Una giovane donna
Abbiamo incontrato suor Ilaria Maria Simoni
Ilaria Maria dal 2003 vive nella Comunità Monastica “Spirito Santo” di Citerna. Comunità che appartiene a quel filone del monachesimo che riconosce in S. Benedetto il proprio padre.
Nata e cresciuta a Foligno, della parrocchia di S. Maria Infraportas, fin da giovanissima catechista e impegnata nell’Azione Cattolica; ad un anno dalla sua consacrazione, avvenuta l’8 maggio 2011, abbiamo chiesto di poterla incontrare “virtualmente” per un confronto, dato che spesso ha occasione di parlare con i gruppi di giovani che si recano a far visita al monastero.
Nella relazione con la tua famiglia, quali sono state le esperienze che hanno favorito la formazione della scelta per la vita consacrata?
Sono nata e cresciuta in una famiglia cristiana, che ha educato me e mio fratello secondo i valori del Vangelo, incarnati nella semplicità della vita quotidiana.
La dedizione incondizionata dei miei genitori per la famiglia, per il lavoro e per i diversi impegni assunti sono stati e continuano ad essere per me un esempio di quella “vita buona” vissuta giorno per giorno: ho imparato da loro il valore della responsabilità e della fedeltà concreta nelle scelte quotidiane e della testimonianza, tanto silenziosa e discreta quanto fattiva, della fede e dei veri valori.
Una fedeltà che si è sempre tradotta nella cura amorevole per l’unità della nostra famiglia, per l’educazione di noi figli, per l’assistenza premurosa e generosa per i miei nonni.
C’è un ultimo aspetto tra i tanti che mi piace ancora sottolineare perché rappresenta uno dei più grandi insegnamenti che ho ricevuto dai miei genitori e da mio fratello: il rispetto per le scelte degli altri, per la libertà di ogni persona, rimanendole comunque vicino e continuando a sostenerla nel suo cammino.
La mia scelta, pur comportando momenti di sofferenza per l’inevitabile distacco e di iniziale perplessità, è stata sempre sostenuta dalla mia famiglia con quel rispetto che solo l’amore può far nascere e crescere nel tempo.
In conclusione mi sembra doveroso riconoscere che accanto a quella di origine ci sono state diverse “famiglie” che mi hanno aiutato nel mio cammino: la scuola, la mia parrocchia, l’AC ed ora la mia comunità monastica.
In ognuna di queste realtà ho incontrato tanti volti che mi hanno testimoniato l’importanza dell’amore per Dio e per il prossimo e hanno contribuito, spesso silenziosamente, a far crescere la mia vocazione.
Con il passare degli anni e con un po’ di maturità in più si comprende l’importanza dell’educazione ricevuta fin da bambini con un profondo senso di gratitudine al Signore per quanto mi ha donato.
Oggi la fedeltà non è più vista come un cardine delle relazioni e anche tra le donne è spesso considerata un elemento opzionale e obsoleto. Che cosa rappresenta la fedeltà nella tua vita? Quali le “armi” per difenderla?
Come ho detto prima, uno dei valori più importanti che i miei genitori mi hanno insegnato è proprio quello della fedeltà, tradotta nell’unione matrimoniale, negli impegni lavorativi e nelle piccole e grandi scelte quotidiane.
Penso che il termine fedeltà sia sinonimo di quotidianità, perché il “per sempre” si costruisce e si dispiega nel “giorno per giorno”.
Questo credo che ci aiuti non solo a vivere con fedeltà la nostra vita quotidiana, ma anche a tradurre nel tempo e nel concreto questo grande valore, che può apparire tanto arduo quanto idilliaco e utopistico.
Per noi cristiani la radice di ogni fedeltà sta nell’amore di Dio che non viene mai meno, nella Sua Parola che ci guida, nello Spirito che custodiamo in noi e nella Chiesa fondata sulla Roccia.
Credo allora che sia importante fondare tutta la nostra esistenza sulla Roccia che è Cristo Signore, appoggiando ogni scelta e realtà su questo fondamento stabile: per questo motivo ho voluto che sull’anello che ho ricevuto il giorno della mia consacrazione monastica fosse incisa, accanto alla data, la parola “Amen”, che richiama a quella fede certa perché fondata sulla Roccia che è Cristo.
La nostra fedeltà può essere vera e duratura solo perché Lui ci ama di amore eterno.
Mi piace ricordare che noi monaci, accanto ai voti di conversatio morum, nella povertà e nella castità, e di obbedienza, pronunciamo anche quello di stabilità, come impegno alla fedeltà di un cammino all’interno di una comunità specifica per tutta la vita.
