In politica da cattolici: i novant’anni di Pierino Finauri
Appena raggiungo la casa di Pierino Finauri, accolto dall’intera famiglia con grande cordialità, vengo subito invitato a leggere una lettera che ha visibilmente emozionato lui e sua moglie. Mi chiedo cosa possa esserci, di così importante, in questa missiva appena giunta, ed immagino che possa trattarsi di un’importante chiave di lettura per la lunga e piacevole conversazione che mi appresto a fare con Pierino sui suoi novant’anni di vita da cristiano e da amministratore. Non mi sbaglio: è la lettera con cui l’Azione Cattolica di Foligno ringrazia gli “adultissimi” per il loro affetto e la loro appartenenza all’associazione, che ora si realizza più nel dono della preghiera che nella partecipazione alle attività. Sono fieri, Pierino e la moglie Elsa, di essere cristiani, di far parte dell’Azione Cattolica e di aver speso la loro vita nel servizio.
Mi pare di capire che la nostra chiacchierata debba iniziare da questa lettera…
Mi ha fatto enorme piacere riceverla! Ora che è diventato più difficile andare alle “adunanze”, preghiamo il Rosario. Uno al giorno, almeno! Conservo ancora tutte le tessere dell’Azione Cattolica, fin dalla prima, quella del 1937. L’Azione Cattolica mi ha portato al San Carlo, e il San Carlo mi ha fatto salire prima in montagna da partigiano, poi in Palazzo Comunale come consigliere ed assessore.
Mi appassiona la naturalezza con cui Pierino parla delle sue mille attività: “mi eleggevano…”, non manca mai di sottolineare, quasi a schermirsi; “ogni volta che c’era da nominare un amministratore pensavano a me…”. Segno di umiltà, competenza e rettitudine non comuni, ma condivisi con la moglie Elsa, che “per mandare avanti lui” ha preferito rinunciare al suo lavoro di insegnante ed occuparsi a tempo pieno della famiglia e dei cinque figli.
Più di sessant’anni fianco a fianco, lei e sua moglie.
Un regalo di quand’ero partigiano. Nel settembre 1943 con Antero Cantarelli, Giacinto Cecconelli ed altri sancarlisti decidemmo insieme di andare in montagna e fummo i primi partigiani folignati. Un giorno andai a casa di Giacinto e trovai sua sorella Elsa: da quel momento non ci siamo più lasciati. Sapevo che era una delle ragazze più belle di Foligno, ma poi ho scoperto che ha molte altre qualità…
In tutto, novant’anni.
Sono nato l’11 giugno 1924 e cresciuto a Sant’Eraclio. Rimasto presto orfano, ho iniziato a lavorare molto giovane per mantenere mia madre e le mie sorelle: durante la guerra alternavo lo studio e il lavoro allo zuccherificio e in Comune, dove compilavo le tessere annonarie. Anzi, questo lavoro in Comune mi ha permesso di fare una cosa… ormai è un reato prescritto, no? Insomma, dopo il ferimento di Cantarelli, nel gennaio 1944, bisognava curarlo e, visto che avevo accesso all’anagrafe comunale, gli ho creato una nuova identità fornendogli i documenti falsi! Poi ho iniziato a lavorare come ragioniere negli istituti tecnici.
Più che un reato, un atto eroico! Ma com’è avvenuto il passaggio dal San Carlo alla politica?
Per noi cresciuti al San Carlo la vita cristiana, che si era concretizzata durante la Resistenza con l’impegno come partigiani, trovò un naturale sbocco nell’impegno politico. Al San Carlo si parlava molto di politica. Ricordo l’esperienza dei Comitati Civici, organizzati da Luigi Gedda per le elezioni del 1948 al fine di ostacolare l’avanzata dei comunisti. In quegli anni eravamo davvero terrorizzati che i comunisti potessero fare la rivoluzione anche in Italia e arrivammo al punto di attendere i risultati delle elezioni asserragliati per giorni e notti nella sezione della DC di Sant’Eraclio pensando che, se avessero vinto le sinistre, avrebbero potuto farci chissà cosa…
E come andò?
