I tre amori di Angela da Foligno
Tutto l’itinerario spirituale di Angela, che sarà poi quello dei suoi diretti discepoli e di tutti coloro che nel corso dei secoli la seguiranno, poggia nella prima parte della sua ascesa nel mistero di Dio, su queste tre grandi linee: la preghiera, l’eucaristia e Maria. Linee di spiritualità che si prolungano in tutta la vita di Angela e quindi in tutte e tre le trasformazioni, ma è nella prima che iniziano e si formano, richiedendo una forte collaborazione all’iniziativa di Dio.
La preghiera
Non conosciamo quale posto abbia avuto la preghiera nei primi trentasette anni di vita di Angela: forse nessuno. Più verosimilmente non si può escludere qualche invocazione o espressione devozionale nei momenti di bisogno e di paura; ininfluente tuttavia per stabilire una autentica relazione con Dio.
All’inizio della sua conversione, non osando rivolgersi direttamente a Dio, prega il santo di Assisi perché le sembra più “familiare”. E Francesco risponde all’invocazione di Angela e le trasmette la grazia di una vera e completa confessione.
Subito dopo, spinta dalla grazia che le fa conoscere più a fondo i suoi peccati, ma anche la mi¬sericordia di Dio, prega “con un grande fuoco d’amore” (I, 54) tutte le creature, la Vergine Maria e i santi.
Soltanto nel sedicesimo passo si parla di una preghiera specifica recitata da Angela, il “Pater Noster”: “Mentre pregavo egli pose nel mio cuore il ‘Pater noster’ con tanta chiara comprensione della bontà sua e della mia indegnità che ogni singola parola era illustrata nel mio cuore… Cominciavo a gustare qualcosa delle gioie celesti, poiché in quella preghiera, più che in alcun’altra, mi si rivelava con grande chiarezza tutta la bontà divina, e ancor oggi mi succede” (I, 187-94).
In seguito, parlando della stessa preghiera ai suoi discepoli, dirà, non senza una punta di ironia: “Quando preghi: ‘Padre nostro’, devi pensare a quello che dici; non devi correre, preoccupato di ripetere tante preghiere, come fanno certe donne che pare lavorino a cottimo” (Istr. XXVIII, 15-17).
Tante altre cose insegnerà ai suoi figli spirituali sulla preghiera corporale, mentale e soprannaturale; sui frutti meravigliosi di essa; sui modelli ai quali ispirarsi (Cristo, Maria e Francesco) e soprattutto sulla necessità universale di essa: “Senza la luce di Dio nessun uomo si salva. Essa fa muovere all’uomo i primi passi; essa lo conduce al vertice della perfezione. Perciò, se vuoi cominciare a possedere questa luce di Dio, prega; se sei già impegnato nella salita della perfezione e vuoi che questa luce in te aumenti, prega; se sei giunto al vertice della perfezione e vuoi ancora luce per poterti in essa mantenere, prega; se vuoi la fede, prega; se vuoi la speranza, prega; se vuoi la carità, prega; se vuoi l’obbedienza, la castità, l’umiltà, la mansuetudine, la fortezza, prega. Qualunque virtù tu desideri, prega. E prega leggendo nel libro della vita, cioè nella vita del Dio-Uomo Gesù, che fu tutta povertà, dolore, disprezzo e perfetta obbedienza” (Istr. III, 138-150).
L’eucaristia
L’incontro di Angela con Gesù eucaristia era cominciato male. Senza essersi confessata bene, aveva preteso accostarsi alla mensa eucaristica: “Si era accostata – così riferisce Arnaldo – molte volte alla comunione avendo dei peccati nell’anima, poiché la vergogna le impediva di fare una completa confessione” (I, 11-12).
Soltanto con l’intervento di san Francesco, da lei pregato, riesce a fare una vera confessione e ad accostarsi degnamente al banchetto eucaristico, dopo tanti anni di lontananza da Dio e dalla comunione.
Questo dramma iniziale resterà nella coscienza di Angela come un monito per la sua vita e co¬me insegnamento ai suoi discepoli: “Ogni uomo deve avvicinarsi a un tale e così grande bene, a una simile mensa con grande rispetto, con ogni purezza, con grande timore e con grande amore” (Istr. XXXII, 171-73).
Alla fine del primo passo supplementare, Arnaldo ricorda le prime esperienze e visioni eucari¬stiche di Angela, dalle quali appare ormai chiaro come l’eucaristia sia il punto sicuro di riferi¬mento di tutto il suo cammino spirituale. In seguito sperimenterà la presenza di Cristo eucaristico non in una visione, ma in un sentimento profondo, inequivocabile.
