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La grazia e la necessità della comunione con Pietro

Intervista a S.E. mons. Gualtiero Sigismondi, di ritorno dalla Visita ad Limina

Gualtiero Francesco GianniQuando comincio ad affrontare con il Vescovo Gualtiero l’argomento della Visita ad Limina, colgo subito come sia difficile, per lui, far decantare tutte le emozioni provate nei giorni scorsi a Roma. “Sono come una bottiglia di spumante appena agitata – mi dice, omaggiando forse senza volerlo le origini astigiane di Papa Francesco -: cerco di non far saltare il tappo per non versare invano tutto il contenuto!”. Come tutte le cose belle e intense, anche la Visita ad Limina è difficile da raccontare in poche battute che ne interpretino adeguatamente il significato; tuttavia mi è subito chiara anche la volontà del Vescovo di narrarla ai suoi diocesani, perché – mi dice – “non si è trattato di un incontro personale, ma ecclesiale, in cui era presente con me l’intera diocesi”.

Come descriverebbe la Visita ad Limina ai lettori della Gazzetta?
La Visita ad Limina Apostolorum (cioè alle dimore degli Apostoli Pietro e Paolo) è un appuntamento quinquennale di tutti i Vescovi con il Papa: tuttavia essa non avviene per fare un semplice rapporto sulla situazione della diocesi, ma per consultare il Successore di Pietro. Si tratta di un evento di Chiesa, la cui preparazione ha coinvolto per settimane l’intera Curia vescovile, e che consente ad ogni Chiesa particolare di sentire il respiro profondo della Chiesa universale. L’incontro con il Papa, per così dire, ci fa uscire dal nostro recinto per farci sentire la latitudine del cuore propria della Chiesa. Inoltre si tratta di una delle forme più alte di esercizio della collegialità episcopale.

Dal generale al particolare… Cosa ha significato per lei, personalmente, la Visita ad Limina?
Mi sono avvicinato a questo appuntamento con i sentimenti pasquali del ‘timore e gioia grande’: timore per quest’occasione unica da vivere a livello ecclesiale e non semplicemente personale, gioia perché l’incontro con il Vescovo di Roma è per ogni Vescovo grazia e necessità. Se in diocesi si può essere Chiesa solo in comunione con il Vescovo, per me l’’essere Chiesa’ passa attraverso la comunione profonda, ‘effettiva e affettiva’, con il Vescovo di Roma. Ad aiutarmi nella preparazione immediata per portare nell’abbraccio della Chiesa universale il frammento della Chiesa particolare affidatami è stata la celebrazione di lunedì 22 aprile con tutti i Vescovi umbri nelle Grotte Vaticane. Poi l’emozione è cresciuta nella visita alla Congregazione per i Vescovi e nell’anticamera della biblioteca del Papa. Il timore, tuttavia, si è subito convertito in gioia ed è scomparso alla vista del Santo Padre, che era lì ad attenderci. Il Papa ha dato a turno la parola a tutti noi, otto Vescovi dell’Umbria. Sinceramente, non vedevo l’ora che toccasse a me e non ho neanche riorganizzato le idee, preferendo lasciarmi guidare dallo Spirito.

Può raccontarci qualcosa del colloquio avuto con il Papa?
In realtà, per rompere il ghiaccio ho iniziato a descrivere la diocesi di Foligno con una battuta avuta in eredità da mons. Bertoldo: ‘Stia attento a non far cadere il pastorale, altrimenti le va a finire fuori diocesi!’. Poi, restando in tema, ho raccontato al Papa ciò che mi disse un pastore della montagna folignate: il bastone deve raggiungere l’altezza del mento poiché, nei giorni di pioggia o d’inverno, quando il pastore non può distendersi, esso serve più ad appoggiarsi e a riposare lo sguardo che a rinfrancare il passo. Ho visto negli occhi del Papa l’approvazione per le mie parole, e questo mi ha consentito di infrangere l’ultima barriera e proseguire senza intralci emotivi. Poi il Papa ci ha confidato i suoi timori per una Chiesa che passa ‘troppo tempo a pettinare le pecore’, ed il mio pensiero è andato subito alla Pentecoste: come sarebbe bella una Chiesa non disordinata ma ‘spettinata’ dalle carezze – e, talvolta, dagli schiaffi – del vento dello Spirito! L’emergenza che sta più a cuore al Papa è l’evangelizzazione, in linea con gli orientamenti di tutti i Pontefici dal Concilio Vaticano II in poi. In particolare, ci ha esortato a rileggere l’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, firmata da Paolo VI nel 1975, confidandoci di ritenerla così attuale da poter essere difficilmente superata. Quanto al suo modo personale di portare avanti l’opera evangelizzatrice, il Papa non ha avuto difficoltà a dirci che non ama viaggiare, ma che farà presto un’eccezione per venire in Umbria: sicuramente ad Assisi, dove non è mai stato, e forse ad Orvieto, dov’è in corso il giubileo eucaristico. Papa Francesco vuole essere essenzialmente ‘Vescovo di Roma’, vuole ‘imparare Roma’, perché solo in virtù di questo è anche pastore della Chiesa universale.

Una domanda “secca”, che certamente le farebbero i lettori della Gazzetta: com’è Papa Francesco?
Ha una semplicità disarmante – e tuttavia nobile – ed una serenità contagiosa. Il modo in cui si è posto con noi e la sua serenità malgrado il peso da portare sono stati per me una grande lezione. È un uomo attento al dialogo: l’incontro che abbiamo avuto non è stato caratterizzato da domande e risposte, ma da voci che si intersecavano in un clima piuttosto informale. Il modo stesso in cui noi Vescovi eravamo seduti, in cerchio, ci ha fatti sentire quasi il prolungamento delle braccia del Papa, le quali attraverso il collegio episcopale comprendono in un abbraccio l’intera Chiesa.

Al di là dell’incontro con Papa Francesco, come si è svolta la Visita ad Limina?
Per me è stato come un corso di esercizi spirituali, che si è aperto sulla tomba di San Pietro e si è concluso su quella di San Paolo. Altri momenti belli e arricchenti sono state le visite presso le Congregazioni per i Vescovi, per il Clero, per i Religiosi e per l’Educazione Cattolica. Un tema ricorrente in questi incontri è stato quello delle unità pastorali: non certo un fine da perseguire, ma uno strumento che permetta alle parrocchie di avere un respiro più ampio senza essere soffocate, un’infrastruttura che faciliti la comunione e la missione. Anche il confronto tra noi Vescovi umbri è stato molto bello: abbiamo vissuto insieme momenti di fraternità sia visitando il Pontificio Consiglio per la Famiglia, presieduto da mons. Vincenzo Paglia, Vescovo emerito di Terni, sia effettuando a Roma una riunione ordinaria della Conferenza Episcopale Umbra. Per quanto mi riguarda, la Visita ad Limina si è conclusa con l’incontro che ho avuto con mons. Marcello Bartolucci, Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi: da lui ho saputo che il processo di canonizzazione di Angela da Foligno, dopo l’accelerazione impressa da Benedetto XVI, prosegue speditamente senza battute d’arresto. Rimanendo in tema di beati, ho avuto modo di pregare a lungo sulla tomba di Paolo VI, cui sono particolarmente legato e che si appresta ad essere beatificato.

Quali frutti ci si attendono da questa Visita?
Effettuare la Visita ad Limina al compiersi della Visita Pastorale nella diocesi mi ha consentito di raccontare ciò che effettivamente ho visto, e questo mi ha dato modo anche di meditare gli orientamenti pastorali che assumerò e di pianificare il cammino che compiremo insieme. Il confronto con il Papa mi ha fatto comprendere quali sono le frontiere da esplorare e quanto grande sia la grazia di essere Vescovo, il che necessita di una intensa comunione effettiva ed affettiva con Pietro.

© Gazzetta di Foligno – Fabio Massimo Mattoni

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