Questo voto è di grande aiuto per mettere radici profonde in una sequela fedele e quotidiana del Signore: a tale proposito dice un detto di abba Antonio “Una pianta continuamente trapiantata non può portare frutto”.
Alla luce di questo semplice ma efficace detto, credo che l’unica “arma” per la fedeltà si quella di rimanere in Dio, Padre che si prende cura di ciascuno di noi senza far mai mancare il necessario per farci crescere e portare frutto nella Sua e nostra terra.
L’inaridimento culturale degli ultimi anni ha favorito anche uno svilimento delle aspirazioni: spesso le figure accattivanti proposte dalla TV diventano per una ragazza modelli da seguire.
Quale donna suggeriresti ad una giovane come maestra a cui guardare per la realizzazione di una vita piena?
Mi ha sempre colpito il continuo riferimento del Vangelo ad acquisire uno sguardo non solo “altro” rispetto alla limitatezza del nostro modo di pensare, ma anche “alto”, come invito, ad esempio nella preghiera, a innalzare i nostri occhi al “Padre che è nei cieli”.
Forse una delle cause dell’inaridimento che stiamo vivendo si trova proprio nella crescente difficoltà e pigrizia ad innalzare il nostro sguardo verso l’alto, ma anche nel profondo di noi stessi dove abita lo Spirito, per incontrare il Signore.
Pensandoci bene non mi sento di proporre nessuna figura femminile come modello da seguire per una giovane, perché la vera realizzazione della propria esistenza si trova solo quando si vive in pienezza il disegno che Dio ha per ogni uomo.
Ricordando le grandi donne della storia della Chiesa, a partire da quelle di cui ci parlano i Vangeli fino alle Sante di ogni tempo, che spesso con intrepido coraggio hanno testimoniato la propria fede, credo che tutte abbiano vissuto in tutta la sua verità e concretezza la sequela di Cristo, anteponendo tutto al Suo amore, cercando sempre il Suo Volto nascosto nella storia.
Se la vocazione è scoprire e svelare il proprio volto e il proprio nome, come segni di tutta la nostra esistenza, davanti al Volto e al Nome di Gesù, allora ogni donna potrà trovare se stessa e la piena realizzazione della propria vita solo seguendo il Signore e riconoscendo, in un cammino progressivo, quella sua immagine somigliante a Dio stesso che da sempre e per sempre rimarrà incisa nel libro della vita: il modello da realizzare è già disegnato dentro di noi.
Così tante figure di donne sante diventano modelli non tanto da imitare, quanto da ammirare nel senso che attraverso il loro esempio possiamo anche noi innalzare il nostro sguardo verso quelle verità e quegli ideali che in loro sono diventati vita vissuta.
Sicuramente Maria, la Madre di Gesù, è modello per ogni cristiano, ma penso che anche Lei, che come nessun altro ha ascoltato, accolto e seguito il progetto di Dio, desideri solo che i suoi figli seguano le orme del Maestro, di Suo Figlio, che è la pienezza della vita.
Qual è a tuo avviso oggi il ruolo della donna, laica o consacrata, all’interno della Chiesa? Che cosa vorresti vedere realizzato con più urgenza nella Chiesa di oggi?
Mi domando se esiste veramente un ruolo specifico della donna nella Chiesa o se piuttosto, accanto ai propri fratelli, sia chiamata a costruire insieme a loro tante strade o tanti ponti che permettano ad ogni uomo e ad ogni donna di incontrare e intercettare lo sguardo di Dio che ci cerca.
Credo che oggi il nostro compito primario sia quello di camminare accanto ad ogni uomo, come Chiesa e come singolo credente, per testimoniare spesso silenziosamente la bellezza della nostra fede, la gioia profonda di essere sempre amati, cercati e perdonati.
Desidererei che con sempre più consapevolezza e accoglienza ogni cristiano sentisse riecheggiare nel proprio cuore la domanda “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9) e la necessità di rispondere ci spingesse a ricercare ogni fratello, in particolare quelli più lontani.
La maternità, come dimensione essenziale anche per una donna consacrata, si traduce così nell’accoglienza nella propria vita di ogni uomo, in un grembo fecondo che genera figli a Dio nella Sua chiesa
Così credo che potremmo realizzare quell’unità interiore e tra di noi per cui Gesù stesso ha pregato e offerto la sua vita.
© Gazzetta di Foligno – NICOLINA RICCI