Non solo ricostruzione nell’episcopato di mons. Bertoldo
Mons. Giuseppe Bertini interviene “per rispetto alla giustizia e amore alla verità”
In merito all’editoriale apparso nella Gazzetta di Foligno della settimana scorsa, non posso non tornare a confutare la valutazione – per la seconda volta nel giro di non molto tempo – che il Direttore Editoriale del giornale ha dato sulla vita ecclesiale che ha preceduto l’episcopato di mons. Sigismondi. La lettura che viene fornita dal prof. Nizzi è riduttiva e distorta, e fa meraviglia in una persona sempre attiva e presente nella Diocesi una dimenticanza così vistosa del tempo recente. Ecco allora che mi vedo costretto a rispondere per tre motivi ugualmente gravi: il primo è che l’articolo della Gazzetta porta la firma del Direttore Editoriale, di colui cioè che in qualche modo sarebbe chiamato ad interpretare il pensiero dell’Editore (che nel caso del nostro settimanale è lo stesso Vescovo Diocesano), il quale sono sicuro non accetti una tal visione della nostra Chiesa particolare, in secondo luogo per rispetto alla giustizia e amore alla verità, e da ultimo per difendere (anche se non c’è nulla da difendere, ma solo da costatare) il ministero di mons. Bertoldo, di cui sono stato primo collaboratore per quindici anni.
Con questo mio scritto, che non ha secondi fini e non vuole prestarsi ad altre interpretazioni di quanto vi si legge, si vuole ricordare all’Autore dell’articolo che non può esserci vera vita ecclesiale senza serenità e pace in stretta connessione con la giustizia: quando una è minacciata, tutte vacillano; quando si offende la giustizia, si mette a repentaglio anche la pace e l’efficacia della testimonianza cristiana. Solo se ad ogni persona viene assicurato di poter pienamente usufruire della verità e della giustizia, la pace può davvero regnare nella Comunità.
L’episcopato di mons. Bertoldo non è stato soltanto “la ricostruzione materiale del terremoto e il recupero del passato”. A tal proposito vorrei accennare brevemente senza commenti, ma solo per farli tornare alla memoria, le Sue lettere pastorali, i convegni e in modo particolare quelli di più giorni, con cui il Vescovo inaugurava l’Anno pastorale e che considerava necessari per tenere la Diocesi in una sorta di sinodo permanente, la visita pastorale, la premura ai sacerdoti, in particolare quelli di recente ordinazione, le vocazioni, l’attenzione alla comunità sociale, lo sguardo continuo rivolto verso i poveri, e soprattutto la lungimiranza e il coraggio del “Sinodo dei Giovani”.
Si potrebbe forse disquisire sulle linee adottate, ma non certo negarne l’esistenza, come l’editoriale sembra fare passando dal Sinodo celebrato da mons. Benedetti al ministero di mons. Sigismondi: un salto pindarico non giustificabile.
Proprio a partire dal terremoto, nei due convegni diocesani del 1997 e 1998, si è privilegiata l’attività pastorale, tanto che lo stesso Vescovo ritenne opportuno nominare don Luigi Filippucci, affidandogli la delega specifica della pastorale, che riteneva vera e sempre urgente necessità. Seguì la Giornata di riflessione pastorale “la Chiesa di Foligno nell’emergenza del terremoto”, 8 novembre 1997, in cui mons. Vescovo convocò i parroci, i religiosi, le religiose, gli operatori pastorali diocesani e parrocchiali, i volontari delle Caritas e tutti gli aderenti alle associazioni di volontariato, mentre le scosse sismiche scuotevano ancora le robuste mura di cemento armato della Chiesa del Buon Pastore. Coordinatore dei lavori fu mons. Giuseppe Betori, Sottosegretario della CEI, che fu sempre particolarmente vicino nell’elaborazione dei programmi pastorali di quegli anni. In quegli stessi anni il Vescovo Arduino sollecitò con insistenza la visita del Papa Giovanni Paolo II, che si verificò, suscitando in tutta la popolazione forte commozione, ma soprattutto tanta voglia di rialzarsi e ripartire.
