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Questioni aperte dal progresso scientifico

È sempre più rapido l’avanzamento delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche in medicina e in biologia. Emergono però anche questioni etiche e giuridiche su quanto sia lecito o meno nell’ambito delle nuove possibilità di intervento sulla vita umana. Nuove domande vengono aperte dalle frontiere dell’ingegneria genetica, dalle tecnologie della riproduzione, dalla sperimentazione su embrioni umani, dall’accanimento terapeutico o dalle richieste di eutanasia. E non sono domande di poco conto. È lecita la clonazione, la geneterapia, la fecondazione eterologa, la maternità surrogata, la produzione di embrioni umani o l’uso di embrioni sovrannumerari a scopo sperimentale? È lecito selezionare la vita allo scopo di avere il migliore dei figli possibili? È lecito anticipare la morte naturale allo scopo di alleviare il dolore? “La Chiesa non propone che la scienza diventi religione o la religione diventi scienza. Al contrario, l’unità presuppone sempre la diversità e l’integrità dei suoi elementi ( ). La religione non si fonda sulla scienza né la scienza è un’estensione della religione ( ). La scienza può purificare la religione dall’errore e dalla superstizione: la religione può purificare la scienza dall’idolatria e dai falsi assoluti. Ciascuna può aiutare l’altra ad entrare in un mondo più ampio, un mondo in cui possono prosperare entrambi” (Giovanni Paolo II, 1998). Di fatto, però, le tematiche ricordate – se ne potrebbero aggiungere altre, come ad esempio le attuali teorie del gender venute alla ribalta nelle scuole, in un momento in cui queste avrebbero bisogno di ben altre benevolenze – finiscono spesso col dar vita a duri confronti dal sapore ideologico tra laici e credenti non solo in Parlamento, ma anche nel Paese. Due atteggiamenti sono da evitare, perché entrambi sbagliati e pericolosi. Il primo è una sorta di anticlericalismo militante, da cui una certa cultura di sinistra radicale fatica a liberarsi, non capendo ancora che tale anticlericalismo non farà mai bene ad una sinistra post-ideologica, una sinistra che ha trovato ormai da tempo leader, sostenitori o interlocutori irrinunciabili provenienti dalla grande storia dell’associazionismo cristiano, sia politico che ecclesiale, con le ragioni ideali e i valori che gli sono propri. A meno che – ma sarebbe un suicidio politico – la sinistra non voglia più continuare il grande progetto d’incontro tra le migliori tradizioni politiche della storia d’Italia. L’altro atteggiamento da evitare è la tentazione, sia “clericale” che “laicista”, di avocare a sé il monopolio dell’etica, rendendo impossibile ogni confronto in un Paese dove è urgente il consenso intorno ad un’etica civile. Non ci si può chiudere, infatti, dietro una visione astratta e parziale della democrazia, per cui ognuno sarebbe libero di fare tutto ciò che crede e vuole, purché non minacci l’uguale libertà degli altri. Di fronte a scelte che toccano profondamente la vita delle persone, delle famiglie e della società, occorre confrontare le ragioni irrinunciabili degli uni e degli altri, senza pregiudizi. E senza compromettere la propria coscienza.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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