ronzinante

El inginioso hidalgo…

ronzinantePensavo si trattasse di una diceria messa in giro per screditare l’Ente e il suo più alto rappresentante. Invece pare sia proprio vero. Il cavallo esposto come un monumento d’arte contemporanea a uno degli ingressi della città, bianco come la Calamita Cosmica di De Domincis, non è l’opera di un artista ispirato dalla giostra folignate, ma quanto rimane di un carro realizzato quindici anni fa per il Palio di San Michele a Bastia Umbra. Il concorso lanciato per dare un nome all’equino (fosse per me non avrei dubbi, è certamente Ronzinante, poi vi dirò perché), ha sviato l’attenzione di tutti da questo non irrilevante particolare. Ma non c’è niente di male! Sono tempi di vacche magre, che è come dire di cavalli riciclati. Perché buttare qualcosa che potrebbe avere, magari altrove, ancora un senso, una sua utilità? Complimenti quindi a Domenico Metelli per l’esempio di ri-uso, che, come insegnano oggi, è pure meglio del riciclo. Non capiamo però la reticenza sulla provenienza del destriero. Bastava dirlo. D’altronde al Presidente non difetta certo la favella, né il coraggio di dire pane al pane e vino al vino. Se ne sono accorte qualche sera fa anche le guardie municipali che, allertate da alcuni esasperati residenti, erano andate a chiedere ai tamburini del Rione Giotti di posare le bacchette. “Suonate, suonate, che mi arrestino!” ha tuonato il Presidente. Non sia mai! Per così poco? Comunque, a scanso di equivoci, ed in attesa di più meditata delibera, è arrivata un’autorizzazione provvisoria dal Servizio Ambiente del Comune di Foligno, che consente di superare i limiti massimi di esposizione al rumore in ambiente esterno. D’altronde la Quintana è storia centenaria, quest’anno son giusti giusti quattro secoli. Vabbè, con una interruzione dal 1613 al 1948… Ma che importa, la storia è storia, non si può cancellare con una mano di vernice bianca! Quanto al rione Giotti, ha lavato l’onta dell’affronto della Municipale nel modo che sappiamo: vincendo la singolar tenzone. E veniamo alle ragioni del nome più appropriato per la mascotte equestre (mi pare definizione più consona di statua o monumento). Proprio nel 1613, mentre a Foligno alcuni nobili annoiati si divertivano ad infilare anelli appesi al braccio del simulacro del Dio Marte, di là dalle Alpi, anzi oltre i Pirenei, un certo Miguel de Cervantes Saavedra lavorava faticosamente alla seconda parte dell’opera che l’avrebbe reso famoso, “El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha”, il cui protagonista, un allampanato hidalgo sulla cinquantina appassionato di cose cavalleresche, decise di farsi cavaliere errante. Anche Chisciotte riciclò per il suo uso una bestia che era stata in passato adibita ad altro mestiere ed ecco come trovò ad essa il nome adatto: “…e andava perciò ruminando per trovarne uno che spiegasse ciò che era stato prima di servire ad un cavaliere errante, e quello che andava a diventare … stabilì finalmente di chiamarlo Ronzinante, nome a quanto gli parve, elevato e pieno di una sonorità che indicava il passato esser suo ronzino, e ciò ch’era per diventare, vale a dire, il più cospicuo tra tutti i ronzini del mondo”.

© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI

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