La Madonna di Foligno e i suoi misteri
Accostarsi ad un’opera d’arte del passato implica un percorso che avanza attraverso mille interrogativi; spesso una domanda ne genera un’altra e, se non è possibile fornire risposte definitive, è necessario uno sforzo teso a lasciare aperti i possibili itinerari. È questo il caso della Madonna di Foligno, un’opera dalla storia assai complessa e ricca di misteri irrisolti, che ai nostri occhi finiscono per accrescere il suo già mirabile fascino.
Le domande sorgono a partire dall’evento che dovette determinare la commissione del dipinto, nel 1511, al grande Raffaello Sanzio da parte del folignate Sigismondo de’ Conti, umanista e segretario del Papa, per la chiesa di Santa Maria in Aracoeli a Roma. Diverse infatti sono le possibili spiegazioni sul significato del bolide rosso che compare sul fondo dello splendido paesaggio, vivificato da magistrali tocchi di luce: un episodio bellico o uno straordinario fenomeno meteorologico/astronomico, che avrebbe lasciato miracolosamente intatta la dimora folignate di Sigismondo? Mario Sensi ritiene che l’episodio raffigurato alluda ad una mariofania, Giordana Benazzi ipotizza un evento miracoloso che avrebbe salvato da morte prematura la nipote di Sigismondo, Anna de’ Conti, che nel 1565 porterà con sé la pala a Foligno, dove rimarrà per più di due secoli.
Il dipinto, come si è detto, fu realizzato per la chiesa di Santa Maria dell’Aracoeli in Campidoglio e questo aspetto determinò anche la scelta della particolare iconografia: nella sezione superiore del quadro è raffigurata la Madonna col Bambino inserita in un grande globo solare e circondata da un affollato coro di serafini, riproducendo la visione che, come si legge nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, spinse l’imperatore Augusto ad erigere “l’Altare del Cielo” (Ara Coeli) sul Campidoglio, perché la Sibilla Tiburtina gli aveva annunciato che quel bambino in braccio alla madre sarebbe stato più potente di lui. Ai piedi della Madonna dipinta da Raffaello, inseriti in una composizione che crea una stupefacente continuità fra la sfera celeste e quella terrena, compaiono il committente e tre santi, che sembrano partecipare alla miracolosa visione con lo stesso coinvolgimento dell’imperatore romano: Giovanni Battista – il precursore di Gesù – che con il suo gesto coinvolge anche lo spettatore nella vicenda raffigurata, San Francesco, il fondatore dell’ordine che amministrava la chiesa di Santa Maria in Aracoeli, e San Girolamo – considerato il primo segretario del Papa – che accompagna Sigismondo, segretario di Giulio II.
L’alone di mistero della Madonna di Foligno è suggellato da un particolare che balza subito agli occhi, la targa senza scritta mostrata dall’angioletto in primo piano, vero e proprio “fratello maggiore” dei due celeberrimi angioletti raffaelleschi, quelli, per intenderci, visibili in infinite riproduzioni realizzate a scopi commerciali ed estrapolati dalla splendida Madonna Sistina, tela eseguita da Raffaello per la chiesa di San Sisto di Piacenza intorno al 1513. Forse secondo il progetto originale la targa avrebbe dovuto contenere la spiegazione dell’ex-voto, e quindi della ragione per cui Sigismondo de’ Conti fece realizzare l’opera. Potrebbe però anche trattarsi di un richiamo alle tavole ansate senza scritta che compaiono in sarcofaghi paleocristiani e in monumenti funebri del Quattrocento, in particolare nella tomba di Sisto IV: la targa in questi casi resta vuota perché allude all’invisibilità dell’anima.
Questo carattere funebre ci porta ad un altro interrogativo, e cioè se la Madonna di Foligno fu terminata prima o dopo la morte del committente, avvenuta il 23 febbraio 1512. La seconda ipotesi è supportata dall’aspetto emaciato e sofferente con cui Raffaello raffigura il suo volto e forse anche dall’insolita sfumatura violacea – al posto del rosso cardinalizio – che caratterizza l’abito di San Girolamo: come è noto, il viola è il colore liturgico del lutto.
Altra questione, strettamente legata alla complessa vicenda storica del dipinto, è quella riguardante le ragioni che consentirono alla nipote di Sigismondo, suor Anna de’ Conti, di prelevare la pala e di portarla nel monastero di Sant’Anna a Foligno. Anche questa domanda non ha una risposta definitiva, ma si può notare che, come riporta Ludovico Jacobilli, nel 1569 Anna “diede 20 scudi […] per la pittura della tribuna dell’Aracoeli”, per cui Giordana Benazzi ipotizza che la donna abbia ottenuto il dipinto di Raffaello approfittando del rinnovamento della tribuna, in cambio del finanziamento della nuova impresa decorativa. Come è noto, dalla nostra città, nel corso delle requisizioni napoleoniche, la Madonna di Foligno fu portata nel 1797 a Parigi, dove la pellicola pittorica subì il trasferimento dalla tavola alla tela ad opera di François-Toussaint Hacquin. Riportato in Italia, il dipinto diventò una delle opere più significative della nuova Pinacoteca Pontificia, quando Pio VII l’acquistò dalle monache di Sant’Anna per il Vaticano.
Questi sono soltanto alcuni degli interrogativi legati alla Madonna di Foligno, opera che vanta un numero considerevole di importanti riproduzioni: segnaliamo a riguardo la copia conservata nel Museo Diocesano di Foligno, pregevole dipinto in passato attribuito addirittura a Giulio Romano e ipoteticamente accostato da Giordana Benazzi alla figura del Cavalier d’Arpino, e la riproduzione ottocentesca, eseguita da Enrico Bartolomei, esposta nel Museo di Palazzo Trinci. Molte di queste repliche folignati furono dettate dalla bruciante nostalgia dell’originale, e cioè di quel capolavoro che in passato spinse tanti illustri visitatori a fare tappa nella nostra città.
© Gazzetta di Foligno – EMANUELA CECCONELLI