torciglione

I dolci a forma di anno

torciglioneAccanto alla pieve della Madonna della Fiammenga, ridotta ormai a “rotatoria”, c’è, infissa a terra, un’alta croce. È il monumento del martirio di San Costanzo ad opera dei persecutori pagani, che, provenienti da Spello, raggiunsero il Santo e lì lo decapitarono. Al martirio tradizione vuole che sia legato lo squisito dolce, iltòrklo di San Costanzo”, con il quale i Perugini il 29 gennaio festeggiano il loro patrono. La forma ad anello evocherebbe il cruento “girocollo” della testa mozzata. Il tòrklo fatto in onore del nobile perugino martirizzato è assimilabile, non per l’impasto ma per la forma, ai tanti dolci ad anello, non a caso, caratteristici delle feste che si addensano tra la fine dell’anno vecchio e l’inizio del nuovo. È il caso dei roccetti di Sant’Antonio, della rocciata di Foligno e della ’ntorta spoletina fatte per Natale. Il dolce, però, che meglio di tutti dà ragione del perché di queste forme ad anello, proviene sempre da Perugia, o meglio dal lago di Perugia, il Trasimeno. È il natalizio torciglione o serpente del lago, superbo manufatto di pasta di mandorle a forma di serpente che si morde la coda. È questo il simbolo dell’anno che, con il suo volgere ciclico, vede il principio coincidere con la fine. Nel nome stesso e nella radice linguistica *an, sono comprese, come evidenti, le interconnessioni tra gli elementi menzionati. Infatti, da *an discende, oltre anno, anche anguis, il serpente, e anguilla. Deriva anello, ianua, la porta, Janus, e, quindi, Januarius, il mese, al dio dedicato, con cui l’anno inizia.

Nei Saturnali, I, 9, 11-12, Macrobio, a proposito di Giano, dice: “… altri vollero vedere in lui il mondo, cioè il cielo: quindi Janus da ire, andare, perché il mondo va sempre muovendosi in cerchio e, partendo da se stesso, a se stesso ritorna. Per questo Cornificio nel libro III delle Etimologie dice: ‘Cicerone scrive non Janus ma Eanus da ire, andare’. Donde anche i Fenici (dai quali provengono i Cartaginesi, contigui e affini agli Etruschi, dai quali discendono i Perugini), raffigurando nel culto la sua immagine, lo rappresentano come un serpente avvolto a cerchio che si morde la coda, simbolo del mondo che si nutre della propria sostanza e ruota su se stesso”. Inoltre non a caso Giano era detto “dio degli inizi”, ma anche “dio dei dolci”, perché grazie a questi augurava un felice sviluppo agli eventi ai quali dava inizio. La presenza del dolce è ciò che fa sì che un pane di tutti i giorni si trasformi in quello della festa. Non c’è festa senza il dolce e senza la carne della vittima sacrificata per l’occasione e questi insieme costituiscono l’offerta incruenta e la cruenta. Perché il dolce sortisce l’effetto di consacrare la festa, il pasto e il rito? Questa domanda pose Ovidio al “dio degli inizi” nel primo libro dei Fasti, vv. 185-188, dopo aver constatato che le calende di Janus e gli inizi di tutti i mesi, dedicati anch’essi a Giano e Giunone, comportavano l’offerta del dolce, cioè l’impiego di datteri, fichi e miele. Questa è la risposta che il dio diede al poeta: “Si fa per buon augurio, disse, perché nelle cose / passi il sapore; e l’anno, qual cominciò, sia dolce”.

Il dolce consacra il Carnevale, il 17 gennaio festa di Sant’Antonio, con la sua presenza nella ciambella e nel sanguinaccio, l’insaccato fatto con il sangue dell’annuale vittima solenne cara al Santo. I nomi dei dolci delle feste che si addensano tra dicembre e gennaio alludono alla forma ad anello che caratterizza loro e l’anno. Ciò è vero per i perugini torklo e torciglione, il serpente del Trasimeno, e per la spoletina ‘ntorta, da torquere, ma anche per i folignati roccio, rocciata e roccetti che, come già le janualia, focacce di Giano, e le summanalia, offerte a Summano, sono: “in modum rotae fincta”, Fest. 474. 17 L. Anche nelle Tavole di Gubbio erano presenti focacce a forma di ruota come l’urfeta, § 103, in latino orbita, e l’arclata, l’arcuata., § 119 b.

La conferma, evidente quanto solenne, che il serpente è il simbolo dell’anno si ha nella presenza, al cenone di Capodanno, del capitone, non a caso maschio come il dio Giano, così come la porchetta è femmina come Cerere. Insieme a questo c’è in tavola anche “l’animale dell’anno” appena trascorso, significato dalle salsicce fatte con la sua pelle, assieme alle lenticchie, entrambi segni augurali di prosperità per l’anno che va ad iniziare.

© Gazzetta di Foligno – IVO PICCHIARELLI

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