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Perché oggi la morte mette così paura?

Gli spettri della crisi economica sul fine vita

Morire è un lusso che non solo non possiamo desiderare, ma soprattutto non ci possiamo permettere. La nostra Umbria è una delle regioni d’Italia con la maggior percentuale di anziani e di pensionati, nonché di invalidi e di persone aventi diritto all’assegno di accompagnamento. Già in passato, e soprattutto in questo momento di crisi economica, gli anziani e coloro che godono di opportune indennità economiche sono diventate una vera e propria, oltre che provvidenziale, risorsa. Ora, l’ultimo pensiero che attraverserebbe una di queste persone è lasciare nei guai i propri cari. Nei guai per il venir meno di una fonte di reddito, in difficoltà per gli oneri del funerale, in imbarazzo per la gestione dell’eventuale eredità immobiliare fonte di inevitabile e stressante tassazione. Chi può negare che far diventare qualcuno proprietario di una seconda casa non sia un problema, sia che la si mantenga, la si affitti o si provi a venderla? Ragioniamo su come cambi il tenore di vita di chi custodiva in casa il “caro estinto”, o come si condiscano di economica disperazione le lacrime della badante che perde il lavoro. La morte, dunque, mette paura non tanto per il timore di finire agli inferi, ma di lasciare i posteri nell’inferno! Il più pessimista e nichilista dei poeti romantici non avrebbe mai potuto pensare che neanche la morte sia più l’estrema possibilità di una laica liberazione dalle tenaglie della pesantezza e della fatica del vivere. Neppure la morte è scampata all’onda nera della crisi etica ed economica. Anche la più democratica e popolare delle esperienze è diventata un bene di lusso per pochi privilegiati: per molti, ma non per tutti. Un cartellone pubblicitario gigante di una agenzia funebre posizionato in via Aurelia a Roma, lanciando la propria offerta promozionale di prodotti per le esequie, così recitava: “Perché piangere due volte!”, con un’evidente allusione agli affari post-esequie. perchepiangereE poi lo slogan finale, decisamente più lugubre: “il pagamento sarà l’ultimo dei vostri pensieri”. La realtà attuale ci insegna, però, che quello diventa uno, se non il primo, di molti altri pensieri. Considerando che nella nostra diocesi ci sono più di 600 decessi l’anno, immaginiamo quante famiglie sono pensierose! A tutto questo la fede ha qualcosa da dire, la speranza qualcosa da proporre e la carità qualcosa da dare. Dare degna sepoltura ai defunti è una delle sette opere di misericordia insegnate dalla S. Scrittura, custodite dalla Tradizione e raccomandate dal Magistero della Chiesa. La crisi contemporanea ne dilata il concetto: morire degnamente significa ora affrontare e preparare un prima, un durante e un dopo. La morte cristiana richiede un fine vita decoroso, un rito rispettoso, e un sereno, meritato e privo di preoccupazioni riposo. Suppongo l’unico mutuo che un defunto voglia lasciare ai propri cari sia quello dell’affetto e del credo.

© Gazzetta di Foligno – GIOVANNI ZAMPA

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