Laici, cioè?
C’è molta confusione intorno al termine «laico» e ai suoi derivati e connessi. Persistente confusione; anche ai nostri giorni. Si noti, ad esempio, il diverso significato dell’attributo e del sostantivo laico in espressioni come: partiti laici, scuola laica, leggi laiche, vocazione dei laici, missione dei laici nel mondo, religiosi laici, ecc. Lo stesso Codice di Diritto Canonico del 1983, per evitare confusioni, alterna la dizione «laici» con quella di «fedeli di Cristo».
Fin dall’inizio bisogna dunque distinguere due significati: il primo di laico cristiano, che possiamo chiamare di primo genere, perché è venuto prioritario; il secondo di laico non cristiano, che è di secondo genere ed è tardivo.
Posta questa distinzione, sarebbe da affrontare la chiarificazione di termini come: laicismo, clericalismo, confessionalismo, dogmatismo, integralismo, fondamentalismo, religione civile e religione politica, tolleranza religiosa, ecc. Questa varia chiarificazione suppone però la distinzione tra laico cristiano e laico non cristiano. Dovremmo anche chiarire altri termini ed espressioni, attinenti la sempre più vasta questione dei laici, per esempio: «non possiamo non dirci cristiani», «non possiamo non dirci laici», teocon, atei devoti, “etsi Deus non daretur” ecc. Il significato di «laico» di primo genere è quello di cristiano, cioè di battezzato non sacerdote, non ordinato. Il Concilio Ecumenico Vaticano II offre un decreto significativo su questi laici, sui loro rapporti con la gerarchia, ecc.
In realtà fu nientemeno Clemente Romano, nell’anno 96 circa, a usare il termine laico nel significato di non-sacerdote. Il linguaggio ecclesiastico latino medievale (laicus) continuò a designare con questo termine il battezzato che non aveva ricevuto l’Ordine sacro. Per esempio, nella Divina Commedia troviamo il verso: «che non parëa s’era laico o cherco» (Inferno, 18, 117).
La teologia contemporanea ha caratterizzato la figura del laico cristiano in una maniera più positiva, mediante l’approfondimento delle sue funzioni di consacrazione del mondo, di evangelizzatore della società, ecc. Il significato di secondo genere del termine laico è recente. Risale al biennio delle rivoluzioni nazionali borghesi del 1848-1849. Il nuovo significato includeva i concetti di libertà politica, di indipendenza dalla gerarchia ecclesiastica, di pensiero libero.
Ma poi questo secondo significato si è distinto in due tronconi: laico neutralista rispetto alle religioni positive, agnostico o deista o immanentista, indifferente e tuttavia tollerante; rispettoso della propria e altrui libertà di coscienza. Norberto Bobbio, in Italia, ha recentemente incarnato questo tipo di laicità. Il secondo troncone è quello del laico intollerante, per il quale la religione è una piaga da curare e un bubbone da estirpare. Ancora Bobbio pensava che questa posizione è fanatica, rappresenta il dissacratore smanioso, tronfio della propria laicità.
Allora, se uno si dichiara laico, merita la nostra domanda: “Laico in che senso? Laico cioè? Ateo?”.
dantecesarini@virgilio.it