Stefano Bovi è sacerdote
I lettori più affezionati della Gazzetta ricorderanno di quando su queste pagine raccontavo le esperienze di diversi nostri concittadini missionari ai quattro angoli del mondo. Da qualche anno manco a questi resoconti, non perché il vento dello spirito missionario abbia smesso di soffiare su Foligno, ma al contrario, perché soffia così forte che se ti metti un po’ sulla scia ti prende e ti porta lontano. E siccome chi va con lo zoppo impara a zoppicare mentre mio fratello Stefano rientrava dal Madagascar, io la mia famiglia siamo approdati nella tormentata terra d’Israele.
Ora dopo gli studi nel seminario e l’esperienza della missione Stefano è finalmente sacerdote. Il giorno dell’ordinazione l’Arcivescovo di Albi (nel sud-ovest della Francia), ha annunciato il suo incarico di viceparroco nella zona pastorale di Santa Maria Maddalena, nella quale già stava servendo come diacono. Tutto questo, cari lettori, vi può sembrare molto strano, ma in fondo di che cosa stiamo parlando? Semplicemente della Chiesa cattolica, diffusa su tutta la terra ma sofferente in alcuni luoghi più che in altri. Dio infatti ha voluto dare ad alcune chiese locali grazie sovrabbondanti, non per fare ingiustizie, ma perché si potesse manifestare concretamente la sollecitudine tra i fratelli, il miracolo della comunione, non solo dei beni ma della vita intera. La Chiesa di Francia ad esempio, un tempo patria di grandi missionari ed evangelizzatori, è oggi in profonda sofferenza, fino al punto da avere bisogno essa stessa che le siano inviati apostoli, con il potere di cacciare i demoni e guarire le anime da malattie terribili. Questo per rispondere alle mormorazioni sommesse di chi fa notare che anche a Foligno però c’è tanto bisogno, senza accorgersi che dietro l’apparente preoccupazione per la nostra chiesa si annida una critica rivolta direttamente al padrone della messe, per come decide di distribuire i suoi operai. In- vece c’è da far festa, per la bellezza del disegno di Dio, di cui anche oggi qualcuno come Stefano si innamora, fino al punto da darsi senza mettere limiti di tempo e spazio. Questi fratelli e sorelle che si donano così non è tanto importante se siano frati, suore, monache, laici o perfino papi. Quello che conta veramente è che testimoniano di fronte al mondo che hanno trovato un tesoro, per il quale è valsa la pena dare via tutto il resto. Nell’iconografia orientale i monaci vengono dipinti con le ali, perché sono come angeli, mostrano già con la loro vita che esiste il regno dei cieli. Perciò fino a quando vedremo che spunteranno germogli così dalla nostra terra, potremo sapere che è terra buona, e avere la certezza che Dio sta benedicendo ancora questo solco della sua vigna, in cui il lavoro di Feliciano, Angela e tantissimi altri continua ancora a dare frutti e a infiammare i cuori.
© Gazzetta di Foligno – FRANCESCO BOVI