In una messa, celebrata da frate Arnaldo, durante l’elevazione le viene detto: “Qui è tutta la gioia degli angeli, qui è la letizia dei santi, qui è tutta la tua felicità” (IX, 228-33). “In questo momento il Figlio di Dio, nella sua umanità e divinità, si trova sull’altare ed è in compagnia di una immensa moltitudine di angeli” (VII, 214-239).
Ecco allora lo straordinario spettacolo di ogni celebrazione eucaristica vista con gli occhi rin¬novati di Angela: da una parte dell’altare i cori degli angeli, dei Troni, di tutti gli spiriti beati insieme con le anime sante che godono già della visione beatifica, dall’altra parte i fedeli che lottano ancora, che credono e sperano, in mezzo lui, Gesù passionato, crocifisso e risorto, sotto le specie del Pane, che tutti raccoglie nell’unità del Padre e dello Spirito Santo.
Davanti a questo sacramento, nel quale cielo e terra si rispondono, e ogni labbro si apre alla stessa adorazione, anche a noi sembra di udire la voce ascoltata da Angela: “Qui è tutta la gioia degli angeli, qui è tutta la letizia dei santi, qui è tutta la tua felicità” (IX, 233).
La Madonna
Tutte le fasi del cammino spirituale di Angela portano l’impronta di Maria, anche se nel suo Liber non si trova un trattato vero e proprio per ricostruire una sua “mariologia”. Più che dottrina, quindi, emergono elementi di vita vissuta.
Troviamo Maria già all’inizio dell’itinerario spirituale di Angela. Alla beata Vergine ricorre ancora perché le ottenga il perdono dei suoi peccati. Sarà ancora lei, la Vergine Madre, ad ottenerle la grazia di poter passare da una vita di dolore, di rimorsi e di disperazione alle prime consolazioni divine, preludio della vita mistica e alla profonda conoscenza della passione di Cristo.
Spesso Angela vede la Vergine, che le appare e la consola: “L’anima fu innalzata e vide la Madonna che in quel momento entrava nel Tempio, e le andò incontro con grande riverenza ed affetto. La Madonna mi porse suo Figlio e disse: ‘Prendi, o innamorata del Figlio mio’. Così dicendo depose tra le mie braccia il Figlio suo che sembrava avere gli occhi chiusi, quasi dormisse: era avvolto nei panni e stretto nelle fasce.
Ed ecco che ad un tratto il Bambino rimase tra le mie braccia tutto nudo, aprì i suoi occhi, li alzò verso di me e mi guardò. Nel guardare quegli occhi provai tanto amore che fui completamente vinta. Avvicinai il mio viso al suo fino ad accostare la mia alla sua guancia. Fui penetrata allora come da un fuoco vedendo i suoi occhi che si aprivano e si rivolgevano verso di me, gli occhi di quel Bambino che mi stava tutto nudo tra le braccia! Un bene, una felicità indescrivibile promanava dai suoi occhi, tanto che non sono capace di descrivere quello che in quel momento provai. Allora all’improvviso mi si rivelò una immensa Maestà che disse: ‘Chi non mi avrà visto piccolo, non mi vedrà grande’” (Istr. XIX, 7-33).
L’aspetto predominante della devozione mariana di Angela è la maternità spirituale di Maria. Maria è la madre di tutti gli uomini, per loro intercede, per loro prega. È lei la madre della grazia, senza la quale non si può camminare verso il cielo.
A lei Angela si affida pienamente nel suo cammino personale di perfezione ed anche come a modello a cui conformarsi nel compito affidatole da Dio stesso di diventare madre spirituale di una moltitudine di figli, sparsi al di qua e al di là del mare.
Angela imparerà da Maria a staccarsi dalle cose, ma soprattutto dagli affetti, pur sacrosanti, verso i figli del suo grembo, per un amore più grande, per una maternità “liberata” dai naturali legami del sangue.
Grande è perciò la sua gioia quando la Madre Maria, in una visione alla Porziuncola, vuole be¬nedire tutti questi suoi figli e figlie con la sua materna benedizione. “La Regina della misericordia e la Madre di ogni grazia, piegandosi verso questi suoi figli e figlie… fece scendere su di loro le sue più dolci benedizioni. E tutti baciava sul petto, alcuni più altri meno, ed altri ancora stringeva tra le sue braccia, con tale carità che, apparendo tutta luminosa, sembrava attrarli in una luce quasi infinita, dentro al suo petto” (Istr. IV, 182-88).
© Gazzetta di Foligno – p. Domenico Alfonsi