Vita di fede, vita di Chiesa e vita nel terremoto. Come assicurare alle popolazioni disperse e disorientate dal sisma il servizio della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, le pratiche della preghiera e della vita cristiana? L’impegno della Chiesa diocesana, di Foligno come pure delle altre diocesi umbre colpite, sostenute dall’aiuto di tanti religiosi, sacerdoti e laici di Chiese d’Italia, non si è fermato all’aiuto materiale, a sollievo di tante sofferenze umane, in specie delle famiglie, degli anziani, dei fanciulli. Nell’immagine prevalente nei mezzi di comunicazione, la Chiesa è ancora una volta apparsa come il “buon samaritano”, che si fa incontro alle prove del suo popolo, grazie sia al ruolo di riferimento sociale svolto dal Vescovo e dai parroci, sia all’impegno di tanti volontari di provenienza cattolica, a cominciare da quelli coordinati dalle Caritas italiana e diocesane. Meno evidente è invece apparso l’altro impegno di queste Chiese, altrettanto se non più essenziale, legato alla specifica missione dell’annuncio del Vangelo e della comunicazione della salvezza. La totale inagibilità delle chiese e delle opere parrocchiali creò gravi problemi. Eppure in nessun momento si è interrotto il servizio liturgico, la celebrazione dell’Eucaristia, la predicazione. Oltre a ciò, mi sembra ancora una volta doveroso ricordare quanto per la discrezione del Vescovo e la precarietà del momento non emerse nella carta stampata, cioè le continue e instancabili visite di mons. Bertoldo ai fedeli colpiti duramente dal sisma e costretti prima nelle roulotte, poi nei container e infine nelle casette di legno. Andava e li visitava per sostenerli spiritualmente e far sentire che la Chiesa di Cristo era particolarmente vicina.
La programmazione pastorale della Diocesi si concentrò poi sui giovani. Si avviò l’iniziativa del “Sinodo dei giovani” che li vide soggetti, insieme a tutti i laici impegnati, nella promozione e nella vita della pastorale diocesana. Molte Diocesi in Italia apprezzarono l’audacia e la novità: la Chiesa di Foligno voleva fidarsi dei giovani. Un tema non improvvisato, anzi lungamente meditato nei convegni pastorali annuali organizzati in diocesi, che affrontarono, in relazione ai giovani, aspetti della realtà ecclesiale e sociale: giovani e famiglia, giovani e scuola, giovani e comunità cristiana – luoghi di formazione e di vita, volontariato ecc.
La Scuola Diocesana di Formazione Teologica, trasferita presso l’Istituto Missionario, fu intensificata e allargata alla Diocesi di Assisi-Nocera U.-Gualdo T., con una partecipazione che in quegli anni superò i duecento iscritti. La scuola di formazione teologica si integrava strettamente con la vita della comunità ecclesiale, soprattutto con le problematiche giovanili. Settore questo in cui si investì abbondantemente con alcune attività dedicate loro: il primo sabato del mese e successivamente la lunga preparazione e celebrazione del Sinodo diocesano dei giovani. Non mancarono i risultati di questa attività, se si considera che a partire del 1992, nei sedici anni di episcopato di mons. Bertoldo, sono giunte a maturazione 15 vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa: segno evidente della fecondità ministeriale.
La pastorale diocesana ordinaria, grazie al paziente e costante lavoro con i giovani, dava il suo frutto. A loro si offrì un autentico cammino di fede, da cui potevano trarre la forza di impegnarsi in prima persona. Le parrocchie e la diocesi riuscirono a mettere in grado i giovani di testimoniare senza paura la loro fede, soprattutto nel servizio.
Il governo di mons. Bertoldo fu ispirato ad una rigorosa osservanza del dettato del Codice di Diritto Canonico, che prevede i vari organismi di partecipazione, e a grande fiducia verso tutto il clero, senza dimenticare le aperture verso un laicato serio e impegnato. Le indicazioni espresse nelle frequenti consultazioni dell’assemblea del presbiterio e i colloqui personali venivano tenuti in grande considerazione; ricordo la nomina del vicario generale preceduta dal ritiro di Fonte Avellana, durante il quale il Vescovo volle una consultazione segreta dei sacerdoti e religiosi, scrutatore fu il compianto don Ugo Carduccini, e così per le altre nomine, come per la costituzione delle prime unità pastorali e per ogni decisione rilevante per la vita pastorale e amministrativa della nostra Chiesa.
Mi auguro, guardando con fiducia e speranza al futuro, che la nostra Chiesa faccia proprie le indicazioni del Vescovo Gualtiero, impegnando tutte le proprie energie nell’annuncio, nella trasmissione della fede e nella testimonianza del Signore Gesù, nella concordia auspicata, con il “cemento della comunione” che non può essere vissuta per “momenti” ma nello svolgersi temporale della storia della nostra Chiesa, maturando insieme la visione conciliare della Chiesa come comunione.
Giuseppe Bertini