La Madonna di Foligno a Milano (e le impressioni di un folignate)
In esposizione a Palazzo Marino dal 28 novembre al 12 gennaio: un’occasione di lustro per la nostra città, ma anche per riflettere su come Foligno sia percepita fuori dall’Umbria
Natale a Milano: tra istinti materiali e spirituali
«A Palazzo Marino c’è la Madonna… La Madonna di… Beh, insomma, quel che l’è». Milano è il centro su cui gravitano, sei giorni su sette, gli interessi di milioni di cittadini, non solo lombardi, ma anche dalle regioni limitrofe. La domenica, le arroventate tratte autostradali e ferroviarie battute dai pendolari vivono una tregua. Ma non nel periodo natalizio, che in una vasta parte della Lombardia si anticipa a fine novembre, complice la tradizione portata dalla dominazione veneziana e che affida a Santa Lucia il compito di portare i doni. Quando in Umbria si colgono le olive, quassù strade e piazze sono già addobbate e luccicanti di luminarie e le stazioni ferroviarie dei grossi centri dell’hinterland milanese si affollano anche nei giorni festivi; e più ci sia avvicina al capoluogo, più alto è il rischio di viaggiare in piedi (i disservizi, in questo caso, non conoscono latitudine). Chi segue la fiumana dei vagoni pieni si ritrova prima o poi a Rho-Fiera, neonato quartiere espositivo al limite nord-occidentale dell’area urbana (lo stesso dove sta sorgendo l’Expo) e ormai tra le mete predilette di milanesi e lombardi in genere. Qui va in scena per una decina di giorni (di solito i primi di dicembre) “L’artigiano in fiera”, vastissima mostra-mercato di manufatti artigianali, che propone, in una sorta di globalizzazione a buon mercato, il giro del mondo in 350mila metri quadri e la possibilità di acquistare prodotti (e cibi, ché di questi tempi pare un obbligo) di oltre cento Paesi diversi (oltre che di tutte le venti regioni italiane). Salvo scoprire poi che tutto il mondo è paese. Per uno shopping più “esclusivo” occorre raggiungere il centro storico, dove la folla degli avventori eleganti si perde nel mare dei passanti indifferenti e dei frettolosi acquirenti dell’ultimo minuto. Tra i tanti dialoghi in un pastiche meneghino, che non è più dialetto, ma una cadenza a cui partecipano le voci di decenni di immigrazione (prima dalle valli alpine e dalla pianura bassa, quindi dal Mezzogiorno, oggi dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina, dall’Est Europa), l’orecchio attento riesce a cogliere frammenti di battute, come quelli dell’incipit: ci dev’essere una Madonna dipinta, in mostra a Palazzo Marino; gratuitamente. E tanto basta per attirare folle di visitatori. Anche se non tutti ne ricordano il titolo e l’autore. Anche se a Milano, città dove i numeri hanno sempre tanti zeri, il concetto di folla è relativo.
La Madonna di Foligno a Palazzo Marino
Piazza della Scala, che la famosa Galleria collega con quella del Duomo, in un’ampia isola pedonale, è davvero il cuore di Milano. E qui batte anche un pezzo d’Umbria, visto che il teatro, come noto, è del nostro Piermarini, mentre Palazzo Marino (la sede comunale) è del perugino Galeazzo Alessi. Qui non ci si inganna più; il «Quel che l’è» (intercalare tipico di chi non sa cosa aggiungere) si scioglie finalmente di fronte all’evidenza: la Madonna è quella di Foligno e l’artista è Raffaello. Lo indica bene il drappo che pende dalla facciata del Comune, lo ribadiscono le voluminose insegne ai lati del portone d’ingresso. Fa piacere vedere tanta gente in fila per entrare e fa effetto leggere il nome di Foligno così in vista, per di più in una città che, per la vastità dell’offerta culturale, macina eventi e ricordi. Non solo shopping, insomma. A Milano il Natale è scandito anche dall’ormai consueto dono che l’amministrazione comunale, con il finanziamento dell’Eni, offre per un mese a cittadini e turisti. Da sei anni di fila, un’opera d’arte di fama mondiale, in prestito da un altrettanto noto museo, viene esposta gratuitamente a Palazzo Marino. Dopo Caravaggio, Leonardo, Tiziano, de la Tour e Canova, quest’anno è di scena il pittore urbinate, con una delle sue pale più celebri: la Madonna di Foligno, appunto. L’evento è stato ben reclamizzato da carta stampata e telegiornali e l’attesa per entrare, notevole già nei primi giorni e dalle prime ore di apertura, conferma che sono ancora molte le persone disposte ad apprezzare l’arte. Nei giorni di maggior afflusso – il sabato, la domenica e in occasione della ricorrenza patronale di Sant’Ambrogio – l’attesa per entrare può superare i sessanta minuti e la statua di Leonardo da Vinci, che guarda la facciata neoclassica della Scala dall’alto del suo piedistallo, al centro della piazza, pare messa a posta per consentire alla coda di visitatori di attorcigliarvisi intorno, sì da infastidire il meno possibile lo scorrere senza soluzione di continuità della vita milanese.
