La tela della Madonna di Loreto nella chiesa di San Marco
Sant’Eraclio conserva un’interessante testimonianza pittorica del culto lauretano, il dipinto su tela esposto nella chiesa di San Marco e visibile sul secondo altare della parete sinistra, che fu di giuspatronato della famiglia Maneschi (foto 1). La Madonna, circonfusa di luce e sospesa su nubi, è raffigurata – fiancheggiata dai santi Francesco e Carlo Borromeo – secondo la tipologia iconografica direttamente ispirata alla statua trecentesca che fu esposta nella Basilica di Loreto fino al 1921, anno in cui venne distrutta da un incendio: Maria stante in posizione frontale, con il Bambino in braccio, rivestita della dalmatica. Sul bordo dorato di questa sontuosa veste nel dipinto compaiono due scritte: “Fons fontis Sol solis” e “Mostra te essere Materem [sic]”. Quest’ultima frase è tratta dalla preghiera Ave Maris Stella, risalente almeno al IX secolo, dove si legge: Monstra te esse matrem / Sumat per te preces / Qui pro nobis natus / Tulit esse tuus (“Mostra di essere madre / Accolga le nostre preghiere / Colui che accettò di essere / Tuo figlio per noi”).
La tela di Sant’Eraclio non è né firmata né datata, ma può essere collocata intorno ai primi anni del XVII secolo sulla base di una serie di indizi di tipo iconografico e storico. Si può notare a tal riguardo il fatto che Maria e Gesù indossino sul capo il triregno, presente di solito nelle raffigurazioni lauretane precedenti al 1643, anno in cui sulla statua della Basilica di Loreto i triregni (collocati nel 1498 per volere degli abitanti di Recanati) vennero sostituiti da due corone donate dal re Luigi XIII. Anche il particolare delle tre collane ad ornamento della dalmatica caratterizza spesso le raffigurazioni lauretane del Seicento.
La chiesa di San Marco fu costruita nel 1597 e subito dopo i suoi altari vennero ornati da varie tele; ben tre dei dipinti conservati al suo interno recano la data 1602: la Madonna del Rosario e la Consegna delle chiavi eseguite dal perugino Giulio Cesare Angeli e la Madonna col Bambino e i santi Michele Arcangelo e Rocco firmata dall’eugubino Felice Damiani. In riferimento a quest’ultimo dipinto è interessante osservare che la figura di san Rocco presenta sul bavero del mantello (la cosiddetta “pellegrina”) tre signa super vestem, cioè i simboli dei pellegrinaggi effettuati, e tra questi compare proprio quello relativo al viaggio verso la Santa Casa di Loreto.
La presenza di Carlo Borromeo – che venne canonizzato proprio nel 1602 – in un dipinto folignate dei primi anni del XVII secolo si può collegare agli eventi che interessarono in quel periodo la nostra città: nel 1612 il vescovo di Foligno concesse ai Barnabiti il sito adiacente all’oratorio della Misericordia (dove sorgeva l’antica chiesa di San Pietro de Pusterola) e rapidamente venne costruita una nuova chiesa intitolata a San Carlo Borromeo (la prima in Umbria), solennemente consacrata il 23 giugno 1613.
Si può da ultimo notare che nella parte inferiore della tela l’anonimo artista ha tratteggiato un’interessante veduta della città di Foligno e del castello di Sant’Eraclio (foto 2), immortalando i due centri abitati così come dovevano apparire nei primi anni del XVII secolo.
© Gazzetta di Foligno – AMANUELA CECCONELLI