Consigli Pastorali

Il Vescovo Gualtiero apre l’Anno della Fede

Roma, tarda serata dell’11 ottobre 1962. Piazza San Pietro gremita di giovani ascolta le parole ispirate di Papa Giovanni, che al mattino aveva inaugurato il Concilio. I più anziani le ricordano bene perché la TV le portò in casa, contribuendo a farci amare di più quel “papa buono” e coraggioso. Impossibile dimenticarle cinquant’anni dopo: lo sguardo alla luna, la carezza del Papa da portare ai bambini, le lacrime da asciugare, l’invito a donare a tutti gesti di misericordia e di pace. Era un nuovo modo di comunicare, quasi un presagio di quello che sarebbe stata la Chiesa del Concilio, con il suo cuore aperto alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alla angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto. Foligno, tarda serata dell’11 ottobre 2012. Il Vescovo Gualtiero convoca a San Giuseppe Artigiano i consigli pastorali e guida il pellegrinaggio della fede, che raggiunge lo splendido chiostro del Convento di San Bartolomeo. L’altissima partecipazione dei fedeli, le due riflessioni proposte dal Vescovo e le sue Tracce per l’Anno della Fede, consegnate al termine dell’incontro, iscrivono l’evento nella storia religiosa della città. L’Anno della Fede, indetto per i cinquant’anni del Vaticano II e il Sinodo sulla nuova evangelizzazione giungono provvidenziali nella Diocesi che, sottolinea il Vescovo, con la chiusura della Visita pastorale rivolge lo sguardo in avanti, verso l’essenziale e cioè la riscoperta e la riproposta del Vangelo. “Avanza la desertificazione spirituale” e la Chiesa di Foligno si domanda “come possa meglio rispondere alla propria missione”. Ma i cristiani saranno “missionari o dimissionari?”, chiede Mons. Gualtiero. E aggiunge: “Non bastano le operazioni pastorali estetiche, né i soli metodi di comunicazione. La facciata non serve, se le fondamenta sono divenute fragili”. La nuova evangelizzazione esige un forte rinnovamento spirituale, attraverso lo sforzo di santificazione personale e il cammino degli uni verso gli altri. Chiede anche di riprendere in mano il Concilio che “ha molta semente da spargere e attende di essere realizzato”. Scrive il Vescovo: “Il Concilio Vaticano II, a cinquant’anni dalla sua apertura, non ha cessato di ispirare la vita della Chiesa, che avverte la responsabilità di tradurne le direttive, di approfondirne l’insegnamento e di promuoverne la conoscenza e l’applicazione, respingendo come erronea la cosiddetta “ermeneutica della discontinuità e della rottura” e favorendo quella che Benedetto XVI ha denominato “l’ermeneutica della riforma” o del “rinnovamento nella continuità”. Quella che Yves Congar, uno dei più grandi testimoni della stagione conciliare, chiama la “riforma della Chiesa nella Chiesa” è una frontiera sempre da esplorare, poiché essa, come precisa Paolo VI nell’enciclica Ecclesiasm Suam, non è un sovvertimento della vita presente della comunità ecclesiale o un “adattamento dei suoi sentimenti e dei suoi costumi a quelli mondani”, ma un cammino diretto a ritrovare l’entusiasmo apostolico dello slancio missionario delle origini”. Stabili nella docilità è il titolo del testo di Mons. Sigismondi. Lo raccomandiamo a tutti.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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