Una volta dentro, aggirato il pannello celeste in guisa di sipario, l’opera si lascia infine ammirare in tutta la sua bellezza. E nella penombra della Sala Alessi l’effetto di stupore non delude. La pala è grande (circa tre metri per due), ben illuminata, e insolitamente a portata di mano. Pare proprio di toccarla, e i colori, magnificamente riportati da un recente restauro alla viva tonalità in cui il pittore li stese cinque secoli fa, paiono invitare lo spettatore a rimanere lì per sempre.
Oltre alla beltà dell’opera va dato merito alle curatrici, Valeria Merlini e Daniela Storti, agli organizzatori del gruppo AleArt e alla responsabile dell’allestimento, Elisabetta Greci, di essere stati protagonisti di un insieme molto suggestivo. Il soffitto della sala è un cielo video-proiettato, evidente citazione delle nuvole e degli angeli aeriformi che sorreggono e circondano la Madonna in trono. Delicata è anche la colonna sonora e nell’aria aleggia persino un profumo (creato ad hoc). Le sei guide che si alternano incessantemente nella visita, così da smaltire presto le lunghe code di cui si è detto, in un quarto d’ora esaudiscono le curiosità del pubblico, fornendo anche ampia spiegazione sul perché la Madonna prenda il nome dalla nostra città e cosa rappresenti il lampo di luce che sullo sfondo illumina il cielo. Risalto è dato anche alla committenza e alla travagliata storia del quadro. Ma la visita non si conclude con l’opera: prosegue dietro la teca, dove le più contemporanee tecnologie illustrano particolari curiosi sullo stato della pala e porta infine in una stanza limitrofa alla Sala Alessi, dove un video di 20’ racconta le fasi del delicato restauro e dà la parola a insigni luminari della materia artistica (tra gli altri, Paolucci, Santamaria e Strinati).
Un ritorno possibile?
La cura dei dettagli mostra quanto Milano tenga all’evento; l’affluenza di pubblico ripaga di tanto impegno. “La mostra richiama dalle cinque alle seimila persone al giorno – sottolinea Cinzia Manfredini, tra le organizzatrici -, per una durata totale di 44 giorni (due in più rispetto all’Amore e Psiche di Canova dell’anno scorso). In più sono coinvolte le scuole, grazie ad un accurato apparato didattico. Sicuramente è una buona pubblicità anche per la vostra città. Ci farebbe anzi piacere che il sindaco venisse a farci visita”. È possibile, come si è detto, che presto la pala possa tornare a Foligno per un’esposizione temporanea? “Mi pare difficile – afferma Manfredini. Posso solo dire che allestire una mostra del genere costa moltissimo, sia in termini economici che di organizzazione. Pensi che solo la teca sigillata dove è custodita la pala ha dei sensori che fanno scattare l’allarme ad ogni minimo cambiamento di temperatura e umidità: ci è costata come un appartamento! Direi che per ora questa è un’occasione straordinaria per vedere la Madonna di Foligno in questo modo: ai Musei Vaticani, oltre ad essere in compagnia di altre opere, è appesa in alto, mentre qui è ad altezza d’uomo. Lo stesso Professor Antonio Paolucci, Direttore dei Musei, ha avuto da questa insolita collocazione nuove suggestioni: per esempio il guizzo di luce che emana dall’occhio del leone di San Girolamo”. Sulla qualità dell’esposizione e sull’impressione che la pittura riesce a dare ai visitatori insiste anche una delle due curatrici, Valeria Storti: “È un’opera fantastica, per colore e luce: l’abbiamo scelta proprio per questo. Appena restaurata, con questi azzurri puri e queste tonalità nitide, rimane impressa nella mente di chi la osserva”. Anche Valeria Storti appare scettica sulla possibilità di un immediato ritorno a Foligno della Madonna.
Dove sta Foligno? Dove va Foligno?
Se per ingannare la lunga attesa (si entra una trentina alla volta) ci si diverte a chiedere alle persone in coda (in gran parte lombardi, ma non mancano i turisti, anche stranieri) se conoscano Foligno, se sappiano dove sia, se ci siano mai andati, si scopre che moltissime sanno almeno qualcosa sulla nostra città; spesso, però – e questo la dice lunga sulla fossilizzazione di certi stereotipi -, per meri fatti di cronaca, come il terremoto o le vicende del cosiddetto mostro di Foligno. In più di un caso si riscontra che Foligno è appena sfiorata dal classico giro per le solite città d’arte dell’Umbria (un pacchetto che le agenzie di viaggio qui in Lombardia offrono volentieri); rarissimamente si constata che la nostra città è stata meta di una vacanza o motivo preciso di visita. La Quintana, poi, è praticamente sconosciuta. E anche questo dovrebbe farci riflettere. Se agli altri chiediamo infatti “Dove sta Foligno?”, noi dovremmo piuttosto chiederci “Dove va Foligno?” Quale destino si dà questa città in cui ogni scelta è discussa e ridiscussa per decenni, senza giungere alla conclusione, dove i difetti di un Paese in crisi sono acuiti dal provincialismo, dove i ragazzi se ne vanno, dove non si apprezza ciò che si ha – principalmente perché nemmeno lo si conosce -, dove è difficile fare una passeggiata senza il rischio di essere schiacciati dalle auto o soffocare dai gas di scarico?
© Gazzetta di Foligno – Maurizio Coccia