Sulla carta - allegata alla ricerca del 2014 delle università di Bologna, Cagliari, Pisa e Roma La Sapienza - i luoghi significativi per l’analisi delle popolazioni isolate geograficamente, linguisticamente e geneticamente.

Folignati: open populations. È davvero così?

Secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Anthropological Sciences siamo una località aperta alle contaminazioni lingustiche e genetiche

Sulla carta - allegata alla ricerca del 2014 delle università di Bologna, Cagliari, Pisa e Roma La Sapienza - i luoghi significativi per l’analisi delle popolazioni isolate geograficamente, linguisticamente e geneticamente.
Sulla carta – allegata alla ricerca del 2014 delle università di Bologna, Cagliari, Pisa e Roma La Sapienza – i luoghi significativi per l’analisi delle popolazioni isolate geograficamente, linguisticamente e geneticamente.

Una recente ricerca pubblicata sul Journal of Anthropological Sciences, dal titolo “Linguistic, geographic and genetic isolation: a collaborative study of Italian populations” e firmata da una ventina di ricercatori delle università di Bologna, Cagliari, Pisa e Roma La Sapienza, ha mappato le diversità genetiche e linguistiche degli italiani. Scorrendo l’articolo, corredato di carta geografica con le località più significative della ricerca, si scopre che Foligno (unica città umbra, con Terni, menzionata nel testo), appare sotto la dicitura Open populations, in contrapposizione ad aree marginali indicate come Geographic, Linguistic and Geo-linguistic isolates. Se può risultarci meritevole d’attenzione l’essere presenti in una ricerca così ampia e al contempo particolare (sono una quarantina in tutto, tra “isolate” e “aperte”, le aree analizzate) non dovrebbe meravigliarci se Foligno ci appare nel novero delle località più predisposte al meticciato. Per la nostra valle, da sempre punto di snodo dell’Italia mediana, raccordo tra l’Adriatico e il Tirreno, sono infatti passati decine di popoli, lasciando, a seconda del periodo storico, esiti più o meno profondi, più o meno cruenti. Passaggi che nel complesso davvero hanno contribuito a fare della nostra area uno spazio aperto alle contaminazioni, almeno dal punto di vista linguistico e genetico (come la ricerca di cui sopra ha dimostrato), ma anche, per molti versi, da quello culturale (modi di costruire, tradizioni e persino la gastronomia – la rocciata non è forse lo strudel di casa nostra, retaggio di un’antica matrice longobarda?). Vi è semmai da chiedersi cosa resti oggi di questa contaminazione, della vocazione di mercato e luogo di passaggio e scambio di idee. Siamo ancora in grado di percepirci come comunità aperta? A vederla in questi giorni di festa appena trascorsi, la città presenta tutte le sue ampie potenzialità in merito. Ma alcuni luoghi comuni difficili da scalfire – e sempre in merito alla convivenza delle diversità culturali – mi fanno pensare piuttosto il contrario. È difficile negare che la nostra sia una società nel complesso problematica, con diverse questioni irrisolte. Eppure, quando sento mugugnare, ad ogni piè sospinto, che i problemi veri di questa città sono gli stranieri, provo un dispiacere. Non mancano episodi felici di integrazione, ma che restano sommersi sotto un mare di allarmato qualunquismo. Quanto alla presunta maleducazione dei “forestieri”, non avviene forse che chi arrivi si adegui a ciò che trova? E la tendenza a vedere nell’altrui un pericolo non è solo locale. Paese di tradizione immigratoria non ancora formatasi, l’Italia non è evidentemente matura per gestire un fenomeno che non dovrebbe essere meramente foriero di problematiche di convivenza, ma al contrario arricchire la nostra cultura, apportare novità, aprirci la mente. Speriamo non sia tardi. Perché nel frattempo, come dimostrano i dati Ismu, Caritas e Migrantes degli ultimi due anni (contraddicendo la messe di allarmi sull’ondata invasiva), gli stranieri hanno smesso di scegliere l’Italia come meta, preferendo destinazioni più appetibili. Addirittura alcuni, pur radicati nel nostro territorio, scelgono di andarsene all’estero. E con essi, valigia legata con lo spago, partono anche tanti italiani, giovani e istruiti, traditi da un Paese a cui non danno più fiducia. Mal comune, senza gaudio.

© Gazzetta di Foligno – MAURIZIO COCCIA

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