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Gli Angeli del Natale

I Vangeli di Matteo e di Luca, nel narrare la nascita di Gesù, scandiscono il succedersi degli avvenimenti più importanti attraverso ben tre interventi angelici, sia come anticipazione dell’incarnazione del Verbo che come annuncio vero e proprio. Questo aspetto si spiega facilmente perché gli angeli, come dice l’etimologia stessa della parola, svolgono il compito di messaggeri e di mediatori tra la sfera divina e quella terrestre, preparando la via a Cristo, e il Natale è sicuramente il momento in cui si realizza la massima comunicazione tra Dio e l’umanità. Nel Vangelo di Luca, l’arcangelo Gabriele annuncia a Maria che diventerà Madre del Messia, dicendo: «Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo» (Lc. 1,31-32). Nel Vangelo di Matteo, un angelo del Signore si rivela in sogno a Giuseppe rassicurandolo su Maria con queste parole: «Essa partorirà un figlio al quale tu porrai nome Gesù. Egli, infatti, salverà il proprio popolo dai suoi peccati » (Mt. 1,18-25). Infine, sempre nel Vangelo di Luca, è ancora un angelo che comunica ai pastori la nascita di Gesù, seguito da una moltitudine di messaggeri celesti che lodano Dio: «Non temete, perché, ecco, io vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Messia, il Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc. 2,10-11).
Per queste ragioni le raffigurazioni artistiche della Natività sono popolate da innumerevoli presenze angeliche, ritratte nell’atto di comunicare l’annuncio ai pastori, ma anche di intonare il canto del “Gloria” o semplicemente di adorare il Salvatore: così, ad esempio, nella scena della Natività raffigurata da Giotto nella Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi, compaiono ben ventisei angeli (quindici in alto nel cielo e dodici all’interno della stalla), a cui si aggiunge l’angelo intento a proclamare l’annuncio ai pastori.
A Foligno il cosiddetto Maestro dell’abside destra di San Francesco a Montefalco, fra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, eseguì due piccoli cicli pittorici sulla vita di Gesù nell’ex-chiesa di san Domenico e nel coro dell’ex-chiesa di Santa Caterina, dove si vede la scena della Natività nella quale, in alto a sinistra, compaiono tre angeli al di sopra di una montagna popolata da pecorelle; in origine probabilmente doveva esserci anche un quarto angelo intento a comunicare con i pastori, perché a destra si intravede una mano, ma il resto del dipinto è purtroppo andato perduto (fig. 1).
In molte raffigurazioni si nota il grazioso particolare degli angeli che si sporgono dal tetto della stalla per poter ammirare il Salvatore. È questo un dettaglio iconografico adottato dall’eugubino Ottaviano di Martino di Mello, noto come Ottaviano Nelli, in ben tre opere, molto simili fra loro: nella chiesa di San Francesco a Gubbio (1410 circa; fig. 2), nella cappella di Palazzo Trinci a Foligno (1424; figg. 3-4) e nell’ex-chiesa di Santa Maria Novella a Perugia (1425 circa; fig. 5). Nell’opera di Gubbio, Ottaviano a sinistra ha raffigurato l’annuncio angelico ai pastori, mentre sopra la stalla compaiono tre angeli, presenti anche nell’affresco commissionato da Corrado Trinci, dove però l’annuncio ai pastori è rappresentato a destra (nel dipinto di Gubbio invece a destra è raccontata l’Adorazione dei Magi), mentre nel dipinto di Perugia gli angeli che volano sopra al tetto sono sei, e si intravede l’angelo che compie l’annuncio ai pastori, che dovevano essere raffigurati a destra, dove oggi c’è un’ampia lacuna.
Gli angeli in terracotta del XV secolo facenti parte del gruppo scultoreo conservato nel santuario della Madonna della Grazie di Rasiglia sono chiaramente rappresentati nell’atto di adorare il Bambino: si tratta di due piccole statue, che conservano ancora tracce dell’originale policromia (veste rossa, capigliatura dorata, ali azzurre e dorate), inginocchiate e con le mani giunte, con lo sguardo rivolto in basso e le labbra che accennano a un sorriso (fig. 6).
Un piccolo angelo al di sopra della stalla all’interno della quale giace Gesù è raffigurato in un affresco poco noto conservato nel palazzo Vallati Montogli, poi Guiducci, in via Gramsci (figg. 7-8); qui l’anonimo artista cinquecentesco rielabora, in modo alquanto ingenuo e goffo, ben noti schemi iconografici del Perugino e dello Spagna.
Il Vangelo di Luca è esplicitamente raffigurato da Dono Doni nel coro del monastero di Sant’Anna, in un affresco del 1544 (fig. 9), dove compare sia l’angelo che pronuncia l’annuncio ai pastori (fig. 10) sia la milizia celeste, rappresentata da tre angeli che tengono un cartiglio con il “Gloria”, il cui testo appare in trasparenza e che quindi si legge al contrario (fig. 11).
Segnaliamo infine una tela conservata nella chiesa di San Niccolò: si tratta di un’Adorazione dei pastori, che riproduce un modello del pittore e incisore francese Guillaume Courtois (1628-1679), detto il Borgognone, attivo soprattutto a Roma. In quest’opera gli angeli non sono più nunzi della nascita di Gesù, ma, tenendo in mano una croce, preannunciano il suo sacrificio (fig. 12). In questo modo il ruolo degli angeli nel momento della nascita di Gesù si allarga ad abbracciare la sua intera esistenza terrena, perché essi, come ha affermato Origene “sono stati concessi al Figlio di Dio per seguirlo (…). Per questo c’era una moltitudine della milizia celeste che lodava e glorificava Dio quando Cristo è nato”.

© Gazzetta di Foligno – EMANUELA CECCONELLI

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