Chiesa presente, benedicente, silente
“Chi sei tu, Chiesa, e cosa dici di te stessa?” Questa domanda risuonerà anche nel nostro settimanale per il 50° del Concilio Vaticano II. Intanto la stessa Visita Pastorale aiuta a riflettere sul volto della Chiesa locale nella situazione concreta dell’oggi. Ma interessa capire anche che cosa la nostra città si attende dalla Chiesa. Si ha l’impressione che da molte parti, e dai poteri che contano, si desideri una chiesa presente, benedicente e silente. Ad esempio, si apprezza molto – e giustamente – il servizio sociale della Caritas, l’impegno educativo della diocesi nelle scuole e negli oratori, il volontariato diffuso tra anziani, malati e giovani in difficoltà. Ma si chiede anche alla Chiesa – e questa volta impropriamente – un ruolo rassicurante e compensativo, una sorta di religione civile, o un palcoscenico che dia lustro alle rappresentazioni di sé di cui i potentati hanno bisogno. Può anche capitare che si vogliano piegare alle piccole mode del tempo i valori e i gesti della fede, finendo col confondere sacro e profano e col pretendere una Chiesa più omogenea e compatibile con la realtà, che capace di profezia. Tuttavia le tante cose fatte insieme tra le istituzioni religiose e quelle civili attestano la bontà delle varie forme di collaborazione e il reciproco riconoscimento di valori che, se condivisi, rafforzano il tessuto sociale della nostra città. Inoltre è la logica dell’incarnazione ad abbattere steccati tra l’umano e il divino, per sempre riconciliati in Cristo. Per questo, la Chiesa è chiamata ad essere sempre presente, ma non compiacente; bene-dicente il positivo che c’è, ma non reticente verso le cose che non vanno; non silente, ma annunciante il regno di Dio che viene. Da qui l’atteggiamento di dialogo e di fedeltà della Chiesa verso i problemi dell’uomo d’oggi. Da qui – piaccia o meno alla politica – il recupero di una funzione critica della fede cristiana nei confronti del mondo, solidale con esso se promuove veramente l’uomo, libera da esso se si perde tra le ingiustizie. Dialogo e funzione critica esigono il dire e il fare la verità nella carità. La fiducia nella Chiesa, infatti, da noi è ancora elevata, ma senza la carità questo sentimento rischia di affievolirsi, almeno verso quelle istituzioni ecclesiastiche avvertite come distanti dalle proprie condizioni di vita. In quest’ora di difficoltà sociale, di incertezza e di precarietà, si guarda con rinnovata attesa alla Chiesa, alle sue figure che operano in termini costruttivi sul territorio, che accompagnano la gente nelle diverse stagioni della vita, producono legami e solidarietà e, soprattutto, sanno richiamare tutti alle cose che contano. Come ha fatto il nostro Vescovo Gualtiero a proposito della Cattedrale presa d’assedio durante la Pasqua, quando non ha rivendicato uno spazio sacro, ma un tempo sacro meritevole di rispetto, perché il tempo di Dio non è il tempo del mercante. E se fosse proprio il Vangelo ad avere gli anticorpi per uscire anche dalle contraddizioni di un’economia che ci sta impoverendo? Forse si è chiuso un periodo nella Chiesa locale. Quello del silenzio, abbastanza comodo per tutti.
© Gazzetta di FOligno – ANTONIO NIZZI