La storia infinita dello Zuccherificio
Lo scorso 30 ottobre Coop Centro Italia ha presentato in una riunione aperta alla stampa e alle associazioni di categoria una nuova proposta per l’area dell’ex Zuccherificio. Il “piano B”, illustrato dall’architetto Cleri dello Studio Araut, si differenzia per la presenza di due palazzoni alti 36 metri posti lungo via Mameli in luogo delle due torri firmate dalla scomparsa archistar Gaetana Aulenti che avevano suscitato, a detta dello stesso Raggi, critiche anche aspre. La richiesta di Coop Centro Italia, supportata dagli appelli del presidente di Koinon Riccardo Settimi, il quale ha ricordato che ci sono in ballo molti i posti di lavoro e la stessa sopravvivenza del consorzio e dei suoi soci, appare a prima vista legittima: fate presto, decidete! La questione, tuttavia, è un po’ più complessa di quanto si potrebbe pensare e la richiesta è meno fondata di quanto sembra.
Piano B o piano C?
Il progetto dei palazzoni, presentato come un ripiego accettabile sì, ma di mala voglia, non è in ordine di tempo il secondo, ma almeno il terzo. Come ha ricordato il Sindaco nel suo intervento, Coop Centro Italia sta infatti ultimando le opere di urbanizzazione primaria sulla base di un piano attuativo già “convenzionato”, cioè approvato e oggetto di specifica convenzione con il comune. In buona sostanza sia le torri che i palazzoni costituiscono qualcosa di diverso da quanto Coop era intenzionata a realizzare e da quanto ha ufficialmente presentato come progetto, seppur preliminare. Fino a questo momento la proprietà dell’area non ha inoltrato una richiesta di variante, ma solo mostrato slides e plastici alla cittadinanza. Insomma sembra che l’amministrazione comunale non abbia pratiche da evadere rispetto allo Zuccherificio, su che cosa dovrebbe quindi fare in fretta?
18, 36, 78
Non sono numeri da giocare al lotto, anche se a qualcuno verrà certamente in mente di provarci, ma le possibili altezze degli edifici adibiti a scopo abitativo. 18 sono i metri stabiliti dal piano regolatore, 36 quelli proposti per i palazzoni, 78 quelli delle torri. Quindi anche il piano B (o C che sia), quello dei palazzoni insomma, richiede una deroga specifica al piano regolatore! Allo stato attuale Coop e Koinon hanno sì diritto a costruire, ma né torri né palazzoni. L’assessore alle politiche sociali e all’edilizia residenziale pubblica Cristian Napolitano, in una nota diffusa il giorno successivo alla presentazione, ricorda che “le varianti al PRG (Piano Regolatore Generale, ndr) sono ammissibili solo nel caso in cui ci sia un’utilità pubblica, specificamente individuata”. Come ravvisare questa utilità nella realizzazione di abitazioni private, tanto più in presenza di un’eccedenza di costruito residenziale che il mercato non riesce a smaltire?
Non solo torri
Concentrandosi sull’altezza o larghezza dei palazzi si rischia di dimenticare alcuni altri dati relativi alla proposta di Coop e Koinon, forse non meno importanti. Assieme allo sforamento del tetto dei 18 metri viene richiesto un incremento del 50% dell’area commerciale (da 7.215 a 10.800 mq). Insomma, un centro commerciale grande una volta e mezza quello inizialmente ipotizzato. Se è vero che altre superfici vengono ridotte (soprattutto quella direzionale) e che aumentano quelle destinate alla collettività (Parco Scientifico), il dato sulla superficie commerciale dovrebbe destare attenzione sia per l’impatto sulla circolazione stradale, che per quello sulle attività del centro storico. Sicuri che dopo l’intervento avremo una città migliore?
Che c’entrano le elezioni?
