Bene comune e povertà in Umbria
Un convegno per guardare al futuro
Benedetto XVI nell’intervento agli amministratori di Roma ha parlato di bene comune, affermando che “il vero progresso necessita di un’etica che collochi al centro la persona; la crisi attuale ha nelle sue radici l’individualismo che oscura la natura relazionale dell’uomo; la fede da cui l’uomo deve partire nella relazione con Dio e con gli altri è il primo passo per dare vita ad una società nuova”. Così il vescovo Gualtiero Sigismondi ha chiuso il Convegno della Commissione per i problemi sociali e per il lavoro, guidata da mons. Luigi Filippucci, su Bene Comune nella Dottrina sociale della Chiesa. Dopo l’introduzione dell’ing. Maurizio Mattioli e i saluti del sindaco Nando Mismetti, che ha affrontato il tema delle difficoltà e del disagio attuale, della crisi di valori e della speranze aperte con l’elezione di Papa Francesco, si è entrati nel vivo della conferenza con l’intervento del prof. Pierluigi Grasselli, docente di Politica Economica all’Università di Perugia.
Il professore ha delineato la figura del bene comune nella dottrina sociale della Chiesa, calandola nella realtà sociale ed economica che stiamo vivendo. Secondo la Gaudium et Spes per bene comune si intende “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alla collettività sia ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente”. Per i credenti, ha continuato il docente, il bene comune della società non è un fine a sé stante; esso ha un valore solo in riferimento al raggiungimento dei fini ultimi della persona – e Dio è il fine ultimo delle sue creature – e al bene comune universale dell’intera creazione. Queste le sue parole:“Penso ad una condizione di vivere bene insieme che corrisponda ad una situazione di sviluppo sostenibile, per dare le stesse opportunità a tutte le generazioni presenti e future, ed un’ attenzione all’equilibrio territoriale, alla coesione sociale con l’obiettivo primario della centralità della persona e della sua promozione integrale. Considerando la situazione attuale del nostro paese, siamo molto lontani da questo concetto di bene comune, ma senza una logica di questo tipo non ci sarà una soluzione ai problemi e ciascun individuo si deve impegnare nella costruzione del bene comune. Come ha detto il presidente Napolitano, per crescere veramente dobbiamo crescere insieme”. Occorre, dunque,“uno spirito di fraternità, con l’esercizio della solidarietà e della sussidiarietà per raggiungere l’obiettivo di bene comune”.
È toccato poi al prof. Paolo Montesperelli, docente di Metodologia della Ricerca Sociale presso l’Università La Sapienza di Roma, illustrare i risultati del quinto rapporto dell’Osservatorio Regionale sulle povertà. Dal quadro internazionale risulta che in un anno vengono spesi 1.738 miliardi di $ per la difesa, 325 miliardi di $ per l’agricoltura e solo 6 miliardi di $ negli aiuti allo sviluppo. Spostando l’attenzione sulle povertà in Umbria, i risultati della statistica riportata dal professore sono veramente preoccupanti: le famiglie povere sono passate da circa 20.000 (5,5% del totale delle famiglie Umbre) nel 2008-2010 a 39.000 (il 9% del totale delle famiglie Umbre) nel 2011, e tali cifre stanno aumentando a causa della crisi economica attuale. L’utente tipo, che si presenta oggi alla Caritas Umbra, è un disoccupato, coniugato o separato, ha un’età che va dai 35 ai 39 anni, maschio o femmina indifferentemente, con una scolarità medio-bassa, anche se il 20% degli utenti sono diplomati e laureati. L’Umbria è la terza regione a rischio di povertà dell’area centro-Nord; è caratterizzata da un’“onda lunga” di povertà cronica, dovuta alla disuguaglianza sociale, e dalla riduzione progressiva dei redditi, a cui si è aggiunta un’“onda recente” della povertà attribuibile alla crisi economica attuale. I molti dati riportati dal professore dovrebbero far riflettere su come sta cambiando la struttura sociale della nostra regione, su come viene ripartita la ricchezza prodotta, che genera una stratificazione sociale a discapito dei più poveri, poiché non si considera la ricchezza un bene comune. Nel salmo 24,1, “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti”, possiamo trovare – ha commentato Montesperelli – il filo conduttore del convegno, perché noi siamo solo lavoratori della sua vigna e tutte le ricchezze sono un bene comune. Dovremmo tutti riflettere su come le grandezze macroeconomiche, quali la povertà, la disoccupazione, dipendano dai nostri atteggiamenti non rivolti al bene dell’altro, ma solo all’interesse individualistico.
© Gazzetta di Foligno – PAOLA POMPEI