La Madonna della Cintola della chiesa di Sant’Agostino
La chiesa folignate di Sant’Agostino custodisce un importante dipinto che raffigura la Madonna della Cintola, esposto sul secondo altare della parete sinistra (la foto, eseguita da Marcello Fedeli intorno al 1980, mostra come era l’opera prima dell’ultimo restauro). Maria, ritratta nel momento in cui sta per essere incoronata da due angioletti, è seduta su una coltre di nubi, da cui emergono i volti di alcuni cherubini; ai lati della Vergine si vedono due angeli che sorreggono dei drappi. Gesù Bambino porge la cinta a Sant’Agostino, la Madonna compie lo stesso gesto con Santa Monica. Sul basamento compare la scritta SOCIETAS SANCTAE MATRIS MONICAE. Società di Santa Monica è il nome con cui è comunemente nota la Confraternitas Cinturatorum, fondata a Bologna nel 1439 su iniziativa degli agostiniani. Il culto della Madonna della Cintola in ambito agostiniano si riallaccia alla tradizione secondo la quale Santa Monica, la madre di Agostino, desiderando imitare in tutto la Madonna, domandò quale veste ella avesse indossato in seguito all’ascesa di Gesù al cielo. La Vergine, accontentandola, le apparve in un abito dimesso, stretto in vita da una rozza cintura in pelle che scendeva quasi fino a terra. Per questo motivo la cintura divenne uno dei tratti distintivi dell’ordine degli agostiniani. La prima grande celebrazione in onore della Madonna della Cintura si tenne la prima domenica d’Avvento del 1575 a Roma. Oggi la festa viene celebrata la prima domenica dopo il 28 agosto, memoria di Sant’Agostino.
Nella tradizione cristiana il forte valore simbolico della cintura in relazione alla figura di Maria è legato al racconto (riportato nei vangeli apocrifi e, con alcune varianti, nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze), secondo il quale l’apostolo Tommaso, che al momento della morte di Maria si trovava in India, venne miracolosamente trasportato sul Monte degli Ulivi, dove ricevette la cintura da Maria Assunta. La cintura fu dunque venerata come la prova dell’Assunzione in cielo di Maria in anima e corpo, dogma di formulazione novecentesca, ma di antichissima tradizione.
La tela esposta nella chiesa di Sant’Agostino a Foligno è stata eseguita nel 1593 dal pittore Felice Damiani: data e firma sono riportate in un piccolo biglietto, che sembra quasi sul punto di cadere, poggiato sull’alto basamento dove trovano posto anche i libri e il pastorale di Sant’Agostino. Tutti questi elementi sono dipinti dall’artista con una spiccata insistenza per il dettaglio lenticolare, caratteristica che contraddistingue molte delle sue opere: il dettaglio del cartiglio si ritrova identico anche in altri suoi dipinti, come nel Battesimo di Sant’Agostino della chiesa di Sant’Agostino a Gubbio, del 1594. I ritratti dei confratelli in primo piano sono raffigurati nelle comuni pose di devoto raccoglimento e alcuni, come di consueto in dipinti simili, tengono fisso lo sguardo ad incontrare quello dell’osservatore. Anche in questi dettagli si ritrova la predisposizione per una resa micrografica, di gusto quasi fiammingo, percepibile soprattutto nei preziosi particolari degli abiti femminili.
Felice Damiani è un artista formatosi a Gubbio forse sotto la guida di Benedetto Nucci; nelle sue opere si firma solitamente Felix Damianus eugubinus, anche se Piero Luigi Menichetti riporta che il pittore sarebbe in realtà nato a San Severino Marche da Agostino Damiani, trasferitosi a Gubbio con tutta la sua famiglia quando Felice era ancora giovanissimo. Noto dal 1575 al 1609, Felice Damiani alternò la sua attività fra l’Umbria e le Marche ed eseguì numerose tele per Gubbio, tra le quali alcune segnalate recentemente da Enzo Storelli in collezioni private, come una Cena di Emmaus, un Sant’Antonio da Padova e un San Diego d’Alcalà.
Durante gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento Damiani realizzò nel Folignate diverse opere che lo collocano fra i campioni locali della cosiddetta pittura “devota” controriformata: oltre alla Madonna della Cintola di Sant’Agostino, sue opere sono visibili a San Bartolomeo di Marano (Immacolata Concezione, del 1592), a San Biagio di Pale (Visitazione del 1592; Madonna del Rosario, un santo papa e i Santi Antonio da Padova, Caterina e Biagio, datata 1598), a San Marco di Sant’Eraclio (Madonna col Bambino e i Santi Michele Arcangelo e Rocco, firmata e datata 1602). Le sue pitture rivelano una naturale attrazione per i modelli più diversi: si individuano numerosi richiami arcaizzanti, basati sul sostrato dell’arte eugubina dominata da Dono Doni e da Benedetto Nucci, ma anche elementi baroccheschi e spunti tratti dal manierismo riformato fiorentino. La tela di Sant’Agostino è considerata l’opera più interessante di questo artista, che nella sua carriera si rivela capace di sintetizzare, in modo a volte ingenuo e superficiale ma sempre efficace, le variegate tendenze artistiche del suo tempo.
© Gazzetta di Foligno – EMANUELA CECCONELLI