Sia il presidente di Coop Centro Italia Giorgio Raggi che il sindaco Nando Mismetti, usando espressioni simili, hanno fatto riferimento alle imminenti elezioni: “Non ci nascondiamo che a primavera ci saranno le elezioni…”. Non ci nascondiamo… quindi? Entrambi sanno che non ci sono i tempi per la modifica al Piano Regolatore, ammesso che vi sia la maggioranza politica per approvarla! Non si tratta di burocrazia, ma di tempi tecnici per iter che prevedono, tra le altre cose, una specifica valutazione d’impatto ambientale e paesaggistico. Avendo deciso di realizzare qualcosa che esula dai propri attuali diritti, i proprietari dell’area vorrebbero in qualche modo puntellarsi e far approvare un “documento di indirizzo” da far valere nella prossima legislatura quando, con tutta probabilità, verrà esaminata la richiesta di variante. Sulla natura giuridica di quest’atto e sulla possibilità che possa essere vincolante in sede di valutazione della variante è lecito tuttavia esprimere qualche perplessità. Che cosa dovrebbe accadere quindi entro novembre?
Il ruolo del Parco Scientifico
Nella presentazione dell’intervento è stato dato molto spazio all’illustrazione del progetto del Museo della Scienza, con grande dovizia di particolari architettonici e scientifici. Peccato che per il momento manchino non solo i soldi per realizzarlo, ma anche un piano economico credibile per il suo funzionamento. Il Prof. Mingarelli si è limitato a fornire cifre palesemente sottostimate sul costo di edificazione e una generica rassicurazione che i proventi coprirebbero gran parte dei costi di gestione. Purtroppo l’esperienza di analoghe iniziative in giro per l’Italia racconta di strutture che non camminano con le proprie gambe e che hanno bisogno di sostegno continuo, difficile da ottenere anche quando tali esperienze vivono in simbiosi con importanti organismi di ricerca. Il Parco Scientifico è un’idea affascinante, un sogno che deve essere sognato fino in fondo, ma, vista anche la strada che ancora manca per renderlo reale, non può divenire il metro col quale misurare scelte urbanistiche che coinvolgono in modo così invasivo la città e la regione. Insomma, Sig. Sindaco, perché le proposte di Coop dovrebbero essere valutate in base alla loro congruità col progetto del Parco piuttosto che al loro inserimento nel disegno complessivo della città e della nostra bella Valle Umbra?
La valutazione dei rischi
Riccardo Settimi lo ha lasciato intendere in modo abbastanza chiaro. In un progetto come quello che sta per avviare, Koinon e i suoi soci si espongono in modo tale da mettere a repentaglio la propria stessa esistenza. Quello che per i privati costruttori è rischio d’impresa, per la collettività può divenire un rischio di altro tipo. Progetti di questa dimensione si avviano col finanziamento bancario e si concludono solo con la vendita delle superfici. Se il mercato non recepisse il progetto come i suoi promotori si attendono, considerata anche l’attuale resistenza delle banche a elargire credito con troppa generosità, potremmo ritrovarci alle porte della città gli scheletri di un’opera incompiuta o, in un’ipotesi appena migliore, la triste replica dei corridoi vuoti delle Scale di Porta Romana. I rischi d’impresa li valutano gli imprenditori, e quelli per la città?
Causa, effetti, rimedi
Chi ha avuto la pazienza di seguirci fin qui converrà forse, a questo punto, che più che fare in fretta bisogna preoccuparsi di fare bene e, per il momento, pare non ve ne siano i presupposti. Le torri o i palazzoni non sono il male, ma una loro, direi quasi involontaria, manifestazione. Quelle escrescenze, che in orizzontale o in verticale restano inevitabilmente corpi estranei, sono la conseguenza di una malattia costituita da un Piano Regolatore che ha in sé il gene modificato di una volumetria sproporzionata, incompatibile con l’area dello Zuccherificio e con la città. Non si tratta quindi di negare diritti ai proprietari dell’area i quali, come ha ricordato l’assessore Napolitano, hanno avuto 8 anni per presentare un progetto esecutivo congruente col piano attuativo del 2005 (e non l’hanno fatto), ma di riconoscere che la modalità corretta per superare l’incongruenza tra i volumi stabiliti e la reale capacità dell’area non è quella di impilare le case una sull’altra, ma di ridurre considerevolmente l’edificato.
Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI