8 MARZO, ma non per tutte
La tratta delle schiave nella nostra regione ha superaro i livelli di guardia. Sul mercato della prostituzione il potere mafioso nostrano fa grandi affari, in buona sinergia con quello straniero dell’est europeo. Lo rivela la relazione annuale della Commissione parlamentare antimafia, che descrive l’Umbria – e soprattutto Perugia – come crocevia fecondo per questa nuova stagione di collaborazione multipla tra diverse organizzazioni criminali. Ed ecco come la relazione descrive la tratta: giovani donne provenienti da diversi paesi dell’est europeo, clandestine o meno, arrivano in Umbria con il sostegno dei clan mafiosi stranieri che provvedono al reclutamento, ai trasporti, alla sistemazione logistica; giunte in Umbria, le donne vengono destinate alla prostituzione sulle strade o impiegate solo formalmente come intrattenitrici nei tanti locali notturni della regione, e dopo un po’ rivendute ad altri centri di ritrovo notturno. Questi locali – fa notare la relazione – da noi sono in forte crescita rispetto ad altri territori, grazie soprattutto agli investimenti di camorra e ‘ndrangheta. Pare di capire che la globalizzazione stia conducendo verso una commercializzazione della prostituzione e dello sfruttamento sessuale, dove la tratta delle giovani assume sempre di più i caratteri di un traffico internazionale, il cui controllo risulta particolarmente difficile, anche a livello politico, dove il problema è percepito come un fastidioso rompicapo di fronte ai contrastanti atteggiamenti dell’opinione pubblica. Rifiutiamo la criminalizzazione delle prostitute, gli atteggiamenti xenofobi, gli ipocriti e inconcludenti proibizionismi, come quelli dei sindaci che spostano le prostitute da una zona all’altra, senza mai risolvere il problema dello sfruttamento delle vittime. Ci preoccupa il fatto che in Umbria non ci sia una presa di coscienza politica del fenomeno. La lotta contro la tratta, contro la vendita delle donne come fossero un oggetto, non mobilita le coscienze, non suscita marce di sensibilizzazione o balli di protesta. Eppure, come ricorda la relazione, ci si trova di fronte a sfruttatori schiavisti e a prostitute alle dipendenze di organizzazioni criminali. Ma questo non scandalizza più di tanto, non indigna coloro che pure sono sensibili alle battaglie per i diritti umani e civili. Al massimo ci si preoccupa per l’ordine pubblico o il pubblico decoro. Reti di solidarietà in diverse parti dell’Umbria sono state messe in atto dalla Caritas o dai seguaci di don Benzi. Ma è ora che anche i movimenti femminili della regione trovino le strade per promuovere il rispetto dei diritti umani e della dignità delle donne, di quelle donne e di quelle ragazze ridotte allo stato di schiave sessuali, comprate, vendute e rivendute per diventare merce esposta nei night o sui marciapiedi. Lo status delle prostitute ricordate dalla relazione ci appare definito da una serie di odiose privazioni: mancanza di esclusività, di rispetto, di legittimazione e di protezione. Di fronte a tanti altri sfruttamenti del passato ci si chiede come siano stati possibili tra tanta indifferenza. Ma qui la nostra indifferenza continua.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI