
La disuguaglianza è il tema centrale
In questo 50° del Concilio ci piace ricordare il tema secondo il quale i fedeli laici “mediante l’adempimento dei comuni doveri civili, guidati dalla coscienza cristiana, in conformità ai valori che con essa sono congruenti, svolgono anche il compito proprio di animare cristianamente l’ordine temporale, rispettando la natura e la legittima autonomia e cooperando con i cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità”. La politica non si deduce dalla fede. Distinte, ma non separate: la politica trova illuminazione anche dalla fede, nel rispetto delle reciproche autonomie. Sempre che la fede sia capace di essere luce e di essere sale. Il rischio è che la fede dei cristiani perda il carattere della novità e del coraggio, la capacità di capire i problemi del tempo e di agire in conformità ai valori dell’insegnamento sociale della Chiesa. C’è da recuperare con coraggio il giusto rapporto tra fede e politica, riprendendo la capacità di critica. Per esempio, nei confronti di una visione economica liberista, che finisce col negare la centralità e la dignità della persona, o verso forme di individualismo esasperato, prive di responsabilità sociale. Fin dove possiamo accettare la privatizzazione dei beni comuni, dei beni pubblici che fanno vivere una comunità? I modelli competitivi estremizzati, la flessibilità e la mobilità del lavoro come meri strumenti funzionali alla competitività del sistema economico, non provocano sradicamenti di persone e comunità? Non è giunto il momento di riproporre il valore eticamente e politicamente fondativo dell’uguaglianza? E non deve diventare, questa, l’autentico paradigma delle politiche sociali? L’uguaglianza è condizione e funzione della libertà, cioè dell’effettivo godimento delle libertà e dei diritti civili, politici e sociali. Uguaglianza non è egualitarismo, o misconoscimento del merito e delle responsabilità, ma non è neppure semplice uguaglianza formale o procedurale, come vorrebbero i sostenitori di un’idea tiepida di democrazia. L’uguaglianza dei punti di partenza e delle pari opportunità ha come obiettivo, in un sistema democratico, l’uguaglianza delle capacità e la promozione dell’inclusione sociale. E per questo obiettivo va respinta l’idea dell’incompatibilità – anche perché così non è stato negli anni migliori della nostra storia repubblicana – tra competitività e uguaglianza, tra competitività e giustizia sociale. Oggi la Chiesa, anche a Foligno, è impegnata come non mai sul piano della solidarietà. La Caritas è in prima fila nell’ascolto dei poveri – poveri di soldi e poveri di diritti – presenti sul nostro territorio. E fa il possibile. Ma c’è anche una battaglia da vincere sul piano culturale, prima che politico, nella quale la Chiesa si inserisce con la sua funzione educativa. Eccola: no alla cultura individualista e rampante; no alla cultura dell’abbandono, che sacrifica alla competizione tutti coloro che faticano a tenere il passo; impegno per una cultura solidale attraverso nuovi stili di vita. Se questa nuova cultura non diventerà maggioritaria, sarà sempre più difficile oggi superare povertà e disuguaglianze.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI