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Tutto il potere ai blog?

L’indignazione non è più una virtù. Può essere una spinta ad entrare in politica, ma da sola non basta a fare politica. Gli indignati esprimono il disagio, la crisi, la rivolta verso soprusi e ingiustizie; ma l’indignazione, se non si trasforma in conoscenza dei problemi, in capacità di aggregare su programmi condivisi per governare i cambiamenti, finisce col condannarsi all’inconcludenza, con gravi rischi per la tenuta del sistema democratico. Gli improperi contro tutti e contro tutto in campagna elettorale pagano, ma continuare poi a fare le bizze contro tutti e contro tutto non è certo il metodo della democrazia. Il grillismo ha avuto buone ragioni contro un sistema politico di conservazione e contro una casta interessata al mantenimento dei privilegi del potere. Ora, tuttavia, appare chiaro che non è questione soltanto di volti nuovi e volenterosi, perché amministrare è difficile, e la buona volontà non basta quando occorrono competenze che non si improvvisano dall’oggi al domani. Ma c’è di più. Il partito personale e il culto del capo carismatico che agisce per tutti non sono un buon segno di democrazia, e almeno su questo appare una certa somiglianza tra il berlusconismo e il grillismo. Quest’ultimo vi mette poi del suo, come la fedeltà assoluta dei militanti al leader, che alla fine decide su tutto, o la mancanza di un partito capace di organizzarsi e di confrontarsi pubblicamente, senza minacciare di scomunica i dissidenti o attendere l’ipse dixit. Colpiscono anche la filosofia di un movimento tenuto insieme più dalle critiche al “sistema” che da un chiaro progetto politico e di programma, la riduzione del parlamento da spazio democratico di confronto a luogo di risonanza di decisioni prese chissà dove, la confusione tra il “mi piace” cliccato in rete e la democrazia della rappresentanza. La Gazzetta di Foligno, che più o meno un secolo fa rifiutava lo slogan “tutto il potere ai soviet”, mette in guardia da chi vorrebbe dare ora “tutto il potere ai blog”. Il motivo? Sarebbe, ora come allora, un rifiuto della politica come strumento per risolvere i problemi. Partiti e democrazia: insieme stanno, insieme cadono. La perdita di credibilità delle istituzioni rappresentative è evidente. È evidente anche che i due soggetti politici dell’Italia bipolare e dell’alternanza sembrano avere un destino comune, perché al fallimento del governo dell’uno non corrisponde il chiaro successo dell’altro. Ma non ci si illuda che i problemi di oggi possano essere meglio risolti da improvvisati movimenti allo sbaraglio, che, se hanno giustamente successo quando raccolgono le proteste del popolo, finiscono nel grottesco quando, con la pretesa di essere, loro, la società civile, pretendono di governare da soli e con pieni poteri, dicendo “arrendetevi” a tutti gli altri. Tutto questo sarebbe comico, se non fosse emergenza democratica. Le forze politiche tradizionali hanno da riflettere a fondo sul perché i cittadini – molto prima che arrivasse Grillo e la sua democrazia della rete – abbiano cominciato a perdere la loro fiducia nei partiti. E visti i risultati, anche a Foligno sarà utile fare l’esame di coscienza.

© Gazzetta di Foligno – Antonio Nizzi

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