Il tallone di Achille
Ritratto di Stefano Emili, autore del Palio della Rivincita
Quanto ai palii di Giostra piace l’orientamento dell’Ente di farla finita con i mostri sacri. Ora si prosegue con i mostri. Di bravura? Chi può dirlo di (Come) Achille, pseudonimo di Stefano Emili? A differenza del Pelìde conosce il valore della modestia. Ha realizzato il Palio della Rivincita. Scopriamo che di epico ha soltanto il nome. Lo ha scelto perché gli ricorda quando da bambino il padre lo redarguiva così: “Sei come Achille”. Poi via via ha trovato altri spunti e se l’è appiccicato addosso. Gli ricorda Achille Castiglioni e Bonito Oliva. Infine, dice: – “Achille è anche una marca di succhi di frutta”. Per un attimo vacilliamo, temendo facesse riferimento a Andy Warhol, figura predominante della Pop art. Per fortuna questa ce l’ha risparmiata. L’artista folignate, nomi altisonanti a parte, ha perlomeno centrato il tema, si è comprato i quintanari interpretando l’unico ritornello sul quale sono tutti d’accordo: il bando. Sveglio il ragazzo, considerando che dai tempi di “Ritratto ana-litico” del collettivo Gelitin, gli artisti non sanno più da che parte impugnare il pennello. Ve lo immaginate un palio a forma di performance con gli artisti sdraiati come lucertole in mezzo al Campo de li Giochi e Metelli mentre lo consegnano al vincitore? Per fortuna (Come) Achille pittura ancora con le mani. Con l’aria che tira ci vuole dell’eroismo per esercitare a Sant’Eraclio il mestiere dell’artista. Si dice che “In Italia si vive meglio, ma si sta peggio”. (Come) Achille respira l’aria fina, si fa per dire, mica quella inquinata della metropoli. Ci parla di cervelli, o meglio di pennelli, in fuga. Gli facciamo notare che l’argomento è nocivo, perché rafforza nei giovani il convincimento che il genius loci azzeri la personalità. Gli domandiamo se sia l’aria della provincia ad asfissiare o i giovani artisti ad avere il fiato corto. Gli scappa un sorriso bonaccione. Se grattiamo via da (Come) Achille un po’ della riservatezza iniziale ne esce fuori la vanità della chanteuse. Non guasta negli artisti di periferia, perché senza velleità non si va da nessuna parte. Stefano Emili – che come ogni architetto che si rispetti una puntatina a Berlino ce l’ha fatta – ha scelto di vivere da queste parti, confidando che nell’era digitale sia possibile stare fuori dal mondo e allo stesso tempo nel suo centro. Del resto siamo a Foligno, no? O meglio, in una sua frazione, dove si svolge il piccolo carnevale e dove egli esercita la sua “piccola” arte, che non vuole essere sovversiva per partito preso. Anche se forse non diventerà Otto Dix, Klee o Morandi persino da Sant’Eraclio potrà perseguire l’antico sogno di ogni artista, che è quello di fondere l’esattezza geometrica delle forme con il sommesso stupore della lirica. Quello che i malignetti del quartierino dicono che sarà il suo tallone di Achille, vattelappesca, potrebbe anche rivelarsi un punto di forza.
© Gazzetta di Foligno – FRANCESCA FELICETTI