Più attenzione per Sandita e Olga
La morte violenta delle due donne pone grandi interrogativi
La morte violenta di Sandita e Olga, nell’arco di pochi giorni uccise a Foligno, ciascuna in situazioni e con modalità differenti, merita una riflessione: per il rispetto dovuto alla sacralità della vita, per un atto di riparazione alla loro perdita provocata dall’oltraggio subito. Entrambe straniere provenienti da Paesi più poveri (la prima romena, la seconda ucraina), esercitavano in luoghi diversi della nostra città lo stesso lavoro di badante, appartenevano cioè a quel popolo di circa 1.665.000 persone (CENSIS, 14-05-2013), quasi sempre donne, impiegate in Italia ad assistere anche nelle necessità più intime anziani e malati di casa nostra. Entrambe emigrate in Italia certamente coltivando il sogno di una vita migliore, poi forse affievolito gradualmente dall’impatto con una quotidianità diversa da quella desiderata, infine spezzato dalla violenza che ha bruscamente distrutto vite e speranze. L’allarme sociale generalmente suscitato da eventi del genere, oltre alla coscienza di una ferita inferta al decoro di una città e all’ordine pubblico, deve accompagnarsi innanzitutto alla solidarietà verso le vittime, per il rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona, “dell’eguale dignità di ogni essere umano per il fatto stesso di essere venuto alla vita”(Benedetto XVI). Due straniere uccise a Foligno: paradossalmente mi chiedo a titolo personale se l’impatto con l’opinione pubblica sarebbe stato lo stesso qualora al posto di Sandita e Olga si fossero trovate malauguratamente due donne italiane. Forse perché straniere, ritenute estranee al tessuto sociale autoctono, entrambe le vittime hanno ricevuto da molti di noi, alla fine della loro vita oltraggiata e violata, un’attenzione inferiore a quella rivolta a tragedie analoghe, hanno sperimentato l’indifferenza di molti. Forse apprendere che i responsabili dei due omicidi sono uomini estranei a Foligno (nel primo caso l’assassino poi suicidatosi era rumeno, nel secondo, il presunto assassino, marito di Olga, è di origini siciliane) aiuta ad allontanarci inconsciamente ancor più dalla vicenda, giustificando l’atteggiamento di chi riversa su altri, diversi da sé, i soliti stereotipi culturali legati a comportamenti riprovevoli. Assolutamente apprezzabile e condivisibile è invece il comportamento di quanti dopo l’omicidio di Sandita – come riportato nell’articolo del prof. Segatori sul numero scorso della Gazzetta di Foligno – “richiamati da 3 amministratrici (Zampolini, Piccolotti, Mancini) e dalla Casa dei Popoli, hanno voluto manifestare in Piazza della Repubblica il dolore, la denuncia, la rabbia…”. Un esempio di civiltà che accomuna istituzioni e semplici cittadini. Poco conosciamo della vita a Foligno di Sandita, di più sappiamo di Olga e dell’uomo che sarebbe poi diventato, da poco tempo, suo marito: a mio avviso il loro matrimonio, un’unione concordata tra due persone avanti con gli anni, ciascuna con un vissuto alle spalle, nelle intenzioni voleva metter fine a due solitudini prima che a sancire le regole di un percorso di vita comune. La morte violenta delle due donne ci interroga come cristiani e come cittadini, ci mostra un frammento del disagio sociale che serpeggia latente pronto purtroppo ad esplodere, propone a ciascuno qualcosa: il ricordo e il rimpianto a chi ha condiviso la loro quotidianità, la preghiera a chi ha fede, il sentimento della pietà a tutti.
© Gazzetta di Foligno – GIUSEPPE LIO