Lavoro, ma non vengo pagata
Una richiesta ai politici comunali
Questa è la risposta che chi è casalinga dovrebbe dare a chi le rivolge la solita odiata, scontata e permettetemi, pure, idiota domanda: “Tu non lavori?”. Come se chi si trova a casa, per scelta, più o meno costretta dalle situazioni familiari, o per perdita di lavoro, lo facesse perché non ha voglia di “produrre ricchezza sociale ed economica”. Invece, una casalinga dedicandosi al proprio nucleo familiare, non cresce solamente i propri figli, ma cresce ed educa dei cittadini. Per quanto sia la Corte Costituzionale, sia la Cassazione, sia varie circolari del Ministero del Lavoro riconoscano che il lavoro per il nucleo familiare possa essere equiparato, almeno dal punto di vista del rischio di infortunio sul lavoro, a quello svolto fuori casa e precisamente a quello dei lavoratori metalmeccanici, ad oggi nessun riconoscimento economico spetta alle casalinghe. Anche se la Costituzione all’art. 35 afferma che l’Italia “tutela il lavoro in tutte le sue forme”. Ogni tanto qualche politico butta giù la proposta di dare un assegno alle casalinghe, ma subito si alza chi, indignato, dice che non spetta niente a chi non è “mai andato a lavorare” e lui, che ha lavorato tutta la vita, non vuole cacciar fuori dalle proprie tasche nemmeno 1 euro. Questi signori bisognerebbe farli riflettere un po’: loro ad una certa ora del giorno timbravano il cartellino e finivano di lavorare, invece una casalinga finisce solo quando si va a coricare e, se ha dei figli piccoli che si svegliano durante la notte, continua anche dopo. Chi li paga gli straordinari delle casalinghe? Secondo un calcolo fatto dal salary.com una casalinga per essere cuoca, babysitter, autista, psicologa, manager ecc. dovrebbe intascare circa 7.000 euro di stipendio mensile. A queste lavoratrici invisibili ed instancabili basterebbero gli 800 euro proposti da un consigliere della Regione Campania nel 2007 per far fronte alla denatalità. Se le casalinghe non fanno un housewife pride, cioè un giorno dell’orgoglio delle casalinghe, è perché si donano nel silenzio e non hanno bisogno delle urla in piazza. Una parola vorrei aggiungere ai nostri politici comunali: alle domande per asili nido, nelle graduatorie, tenete conto pure della situazione familiare, perché una mamma che non lavora non si deve vedere passare avanti in graduatoria da chi, lavorando in due, si potrebbe permettere anche un asilo privato, mentre chi non lavora, vedendosi scartata dagli asili comunali, non ha neanche la possibilità di cercarsi un lavoro part-time o dedicarsi un po’ di tempo libero.
© Gazzetta di Foligno – TIZIANA MANCUSO