Azzardopoli
L’Italia è il primo mercato al mondo per consumo di gratta e vinci: su cento biglietti venduti nel mondo diciannove sono italiani; deteniamo il 19% del mercato mondiale dei gratta e vinci. Pur essendo l’1% della popolazione, il mercato del gioco d’azzardo made in Italy rappresenta il 4,4% dell’azzardo mondiale. Secondo l’articolo 721 del Codice Penale, “Sono giochi d’azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria”. Dunque, affinché un gioco possa definirsi d’azzardo, è necessario concorrano due elementi: l’uno di carattere soggettivo, ovvero il fine di lucro della persona che lo esercita – il fine di lucro ricorre ogni volta che il gioco è praticato per conseguire vantaggi economici valutabili e risulta escluso se l’oggetto del contendere consiste in una soddisfazione di carattere morale o in un’umiliazione -, l’altro di carattere oggettivo, ossia l’aleatorietà del risultato, quando cioè il risultato finale dipende totalmente o per la maggior parte dal caso o dalla sorte e non dall’abilità del giocatore. Detto questo, è necessario sottolineare la possibilità di deroga da parte dello Stato: è possibile legiferare a favore, dunque per l’approvazione, di giochi ritenuti d’azzardo. I profitti della filiera del gioco d’azzardo – dati del 2012: da aprile 2013 i Monopoli di Stato non comunicano più i dati ufficiali – ammontano a 87 miliardi, di cui solo 8 miliardi (circa il 9%) sono stati un’entrata per l’erario. Ed ecco la domanda: ma lo Stato ci guadagna? Nonostante un aumento delle legalizzazioni, le casse statali, a causa della bassa tassazione dei nuovi giochi, hanno guadagnato sempre meno, trasformando lo stesso Stato come il peggiore dei giocatori: giocare per guadagnare. Seguendo l’immagine delle tassazioni, permettetemi un paragone. Supponete di comprare 100€ di microfoni, di questi, 22€ andranno allo Stato (iva al 22%). Se invece spendete 100€ di pasta, essendo questa un bene più prezioso dei microfoni, solamente 10€ andranno all’erario (iva al 10%). Infine, spendendo 100€ in pane, in continuità con l’idea che esso sia un bene fondamentale, solo 4€ andranno al fisco (iva al 4%). Dunque, le videolottery tassate al 3% in quale scala di necessità vengono inserite? Se il pane, ritenuto necessario alla sostentazione è tassato più di un gioco, dobbiamo pensare che sia imprescindibile giocare alle videolottery? Lascio ai lettori le battute sul poker cash e sui casinò on-line. Spesso riusciamo a vedere la carota dimenticandoci della presenza del bastone. È importante sapere che esistono alti costi a cui quel geniale biscazziere dello Stato deve far fronte: diretti e indiretti. Con il decreto Balduzzi viene riconosciuta l’assistenza medico-sanitaria a tutti coloro che si ritengono malati di GAP (gioco d’azzardo patologico ) dunque, nella prima categoria, quella dei costi diretti, vanno inseriti i costi dell’assistenza sanitaria nazionale, i farmaci, le strutture d’accoglienza adibite alla causa, i relativi operatori, le borse di sussistenza alle famiglie impoverite, le separazioni e un’ereditaria propensione al gioco: secondo la ricerca Nomisma, per il 50% delle volte un figlio di giocatore diviene giocatore e l’80% dei giovani giocatori proviene da famiglie in cui era presente un giocatore. Nei costi indiretti va considerato il calo della produttività, la qualità della vita – più soldi hai perso, meno spendi – la mancata iva (i soldi spesi nel gioco potevano essere investiti in altro e dunque tassati ), la criminalità organizzata che, con il semplice meccanismo di inserire denaro nelle slot e ritirare la puntata, ricicla, legalmente, somme incalcolabili di denaro. Considerate le due macro categorie, i costi sociali per lo Stato sono superiori ai 9 miliardi – vedasi immagine. Voglio infine sottolineare che non è in discussione la liceità dell’esistenza del gioco d’azzardo, bensì si chiede a gran voce, l’associazione Libera in prima linea insieme a molte altre, di regolamentare in maniera intelligente l’ultima arrivata – ma non meno pericolosa – delle dipendenze. Invito ogni lettore ad informarsi sulla campagna Mettiamoci in gioco, tesa a sensibilizzare e arginare il fenomeno dell’azzardo. Noi di Libera riteniamo fondamentale informare le giovani generazioni del pericolo che incombe dal gioco, fornire alle vecchie gli strumenti per capire che il gioco d’azzardo non è la soluzione ai problemi, bensì la loro crescita, spronare i malati di GAP a ricorrere alle cure degli esperti.
© Gazzetta di Foligno – FABIO CANAFOGLIA