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Basta con il cemento!

“Il suolo è un bene limitato, una risorsa finita e come tale va tutelata […]. Consumando il suolo si modifica il territorio. E siccome il territorio è un sistema di relazioni in cui l’abitazione, il lavoro, la mobilità, le relazioni sociali, la qualità ambientale, la biodiversità, gli equilibri ecologici, la partecipazione, l’intreccio tra culture si confrontano e si evolvono, l’uso del suolo entra a pieno titolo nei processi di trasformazione, li condiziona e, per alcuni versi li determina. L’uso del suolo, quindi non è solo un atto economico, che riguarda l’industria delle costruzioni, ma è un atto sociale, culturale, ecologico e ambientale di preminente interesse pubblico. La gestione del suolo e quindi la capacità di contenerne il consumo, diviene specchio fedele della società che lo usa, ne riverbera valori e meccanismi”. La citazione è dal rapporto Ambiente Italia 2011 di Legambiente, consultabile nel sito della stessa onlus.
Dallo stesso rapporto si desume che la nostra regione, “cuore verde d’Italia”, ha una superficie artificiale estesa a 350 kmq, “tanto quanto l’intero territorio del Comune di Spoleto. Sono 6.307.929 mq le superfici occupate da edilizia residenziale e 4.447.793 mq quelli occupati da edificato non residenziale”. Ogni abitante della nostra regione ha a disposizione circa 330 m². Viene da chiedersi allora come mai si continui a cementificare, anche laddove non ce sia un reale bisogno o dove i nostri vicini europei, vedi la Germania, farebbero altrimenti.
Il rimando va alla riqualificazione dell’area dell’ex-Zuccherificio, area che farebbe gola agli esperti di archeologia industriale. Faccio il paragone con un’area, quella tedesca del bacino della Ruhr, distretto minerario che comprende 53 città, in cui le fabbriche sono state riconvertite in luoghi d’arte e dove sono contemplati anche parchi per il tempo libero; ciò ovviamente significa posti di lavoro e turismo. Si potrebbe pensare che il confronto non tiene, data l’estensione minore dell’area folignate dell’ex-Zuccherificio, ma comunque una riflessione va fatta collegandosi a quanto recita l’articolo 9 della Costituzione: “La Repubblica […] tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Vale a dire: perché un’area che potrebbe veramente cambiare in positivo le sorti del nostro territorio finisce in mano ai privati con il beneplacito delle istituzioni?
Se non vogliamo uscire dai nostri confini possiamo vedere come in altre regioni è stato affrontato il problema della riconversione delle aree industriali, come viene ampiamente documentato nel sito TERNI–ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE (con informazioni elaborate dal CENTRO STUDI POLITICI E SOCIALI “F. M. MALFATTI” ). Questa branca dell’archeologia permette di evidenziare il valore culturale intrinseco di aree che hanno avuto un ruolo per la storia sociale ed economica di ogni paese. Tuttavia preferiamo gettare nuovo cemento anziché dare spazio a luoghi espositivi e museali.
Il 2011 è stato dedicato al consumo di suolo in Italia, argomento di scottante attualità se da un protocollo d’intesa tra Legambiente Onlus e Inu (Istituto nazionale di urbanistica) è nato il Centro di ricerca sui consumi del suolo, operante dal 2009: l’obiettivo è quello di raccogliere i dati regionali al fine di quantificare il consumo del suolo; purtroppo il Centro possiede i dati di sole quattro regioni (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Emilia Romagna). Consumare il suolo significa aumentare il dissesto idrogeologico del nostro territorio e rendere le nostre città più invivibili a causa della congestione del traffico. Il paradosso è che poi si continua a costruire mentre molte abitazioni già esistenti rimangono invendute, per non parlare della concentrazione di centri commerciali sempre più grandi.
Per comprendere l’estrema attualità dell’argomento invito caldamente tutti i lettori della Gazzetta, nonché i cittadini di Foligno e i suoi amministratori, a seguire la puntata del programma “Presa Diretta” andata in onda il 12-02-2012. Il titolo è lapidario: “Cemento”. Il professore Salvatore Settis, in un articolo comparso il 25 marzo 2012 su La Repubblica (pagina della cultura), ritiene che sia necessario passare “dal paesaggio “estetico” a quello “etico” (da vivere)” e riporto le seguenti parole : “Alla radice, il dato essenziale è sempre lo stesso: l’idea di bene comune, la sua priorità sul profitto dei singoli. La necessità di operare oggi per il bene delle generazioni future”.

© Gazzetta di Foligno – GLORIA SAVINI

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