Il lavoro non c’è, in Umbria dati allarmanti
E agli occupati sono chiesti sacrifici sempre maggiori, basti pensare all’obbligo lavorativo domenicale. Il monito di Papa Francesco
L’ultimo rapporto Ires (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali) sull’Umbria ribadisce che il primo problema nella nostra regione è rappresentato dalla mancanza di lavoro e dalla disoccupazione crescente. Infatti, il tasso di disoccupazione in Umbria si attesta al 12,6%, con un incremento pari al 2,1% rispetto allo scorso anno. In particolare si evidenzia un ulteriore peggioramento della condizione lavorativa delle donne, che pagano il prezzo più alto nella crisi, con un tasso di disoccupazione che passa dall’11,6 % al 14,1%. Complessivamente, il numero dei disoccupati nella regione ha ormai superato quota 51mila unità e tale dato tende ad accelerare.
Le statistiche dell’Istat sono allarmanti: persone che prima cercavano attivamente un’occupazione senza successo (e quindi erano disoccupate, ossia facenti parte delle forze di lavoro), ora scoraggiate non lo cercano più, uscendo quindi dal mercato. Le conseguenze sociali di questa situazione sono preoccupanti: coloro che non offrono più le proprie abilità e competenze di cosa si staranno occupando in qualità di non occupati? E le loro famiglie come reagiscono?
Papa Francesco ha più volte sottolineato: “Non avere un lavoro non è soltanto non avere il necessario per vivere, il problema è non portare il pane a casa e questo toglie la dignità. La dignità non ce la dà il potere, il denaro, la cultura, no!. La dignità ce la dà il lavoro!”.
Anche nel caso di patologie psichiche il lavoro è uno strumento riabilitativo che permette alla persona di riprendere in mano la propria vita. Il lavoro, aumentando le competenze, facendo entrare in contatto con gli altri, facilitando lo scambio delle relazioni, di fatto incide positivamente sull’autostima della persona.
Tutto ciò è applicabile in ogni individuo umano sano. Il lavoro delinea lo stile di vita della famiglia, non solo quello economico ma, anche e soprattutto, la qualità del tempo che i membri della stessa possono trascorrere insieme.
Conciliare lavoro-famiglia non è facile: si pensi in particolare al “lavoro di domenica nei centri commerciali aperti …a danno della serenità della famiglia”. La domenica lavorativa, continua il Papa, “non interessa solo i credenti, ma interessa tutti, come scelta etica”. “La domanda è: a cosa vogliamo dare priorità? La domenica libera dal lavoro – eccettuati i servizi necessari – sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari, amicali, per i credenti alla relazione con Dio e con la comunità”, ha aggiunto il Pontefice. “Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà”.
La famiglia ed in particolare i figli hanno una priorità assoluta sul tempo: ecco perché il lavoro diventa elemento fondamentale dei ritmi dei membri della famiglia stessa. Se da un lato molti non lavorano e perdendo dignità e stima non riescono ad occupare il tempo che hanno in abbondanza in famiglia, esiste una parte importante di persone che dedicano tutte le energie al lavoro sottraendo tempo prezioso ai figli e alla cura della famiglia. Il prezzo da pagare è spesso molto più alto dei redditi che si percepiscono passando l’intera giornata fuori casa.
La nostra Costituzione rimarca il valore fondante del lavoro; l’art 4 riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorre al progresso materiale e spirituale.
La dottrina sociale della Chiesa lo considera la chiave essenziale di tutta la questione sociale, un bene per tutti. Pertanto va tutelato per garantire una vita dignitosa e al tempo stesso per mettere a frutto le capacità e le abilità dell’individuo e della propria famiglia.
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