Il biliardo del Caffè Sassovivo
Ricordate il Gran Caffè Sassovivo? Fu laboratorio di trasformazioni sociali e culturali, officina dove sperimentare le idee e le nuove culture, dove il “decor” andava oltre il semplice arredo, ambiente raffinato della borghesia folignate, che trascendeva la necessità del consumare. Fu cornice di vita cittadina, di aggregazioni e di conflitti sociali, di tensioni e di emozioni. Si narra di un birillo rosso posto al centro del biliardo, dove i folignati, ma non solo loro, sistemarono “lu centru de lu munnu”. Per le nuove generazioni esso è ormai solo leggenda. A loro sarà capitato, al massimo, di camminare inconsapevolmente sul cristallo incastonato nel pavimento della Banca delle Marche, che oggi occupa il posto del caffè fantasma. Del salotto elegante di Foligno se ne parla in un salotto privato, dove un gruppo di meno giovani si infervora intorno ad un camino acceso per riscaldare una fredda giornata di inizio primavera. Parlano degli altri come se non parlassero di nessuno; di tutto come se non parlassero di nulla. Finché, tra faccende private e pubbliche del popolo grasso e di quello smagrito, il discorso cade inevitabilmente sul Gran Caffè. “L’immobile è sempre stato di Evelino Massenzi” dice uno riferendosi al centenario cavaliere, il cui spirito aleggia ancora sopra la lecceta di Sassovivo. “Ma non fu il regalo di nozze della famiglia Ferrarese a Loredana sposata Muzzi?” afferma quell’altro. “Che fesseria aprirci quella specie di Fast Food…come si chiamava?” – “Dairy Queen” risponde un altro. “Che finaccia, ci hanno messo una banca” esclama una ragazza di mezza età. Mi annoto la discussione su un tovagliolo di carta. Certi spunti bisogna prenderli al volo. Come la data della sua apertura, avvenuta nell’estate del 1930 e il successivo passaggio di Mussolini, il 10 marzo del 1938, che dopo una visita alle officine aeronautiche della Macchi vi consumò un’aranciata il cui bicchiere non fu mai lavato, ci mancherebbe altro, ma esposto come una reliquia fino alla caduta del regime. Nostalgia agrumata, per taluni. Apologia del Fascismo, per gli altri. Non possiamo affermare con certezza se quello fosse davvero “lu centro de lu munnu”, ma senza dubbio il Gran Caffè fu il centro della vita cittadina. Recepito il messaggio? Oggi a noi giovani oggi rimane il diritto ad un curioso struggimento. “Che fine hanno fatto gli arredi?” – “Tutti al macero”, risponde il più informato, che vi svolse mansioni di barista. “Mica tutti. Il biliardo ce l’ho io” risponde l’altro, con un pizzico di orgoglio, malcelato.
© Gazzetta di Foligno – FRANCESCA FELICETTI