Il mondo visto dal carcere
Parla lo psicologo Cassina, che da anni lavora nella Casa Circondariale di Capanne a Perugia
Potrebbe cortesemente descriverci un po’, diciamo così, il suo personaggio?
Mi chiamo Giovanni Maria Cassina, sono laureato in psicologia dal 1987 e, da circa 20 anni a questa parte, ho il piacere nonché l’onore di lavorare all’interno di un istituto penitenziario, nella fattispecie quello di “Capanne” presso Perugia, dove svolgo il ruolo di psicologo del presidio nuovi giunti insieme ad una mia collega con cui ci alterniamo nei turni lavorativi durante l’arco della settimana. È un lavoro molto “interessante”, anche se richiede dei sacrifici, in quanto l’orario non è dei migliori: si inizia alle 19:30 di sera. Ciò mi ha dato modo di poter vedere e capire diverse realtà e stare a contatto con una sorta di “malessere” della società.
In sintesi come potrebbe descrivere il “lavoro” che in prima persona svolge presso l’ istituto carcerario?
Il lavoro che svolgo è un lavoro così detto “a rete” : è fondato soprattutto sulla massima collaborazione con gli agenti di polizia penitenziaria, col medico, il quale pratica una prima visita a livello fisico, l’infermiere che somministra i farmaci, l’educatore e l’assistente sociale.
Quanto è importante sia la collaborazione che la vita “collettiva” nella realtà del carcere?
L’interesse che si dà alla partecipazione della vita collettiva all’interno dell’istituto deve essere molto alto: ovviamente non si ha a che fare con oggetti, ma si “lavora” con persone che hanno situazioni davvero molto particolari; se anche hanno sbagliato, non sta a noi giudicare. Personalmente lavoro molto col medico, per salvaguardare la realtà psico-fisica del soggetto. Prima di tutto vengono realizzati colloqui con domande di vario genere, per poi scendere più nel personale, al fine di cogliere eventuali disagi che può avere il detenuto.
A cosa tende l’istituzione carceraria?
L’istituzione carceraria non solo fa pagare la pena ai singoli detenuti, come previsto dalla legge e stabilito dal giudice, ma tende anche a dare in un certo senso una riabilitazione al detenuto stesso, facendogli capire che determinare azioni non devono essere effettuate, specie in futuro.
Quali sono i reati che vengono maggiormente compiuti?
La tipologia di reati è di varia natura: si parte dal “semplice” furto, arrivando poi a casi chiaramente più gravi, quali rapine, spaccio di droghe, omicidi, violenze, prostituzione ecc.. .Personalmente cerco di accogliere il detenuto nel migliore dei modi al fine di capirlo nelle sue difficoltà. Al di là di tutto, quando una persona commette un reato, molte volte lo fa perché è preda di stati d’animo che possono essere, ad esempio, depressione o un “malessere” personale talmente profondo per cui le persone possono compiere determinati atti, ovviamente negativi e quindi sbagliati, a volte senza nemmeno rendersene conto in un primo momento.
Lei svolge anche un’ulteriore professione, giusto?
Sì. Io sono laureato anche in scienze religiose dal 1993; tale laurea mi permette, quindi, di svolgere una seconda professione, stando a stretto contatto con i ragazzi. Quest’anno, dopo diversi anni in cui ho insegnato in diversi istituti, concentro la mia attività di insegnante solo in una scuola, precisamente presso la scuola secondaria di primo grado Giosuè Carducci a Foligno.
Qual è il suo rapporto con gli studenti?
Devo dire che mi trovo davvero molto bene: è sicuramente un bell’ambiente, sia a livello di rapporti con gli studenti, sia col personale che coopera all’interno della scuola e, ovviamente, con gli altri colleghi professori. Affronto, specie con ragazzi della terza media, che hanno una crescita “psicologica” maggiore, temi e problemi di vario genere, trattando molte volte l’ambiente detentivo. Le terze medie dell’istituto dimostrano davvero un buonissimo senso di maturità e un grande altruismo.
Siamo giunti alla fine e vorrei chiederle un’ultima cosa: qual è un suo messaggio finale?
Sia per i detenuti che per gli studenti, specie quelli più “giovani”, come appunto coloro che frequentano le medie, vanno posti molta attenzione e accurati atteggiamenti, al fine di evitare che possano commettere azioni negative, sia per la prima volta sia ripetutamente, costruendo con loro man mano una mentalità corretta e responsabile.
© Gazzetta di Foligno – FEDERICO SANTONI