I giovani esigono persone credibili
Celebrazioni per la Madonna del Pianto. Intervista esclusiva al Card. Angelo Bagnasco
Incontriamo il Cardinale Angelo Bagnasco in uno dei pochi attimi che tiene per sé in una giornata molto intensa. La sciagura recentemente abbattutasi sul Porto di Genova gli concede il tempo strettamente necessario ad effettuare una breve visita a Foligno, dove dà inizio con una Celebrazione Eucaristica all’Anno Mariano nel III centenario dell’incoronazione della Madonna del Pianto. Ci concede volentieri – e questo ci fa apprezzare la sua estrema affabilità – alcuni minuti del suo tempo per dialogare sulla situazione della Chiesa nel mondo contemporaneo.
Eminenza, come la Chiesa italiana vive la situazione politica ed economica attuale?
Con grande consapevolezza dei problemi della gente, perché i vescovi e i loro sacerdoti vivono ogni giorno accanto alle persone, là dove esse vivono, lavorano, hanno preoccupazioni, gioie e dolori… quindi hanno una conoscenza diretta e pertanto, come pastori e padri, condividono la vita della propria gente e devono dare, con responsabilità, voce alle loro preoccupazioni. Ed è quello che i vescovi, insieme al loro clero, cercano di fare al meglio con spirito di servizio per il Paese.
La Chiesa italiana è impegnata, in questo periodo, nella Visita ad Limina. Sappiamo che è un momento importante di comunione con il Santo Padre, di profonda sintonia con la Chiesa universale e il successore di Pietro. Come lei e la Chiesa che è nel nostro Paese state vivendo questo bel momento di comunione?
Ho avuto la grazia e la gioia di incontrare a lungo il Santo Padre in una prima udienza, nella quale ho rappresentato al Papa – che viene, come lui ha detto, dal confine del mondo – la Chiesa italiana, la sua storia, il suo episcopato, le peculiarità di questa Chiesa che vive in Italia e che ha nel suo seno, in modo naturale, il Papa in quanto Vescovo di Roma. È, questo, un privilegio, una grazia e un onore, ma è anche una grande responsabilità per l’episcopato e per tutta la Chiesa, che risponde a questo onore e a questo privilegio con un supplemento di affetto, di vicinanza, di partecipazione e di preghiera al ministero e alla persona del Papa. Papa Francesco ha avvertito subito questa realtà italiana, la apprezza molto e, come ben vediamo, corrisponde con tutta la sua immediatezza di padre e di pastore alla vicinanza dei vescovi, delle comunità cristiane e del Paese. Ho visto che il Santo Padre è molto attento alla situazione sia della Chiesa, sia del Paese, sia sul versante dell’evangelizzazione – che richiede una conversione continua di noi pastori del cuore, della vita, e delle comunità cristiane – sia sull’altro versante, che è intimamente connesso, che è l’attenzione ai poveri, ai deboli, in tutte quelle forme che la Chiesa italiana ben conosce nella sua storia, perché il radicamento della Chiesa in Italia attraverso le 228 diocesi e le 40000 parrocchie è un radicamento unico nel mondo, che esprime proprio la particolare vicinanza della Chiesa alla gente: questo per lui è motivo di gioia, di piena consapevolezza, e quindi ci è particolarmente vicino.
Qual è il rapporto tra la Chiesa e i giovani?
