamente il sindacato deve cambiare pelle, e deve acquisire un ruolo diverso per legittimarsi anche tra le nuove generazioni.
I vecchi schemi, le vecchie liturgie non sono più adeguate per rappresentare il mondo del lavoro che cambia e che richiede una flessibilità ed una velocità di azione del tutto nuova. Intanto, secondo me, il sindacato deve ricominciare ad andare tra le gente, nei luoghi pubblici oltre che nei luoghi di lavoro, deve riprendere il filo dell’analisi sociale e civile con una logica partecipativa e moderna, facendo crescere le sensibilità degli individui verso la ricerca del Bene Comune. Dobbiamo quindi “smontare” l’individualismo contemporaneo provando a “costruire” una nuova idea di Welfare State fatto di condivisione di valori tra generazioni e tra i diversi strati della società. I mali del nostro tempo sono le disuguaglianze economiche, le ingiustizie sociali, le flessibilità senza regole, le incertezze occupazionali e le mancate regole civiche condivise, su queste tematiche, ampie, ma concrete il sindacato deve provare ad avvicinare le giovani generazioni con possibili proposte concrete, soprattutto adesso che la politica sembra paralizzata ed incapace a promuovere risposte in prospettiva.
In questi giorni le scuole stanno ricevendo i risultati delle Prove INVALSI svolte lo scorso anno. Come vengono vissute queste prove dalle scuole dell’Umbria?
Le prove INVALSI possono rappresentare uno strumento e non un fine, se partiamo da questo presupposto si possono costruire percorsi utili a migliorare le conoscenze e le competenze dei nostri alunni, anche in chiave europea, se invece il tutto diventa fine a se stesso il modello dei test invalsi, come di qualunque altro tipo di test, è destinato a fallire.
Perché solo pochi rendono pubblici i propri dati?
Manca ancora una vera cultura dell’autovalutazione e della condivisione di percorsi, è proprio su questi temi che si dovrebbe aprire un confronto e percorsi formativi qualificati rivolti al personale docente e dirigente.
Cosa direbbe ad un giovane laureato che volesse intraprendere la strada dell’insegnamento?
Fare l’insegnante oggi, malgrado le difficili condizioni sociali ed economiche attuali, resta un lavoro di alto valore sociale. La vera difficoltà sta nel supportare, proteggere, rendere efficace, questo ruolo indispensabile in una società civile ed avanzata, attraverso politiche di investimenti e promozione dell’educazione, della formazione e della ricerca, qualificando e rispettando in primo luogo gli operatori che vi operano. I nostri Governi hanno squalificato l’Offerta Formativa e quindi il valore sociale della funzione docente, con politiche miopi di tagli lineari, questo in prima battuta, ha svilito il personale, ma alla lunga ha punito le nuove generazioni ed il paese tutto, quindi ben vengano i giovani che vogliono diventare insegnanti, ma se questo è il lavoro che hanno scelto debbono armarsi di coraggio e voglia di cambiare …anche il mondo se necessario!
MAURO PESCETELLI