Quando il primo dei nostri ebbe il coraggio di uscire, tornò e ci raccontò che i comunisti, lungi dall’attuare propositi bellicosi, si erano chiusi dentro anch’essi, temendo che vincessimo noi!
Ma a livello locale la DC non prevalse…
A livello locale vinsero i comunisti, che formarono le giunte Fittaioli e Lazzaroni. La maggioranza social-comunista andò in crisi e, dopo le elezioni del 1964, in Consiglio Comunale ci ritrovammo con 15 seggi per il PCI, 14 per la DC, e il PSI con 5 consiglieri a fare da ago della bilancia. Le trattative fra i gruppi consiliari, anche dopo l’esperienza a livello nazionale, dove il centrosinistra era nato l’anno precedente con il Governo Moro, portarono alla nascita di una Giunta formata da esponenti DC, PSI, PSDI e PRI, guidata dal socialista Sante Brinati e con Stefano Ponti vicesindaco (“Un santo!”, sottolinea la signora Elsa, che tra l’altro è sua cognata). Una Giunta in cui la compagine democristiana era tutta sancarlista! Io, consigliere comunale fin dal 1952, fui chiamato a farne parte nel 1966 in qualità di assessore alle Finanze, più da tecnico che da politico di professione. Il nostro punto di riferimento politico era soprattutto Stefano Ponti, che inoltre rappresentava l’anima dell’intera giunta, di cui hanno fatto parte anche Roberto Giacomucci e Marzio Conversini. Avevamo veramente un comune sentire, insieme con Luciano Radi, Hans Schoen, Lucio Benigni… Con le elezioni del 1970, poi, il mutato clima politico premiò il PCI e riportò al governo cittadino la sinistra rappresentata dal sindaco Ridolfi. I cattolici tornarono in Giunta nel 1989 con – tra gli altri – Manlio Marini, che come segretario scolastico e come assessore mi considera un po’ il suo maestro (ride)!
Con il 1970, dunque, si chiude il suo servizio come assessore.
Non, però, l’incarico di consigliere, che mantenni fino al 1975, quando mi dimisi per entrare nel consiglio di amministrazione della neonata Azienda dei Servizi Municipalizzati. In realtà, prima e dopo il pensionamento, ottenuto nel 1978, ho sempre ricoperto ruoli come tesoriere o revisore dei conti (sempre senza compenso, lo sottolineo!): nell’azienda di soggiorno, nell’ente Giostra della Quintana, nella Casa del Ragazzo…
…e al San Carlo, che lei ha contribuito a far rinascere.
Morto Stefano Ponti, abbiamo sentito il dovere di far ripartire il San Carlo, secondo la sua volontà. E allora, con una sottoscrizione, sotto la guida dell’assistente don Giuseppe Betori, siamo riusciti a risistemare lo stabile, che da qualche anno era pressoché inutilizzato. E la storia continua ancora oggi…
Ponti, Schoen, Radi… Pierino Finauri nomina un’intera generazione di cattolici che hanno seguito il Vangelo applicandolo alla politica, vissuta come forma altissima di servizio alla comunità. Mi chiedo se siamo in grado, oggi, di fare altrettanto, o se non stia piuttosto crescendo in noi cattolici la tentazione del disimpegno per privilegiare una fede intima e staccata dall’impegno sociale e politico, lasciato sempre più in balìa di politici di professione tutt’al più in cerca di intercettare l’elettorato cattolico. Sono passate due ore dall’inizio del nostro dialogo e tutti avremmo voglia di parlare ancora. Prometto che tornerò a scambiare quattro chiacchiere e a godere di tanto giovanile entusiasmo, davvero ammirevole in un uomo che ha appena compiuto novant’anni di vita: una vita lunga e ben spesa, testimone di una fede che si fa impegno e di una politica che è carità e servizio.
© Gazzetta di Foligno – FABIO MASSIMO MATTONI