È un rapporto che è sempre stato di particolare simpatia e vicinanza, perché ben sappiamo che nel nostro Paese la tradizione dell’oratorio, dei circoli, delle parrocchie e delle associazioni è una tradizione secolare, se non millenaria. Questa vicinanza continua, anche se qualche volta si dice o si scrive che i giovani si sono allontanati dalla Chiesa,… ma allora io cerco di rispondere con un’altra domanda: i giovani sono presenti nella società? Ecco, dobbiamo comprendere e stare vicini al mondo giovanile senza giudicarlo in modo pregiudiziale. Se possiamo dire, noi vescovi, una parola che ci viene della nostra esperienza diretta, ma anche in modo riflesso dai nostri sacerdoti, possiamo assolutamente dire che i giovani oggi sono molto disponibili verso la Chiesa e in genere verso il mondo adulto. È chiaro che ci sono limiti, problemi e anche precomprensioni, ma globalmente il mondo giovanile oggi è molto disponibile verso il mondo degli adulti e il mondo delle istituzioni e pretende giustamente di trovare delle persone, dei punti di riferimento credibili e autorevoli per il proprio cammino e per la propria vita, a differenza – io, che ho vissuto il ‘68, quindi il pieno della rivoluzione culturale, lo ricordo bene – a differenza di quell’epoca in cui il mondo giovanile viveva un rifiuto verso il mondo degli adulti e il mondo delle istituzioni, a cominciare dalla famiglia, che oggi mi sembra ampiamente superato. Quindi è un momento, con tutte le difficoltà e le complessità che la cultura e l’occidente vive, molto bello e molto propizio.
Come combattere questa rassegnazione che purtroppo oggi molti giovani hanno di fronte a situazioni di crisi, economiche, ma anche sociali? Cosa direbbe loro?
Che non devono perdere la speranza. E perché non perdano la speranza e questa parola non sia una parola un po’ retorica, un po’ vuota e ripetitiva, noi sappiamo, come sacerdoti e vescovi, che essi non perderanno la speranza nella misura in cui troveranno una compagnia. La nostra presenza di comunità cristiana e di pastori accanto a loro è una presenza convinta, gratuita – assolutamente gratuita -, dettata unicamente dall’amore di Dio e dal desiderio del loro bene. Quindi, nella misura in cui noi continueremo e intensificheremo la nostra presenza accanto ai giovani, siamo certi che essi non perderanno, ma accresceranno la fiducia, il coraggio e la forza per affrontare le difficoltà della congiuntura.
La Chiesa italiana è naturalmente radicata nel popolo e vicina alla gente. Noi stiamo vivendo giornate importanti per la pietà popolare: come conciliare la pietà popolare – questo scrigno pieno di tesori che i nostri avi ci hanno consegnato – con la necessità di evangelizzare, di portare la fede fino alle periferie dell’esistenza?
Il tesoro della pietà popolare, che abbiamo ereditato dai nostri padri, regge ancora oggi e, nonostante qualche pregiudizio e qualche profeta di sventura di decenni trascorsi, non soltanto regge, ma fiorisce continuamente e diventa, anche oggi, un particolare luogo di evangelizzazione, perché Dio non può essere imprigionato da niente e da nessuno, ha le sue vie, le sue strade, i suoi tempi per raggiungere le anime e incontrarle attraverso i modi e le forme più impensate. Noi, come sacerdoti, come comunità cristiane, come pastori, dobbiamo individuare delle forme, dei percorsi proprio per cercare, come ricorda Papa Francesco, le pecorelle più lontane, con coraggio, uscendo allo scoperto. Questo è verissimo, sapendo nello stesso tempo che Gesù ci precede sempre, perché lui è risorto nel cuore degli uomini e molto spesso, quando noi pastori arriviamo, troviamo già che il Signore è giunto.
Qual è il messaggio che lascerà a Foligno?
È la prima volta che vengo in questa città, in questa Chiesa di Foligno. Sono molto contento di poter entrare in punta di piedi, per un momento almeno, in questa festa di famiglia così significativa dell’inizio dell’anno mariano in questo terzo centenario dell’incoronazione della Madonna del Pianto. A me pare che la devozione alla Vergine Maria – come mi diceva Sua Eccellenza il Vescovo, che ringrazio per questo invito – è molto radicata. Quando è radicata la fede nella Madonna, il Signore è presente.
Gazzetta di Foligno – Alberto Scattolini, Fabio Massimo Mattoni