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Da Piazza della Repubblica a Piazza San Giacomo: le contraddizioni di una città

Partiamo dalla Piazza della Repubblica. In questi giorni c’è festa, vitalità, divertimento. Di sera è il luogo di allegrie che si incontrano. È soprattutto il territorio della Quintana, della sfilata di gente in costume che mira ed è mirata, e in cor s’allegra. Luci, colori, suoni rendono piacevole la movida e le taverne rionali fanno da cornice a gradevoli spazi di vita cittadina, dove un tuffo di spensieratezza nel passato vorrebbe alleviare le incertezze e la precarietà dell’oggi, almeno per chi la vive sulla propria pelle. È un tempo di svago e di consumo, che attraversa l’estate fino al vespro settembrino. Un tempo di cui il centro storico ha, giustamente, forte bisogno per riprendere la sua vitalità, che non è solo economica, e per richiamare le persone nello spazio più originario ed evocativo della storia della loro città. Percorriamo adesso via XX settembre e arriviamo a Piazza San Giacomo. Osserviamo il vecchio portone che apre sul chiostro su cui si affacciano i locali della Caritas diocesana. Qui c’è gente che ha bisogno di mangiare, che chiede denaro, vestiti, lavoro, un letto, e magari anche persone con cui parlare o gridare la propria rabbia. Due piazze non distanti, due mondi drammaticamente diversi. Sotto i riflettori il primo, nella penombra dell’indifferenza il secondo. Sono le contraddizioni di una città, alle quali rischiamo – tutti! – di rimanere assuefatti. Eppure quello che la Caritas comunica è un quadro preoccupante ed amaro, così aggrovigliato e talvolta nascosto che può sfuggire persino alle istituzioni e agli operatori sociali. Il morso della crisi economica fa aumentare di continuo il numero dei folignati che chiedono aiuto. Perdita di lavoro, disoccupazione, indebitamento, coppie alla deriva, situazioni di non autosufficienza, incapacità di diminuire o di rivedere certi livelli di consumo, depressione e solitudine: sono questi i volti nuovi della povertà che ormai – fa sapere la Caritas – non risparmia nemmeno quanti erano abituati da tempo ad una vita economicamente soddisfacente. Forse costoro soffrono anche un senso di scoramento per il declino che improvvisamente toccano con mano, vissuto spesso nel silenzio e nell’imbarazzo di chi non era abituato a tendere la mano. Ecco perché c’è una crisi più ampia, più preoccupante, che non sempre si conosce, come emerge anche dalle rilevazioni sociologiche che i parroci hanno inviato al Vescovo per la visita pastorale. La Chiesa, che si apre sulla prima piazza e aiuta la seconda con il volontariato della Caritas, non smette di operare perché la solidarietà diventi la prima virtù civile, quella che rende “solida” la città. E sollecita anche le forze sociali, economiche, finanziarie e politiche – che hanno nella Piazza della Repubblica il loro luogo di riferimento e di responsabilità – a lavorare per un progetto che garantisca la “sostenibilità del vivere” per tutti, dove la solidarietà non sia elargizione dall’alto, ma volontà di rendere uguali quei cittadini che, per le vicissitudini della vita e le contraddizioni dell’oggi, rischiano a Foligno di esserlo sempre di meno.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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