L’architettura? Una questione d’inclinazione (delle pietre)
A colloquio con l’architetto Franco Folignoli
L’architetto Franco Folignoli mi accoglie nel suo studio in un signorile palazzo di via Mazzini. Mentre salgo le scale di pietra levigata non posso fare a meno di osservare ammirato il pozzo nel cortile interno. Gli faccio i complimenti per il bel palazzo. Lui mi risponde che sono stati i finanziamenti pubblici a rendere possibile questo genere di ristrutturazioni. “Non che noi privati non ci abbiamo messo del nostro, eccome… ma non sarebbe mai stato sufficiente”. Mi spiega che nel post-terremoto sono stati sprecati tanti soldi, soprattutto a causa dei ritardi nell’approvazione delle pratiche. “Il noleggio dei ponteggi si è portato via una buona percentuale dei fondi. A L’Aquila, mi dice, dove è tutto bloccato, sta andando anche peggio. Un cantiere costa anche quando è fermo!”.
Chiedo all’architetto di raccontarmi la sua storia professionale.
Mi sono laureato in urbanistica, era infatti il periodo dei movimenti studenteschi e l’architetto veniva visto soprattutto nel suo ruolo sociale e politico… Provenivo dall’istituto d’arte e dopo la laurea iniziai un corso di restauro a Roma. Poi vinsi la cattedra per l’insegnamento. Sono stato membro della commissione urbanistica di Foligno quando fu varato il piano regolatore attualmente in vigore, tra il ‘94 e il ‘95. Ho realizzato diversi piani di recupero, soprattutto a Spello. In città mi sono occupato del rifacimento di p.zza Risorgimento e così ho partecipato assieme all’archeologa Maria Romana Picuti agli scavi archeologici. Fu infatti ritrovata una strada romana e ne fu determinata la direttrice per circa duecento metri. In quell’occasione furono ritrovati vari reperti, tra i quali 500 monete romane.
Quelle…?
Esatto. Quelle rubate dopo essere state portate a Palazzo Trinci.
Parliamo del tessuto urbano della città, che per molti aspetti appare compromesso. Come bisogna intervenire?
Bisogna integrare tutte le parti. L’attuale piano regolatore è stato sviluppato per riempire gli interstizi e fermare lo sviluppo verso la campagna che era stato prodotto dal piano del 1977. La filosofia di circoscrivere e compattare l’edificato per rendere la città più efficiente ed economica è buona. Ci sono stati però anche tentativi di allungare in modo sproporzionato la città verso alcune direttrici.
Rispetto alle eccedenze di volumi edificabili è possibile intervenire sui diritti acquisiti?
Il problema è che oggi si può costruire liberamente in ogni punto previsto dal piano. Si potrebbe utilizzare lo strumento della pianificazione per decidere in quali zone realizzare le infrastrutture e rilasciare concessioni solo in quelle aree. Il comune avrebbe tutto il potere di farlo.
Il circolo folignate di Legambiente, del quale lei fa parte, si è espresso in modo molto critico rispetto alla costruzione delle due torri nell’area dell’ex Zuccherificio. Quali sono le vostre perplessità?
Un intervento di questo tipo genererebbe depressione territoriale, anziché sviluppo. Per un interesse privato si realizzerebbe una diminuzione di valore di una vasta area, e non solo del nostro comune perché questi edifici sarebbero visibili da Spello, da Assisi, da Trevi, da Montefalco. A noi pare che le torri siano il segno del rifiuto dell’edilizia residenziale concessa dal piano in quell’area. Le case, che non servono a nessuno e che effettivamente “ingombrano”, sono state impilate una sull’altra. Ma il risultato è mostruoso.
Vi siete espressi anche sulla ristrutturazione di Piazza San Domenico.
Certamente la nuova sistemazione rende molto più fruibile la piazza. Ma il verde è un elemento strutturale anche in centro. Noi avevamo proposto delle aiuole e una alberatura che non avrebbe compromesso la fruibilità della piazza, ma avrebbe garantito un migliore inserimento del portico di Santa Maria Infraportas e avrebbe soddisfatto le esigenze di quelli che si erano espressi contro la rimozione delle aiuole. L’amministrazione aveva apprezzato il progetto e sembrava averlo fatto proprio, poi invece è stato tutto pavimentato…
A proposito di pavimentazioni. Ormai l’opera è vicina al suo termine. Qual è la sua valutazione?
Ci sarebbero molte cose da dire! Quando presentavamo le nostre proposte in corso d’opera ci veniva risposto che il progetto non si poteva cambiare. Ma a noi pare che in molte parti il progetto non sia stato rispettato. In quasi tutte le strade era prevista la disposizione delle pietre a spina di pesce o, comunque, inclinate. Sono diventate quasi tutte ortogonali all’asse stradale. Non è la stessa cosa… le pietre durano molto di meno, la percorrenza a piedi è più difficoltosa, le macchine fanno più rumore. Gli acciottolati, che all’inizio erano misti, sono progressivamente diventati quasi interamente di arenaria. L’effetto sale e pepe è quantomeno discutibile. Anche il taglio della pietra è stato probabilmente sbagliato. Se l’arenaria fosse stata tagliata contro-falda sarebbe stata molto più resistente.
Come circolo di Legambiente vi siete occupati anche di mobilità ciclabile. Che cosa serve alla nostra città per rendere la bicicletta il mezzo preferito dai cittadini?
Bisogna ricucire i piccoli tratti di pista ciclabile e realizzare una vera e propria rete, che non esiste nemmeno sulla carta. Non servono poi grandi opere per realizzarla, basta individuare sensi unici in alcune aree e ricavare lo spazio per la pista. Se non ci sono soldi per affidare lo studio a un professionista, si potrebbe coinvolgere la cittadinanza in un concorso di idee…
Una sorta di urbanistica partecipata…
Esatto!
Ma c’è a Foligno una sufficiente consapevolezza civica?
Forse no, ma è compito dei politici incentivarla. Invece mi sembra che il potere sia sempre più autoreferenziale e sospettoso verso qualunque idea che non sia stata partorita dalla propria testa…
© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI