L’austerità in sanità non fa bene alla salute
Quando si comincia a fare qualcosa di serio in sanità, incontri sempre qualcuno che storce la bocca. Perché non si è cominciato prima a razionalizzare? Perché solo oggi si pone la sanità al setaccio contro gli sprechi , contro le autocertificazioni false per l’esenzione dal ticket, contro le procedure per l’acquisto di materiale sanitario e di attrezzature. E la sanità costa sempre di più. Se prenoti una visita ambulatoriale paghi un ticket in continua ascesa (e qualcuno si arrangia come può), fai una TAC o una Risonanza Magnetica e la tua compartecipazione va alle stelle, necessiti di un ciclo di riabilitazione e devi accendere un mutuo, a meno che tu non sia esente. In Umbria il piano taglia-reparti prevede nella solo ASL 1 la soppressione di 16 strutture complesse e la sforbiciata di altrettanti primari o la riconversione della loro posizione se non interviene la pensione. Nelle vicine Marche le cose non vanno meglio. Soppressione di 6 reparti di Chirurgia su un totale di 17 SOC (Strutture operative complesse). Ciò significa che 6 primari vanno a casa o distribuiti sul territorio. A rischio sono 9 reparti di Medicina Generale, 3 di Otorinolaringoiatria, 4 di Oculistica. Nel complesso 100 reparti sono in bilico. I rispettivi Direttori Generali si difendono “nel rispetto dei principi normativi che impongono di ridurre le spese di gestione”. Allora è questo il vero motivo del setaccio contro gli sprechi, della elevata compartecipazione del cittadino e dell’abbattimento dei servizi. È finito il tempo del dare tutto a tutti in sanità. La recente spending review impone queste scelte. È giusto? Se l’offerta sanitaria è ancora discreta, da sola non basta a garantire la qualità del servizio, poiché nel frattempo il malato agonizza. Sovente l’austerità crea malattia e talvolta uccide. Tutti ricordano che nel mese dello scorso aprile a Civitanova Marche tre persone si sono suicidate per difficoltà economiche. Secondo un recente articolo del “New York Times” negli Stati Uniti si è verificata una costante tendenza all’aumento dei suicidi a partire dal 2000 con un picco negli anni 2007-2009. In Grecia, ove il budget per la salute, su indicazione della troika europea, è stato ridotto del 40% fino ad oggi, la mortalità infantile è aumentata con la stessa percentuale. Anche la cancellazione del programma a difesa di chi abusa di droghe, ha condotto al raddoppio dell’infezione di AIDS e di epatite virale. In ospedale le liste di attesa sono lunghissime ed è difficile curarsi per carenza di farmaci che la gente oramai compra al mercato nero. Insomma, i tagli indiscriminati producono malattie e morte, destabilizzano i sistemi sanitari e, a lungo termine, minano le speranze di ripresa economica. Ogni giorno si discute di finanza, di economia, di spread,di borsa, di IMU, di IVA, di Tares… Ma chi parla dei costi umani e di salute che ogni manovra finanziaria a ribasso determina? Quale politico ne tiene conto? Eppure i mezzi e le occasioni per informarsi sono tanti e a disposizione di tutti. Come ricorda Giuseppe Remuzzi, un esperto di economia sanitaria, “le statistiche che legano tagli alle spese per sanità e servizi sociali a malattie e morti, per esempio, si trovano nel numero di Lancet dell’aprile 2013, interamente dedicato ai problemi della salute in Europa”. L’indagine del New York Times rileva che investire un dollaro in salute ne porta tre in crescita economica. Non si salvano solo salute e vite evitando tagli sanitari, ma si creano le condizioni per crescere. Sull’argomento lo stesso giornale detta una ricetta che condivido in pieno: a) ciascun Paese disponga di un’agenzia indipendente che valuti gli effetti sulla salute della politica economica; b) si tratti la disoccupazione -associata a depressione, alcoolismo e tendenza al suicidio- alla stessa stregua delle epidemie, con programmi che aiutino a trovare lavoro; c) in tempi di crisi è necessario dilatare, non contrarre i programmi di prevenzione e salute. Insomma, tagliare su servizi ospedalieri e sociali, su prevenzione e sanità in periodi di crisi, senza porsi il problema delle conseguenze, è un pessimo vezzo. Fortunatamente per noi, sembra che nella ASL Foligno-Spoleto i tagli ancora non sono previsti. Fino a quando?
© Gazzetta di Foligno – MARIO TIMIO