Dall’Assemblea Diocesana, “cose nuove e cose antiche!”. Pensieri…
Per me l’assemblea è stata “simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). La prima riflessione stuzzicante è notare come il Vangelo scelga il termine “nuove” e non alla moda, all’ultimo grido, trendy o fashion! Nuovo vuol dire non solo “mai visto prima”, ma soprattutto inalterato, non corrotto, immutabile. Allo stesso tempo recita “antiche” e non “vecchie”, perché, come insegnava mia nonna Eleonora: “Io non sono vecchia, ma antica! La roba vecchia si butta via, mentre quella antica acquista sempre più valore”. Altrettanto allettante è la sequenza usata, nuove-antiche: non una sequenza cronologica (passato-futuro) né biblica (antico-nuovo testamento) né logica (premesse-conclusioni), ma evangelica, perché la novità di Gesù è la verità più antica del mondo. Con questi pensieri ho vissuto le ore dell’assemblea: nuova perché ogni anno è diversa, antica perché è sempre la stessa Chiesa. Nuova perché il tema scelto è inesauribile, antica perché già dal 1994, anno internazionale della Famiglia, al 1998, la nostra Diocesi vi dedicò 4 convegni ecclesiali; nuova perché ora sono parroco, antica perché allora non ero neanche sacerdote. Nuova nella modalità di preparazione e di continuazione, antica nella partecipazione. Nuova nella conduzione principalmente laicale e coniugale (sul palco c’erano 6 sposi, compreso il Vescovo, sposo della Chiesa locale) e antica, una Chiesa che legge, commenta e attualizza la Sacra Scrittura e il Magistero. Nuova perché è stata una catechesi, antica per il suo contenuto. Nuova perché una catechesi tenuta insieme da coniugi, antica come le verità di principio su Dio e sull’uomo rivelate dal libro della Genesi. Nuova perché non lamentosa e critica, antica perché kerygmatica. Nuova perché di ampio respiro e non lacrimevole sulle derive della famiglia, antica come l’inestimabile valore del sacramento delle nozze. Nuova come la fecondità della coppia, antica come l’unità degli sposi. Nuova come le inesplorate frontiere dell’evangelizzazione, antica come la parrocchia. Nuova come “miniatura della Chiesa”, antica come “Chiesa in miniatura”. Nuova come la visita del Papa ad Assisi, antica come la Chiesa Libanese. Nuova come il desiderio di un coinvolgimento totale delle famiglie in tutte le sue sfaccettature, antica come un Sinodo.
Post Scriptum. Con la stessa schiettezza non posso negare che questo evento mi abbia evocato anche cose trendy e cose vecchie. È fashion farcire la cartellina come un hamburger del McDonald’s in cui le salse e il carciofino ti schizzano da tutte le parti. È vecchio abbondare con la carta: ogni partecipante è tornato a casa con 1 kg e 345 gr di carta. È di moda dar voce a tutti ed è vecchio pensare che servano tante parole per dire qualcosa di vero. È trendy invitare ad una “assemblea” ed è vecchio realizzare un convegno, promettere un dialogo e offrire un monologo. È di moda essere presenti ed è vecchia la presunzione di saper già tutto. È trendy interessarsi di vita ecclesiale, come è vecchio aspettarsi soluzioni dal clero. È all’ultimo grido essere aperti con le strane forme di unione ed è vecchio marchiarli in parrocchia. È fashion essere negli organismi di partecipazione ed è vecchio mormorare nei chiostri. È di moda sfogliare la Gazzetta ed è vecchio non pagare l’abbonamento!
© gazzetta di Foligno – GIOVANNI ZAMPA
Sarebbe molto nuovo e antico vedere ed ascoltare i moderatori, i parroci e i vicari parrocchiali, intrattenere i laici collaboratori parrocchiali delle unità pastorali dal palco dell’Auditorium sui temi coniugali e non solo. In considerazione degli scarsi risultati ottenuti dai relatori che si sono succeduti nell’ultimo decennio.
Ascoltando il Vangelo di Luca, capitolo 7, 31-35 del 20 settembre, solo quattro giorni prima
dell’Assemblea diocesana, (La fede dei capi di Israele)