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Il gemellaggio Foligno-Kobane

Foligno ha un ponte di solidarietà verso Kobane, la città curda che resiste all’assedio del Califfato nero. Testimoni curdi hanno raccontato il caos mediorientale, dove si allarga l’organizzazione dell’Isis su un ampio territorio tra Siria ed Iraq. La parte siriana è stata conquistata dal Califfato ai danni dell’esercito siriano libero, della resistenza curda e dei combattenti contro il regime di Damasco. Anche i territori dell’Iraq sono stati occupati con una guerra rapida. Con la complicità di altri regimi e potentati politici e finanziari – dell’area del Golfo ma non solo -, il Califfato, utilizzando il terrore, il denaro e le strutture statali preesistenti, sta organizzando la vita delle popolazioni conquistate: dall’educazione, riservata solo ai ragazzi per la guerra, alla sanità, dal commercio all’economia, dal controllo delle donne alla repressione di comportamenti ritenuti immorali. Consensi e complicità non sono mancati, ma centinaia di migliaia di persone, perseguitate e terrorizzate, si sono date alla fuga, soprattutto le minoranze religiose cristiane e yazide, ma anche i musulmani che non si sottomettono al progetto reazionario. Altra tragedia è la perversa attrazione di giovani frustrati e assetati di sangue partiti dall’Occidente a combattere per il Califfato. Ma l’attenzione è ora su Kobane: se Kobane cadesse, la bandiera nera dell’Isis sventolerebbe anche su una lunga area di confine tra Siria e Turchia, aprendosi ulteriori prospettive strategiche. Sulla responsabilità della Turchia hanno parlato i testimoni curdi, perché il governo turco avrebbe favorito l’afflusso di combattenti stranieri al fianco dell’Isis e avrebbe approfittato della guerra in corso per regolare i conti con i nemici interni ed esterni, in particolare con la minoranza curda. E così, prima avrebbe impedito ai volontari di andare a combattere al fianco della resistenza a Kobane, poi avrebbe parcheggiato i carri armati a poche centinaia di metri dalla città, ma senza sparare un solo colpo contro gli assedianti. Quanto avviene nel Medio Oriente non colpisce solo le minoranze e i popoli dell’area, ma tocca i destini del Mediterraneo e della politica mondiale, mai come oggi tanto complice quanto impotente. Interventi di terra di eserciti stranieri finirebbero, infatti, col risultare invasioni mascherate da liberazioni o, peggio, col rafforzare il mito del Califfato. Sostegni militari a popolazioni intenzionate a liberarsi con le proprie forze aprirebbero la strada ad ulteriori processi di autodeterminazione, oggi, forse, più temuti che auspicati. Di fatto, il mondo manca ora di ogni sistema o struttura internazionale e, se non è chiara la natura degli attori sulla scena internazionale, poco chiara è anche la natura dei pericoli che incombono sul mondo. Il richiamo che l’Isis fa all’Islam e al Corano è offensivo e blasfemo. Né i musulmani possono essere strumentalmente assimilati all’Isis o additati come sostenitori dell’integralismo islamico. Tutto questo lo diciamo alto e forte. Lo dicano anche i musulmani, difendendo ovunque i diritti fondamentali e le minoranze religiose perseguitate, anche quelle cristiane.

ANTONIO NIZZI

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