Verso il voto: molte le attese
Preoccupazioni e speranze da parte dei cittadini non mancano in questa campagna elettorale. C’è attesa di una nuova stagione politica, dopo un ventennio che è rimasto troppo al di sotto delle promesse iniziali. Il governo dei tecnici, comunque lo si giudichi, una svolta almeno l’ha data, offrendoci l’immagine di ministri meno adusi ai teatrini della politica e più dotati di competenze e di senso di responsabilità. Tutti i partiti sono stati toccati dagli scandali e non si sono autoriformati. Da qui l’esplosione di umori populisti che, fiduciosi in leader padronali, credono di risolvere ogni problema mandando via le caste e affidando la cosa pubblica ai comuni cittadini. Ma la partecipazione politica non s’improvvisa. Piuttosto, necessita di urgenti riforme. A cominciare dalla legge elettorale, dai rimborsi elettorali e dal finanziamento ai gruppi parlamentari, che ingoiano ben 68 milioni di euro, proprio ora che l’Europa e le Regioni sollevano Camera e Senato da non poche incombenze. C’è poi da cambiare l’attuale bicameralismo perfetto, ridurre il numero dei parlamentari, accelerare l’iter legislativo, rivedere e snellire la presenza dello Stato sul territorio, anche per porre fine alla frammentazione delle competenze e ai rimandi di responsabilità con Regioni e Comuni per quanto riguarda risorse e funzioni. I tagli agli sprechi di denaro pubblico e ai costi della politica – dal centro alla periferia – dovrebbero precedere qualsiasi altro taglio alla spesa, oggi ancora necessario per ridurre il debito che ha superato la cifra record di duemila miliardi di euro. Più che annunciare miracoli, le forze politiche dicano chiaramente come e dove effettuare tagli e riduzioni, visto che le maggiori uscite dello Stato sono quelle per prestazioni ai cittadini. E spieghino anche perché i governi precedenti – in quelli berlusconiani la spesa corrente ha galoppato – abbiano trovato proprio qui forti difficoltà. Tutti promettono di abbassare il prelievo fiscale, ma occorre anche dire quando, come e a chi. Sarebbe intanto opportuno combattere severamente l’evasione fiscale, semplificare il sistema della tassazione verso imprese e cittadini e mettere magari un’imposta sui grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Il Patto di stabilità è molto esigente, ma il risanamento finanziario non può andare a detrimento dell’equità. Si spera, dunque, che il controllo dei conti pubblici venga rimodulato tenendo presenti alcune priorità sociali come i giovani e le famiglie: non è possibile richiedere altri sacrifici alle famiglie, che hanno bisogno invece – si prenda esempio dalla Francia – di politiche di sostegno e di un deciso alleggerimento fiscale. Infine c’è l’attesa di un piano straordinario per il lavoro, che incentivi l’economia reale e non posti di lavoro assistiti; sostenga le piccole imprese; investa nei servizi alle persone, nella salvaguardia dell’ambiente e nella promozione della cultura; torni con strategie nuove a riconsiderare il valore della scuola e dell’università. Rigore, equità, crescita, lavoro: tutti i partiti ne parlano, ma tra le ricette illusorie e quelle fattibili se la vedranno ora gli elettori.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI