Rassegniamoci al centro commerciale e minimizziamo i danni
Il dibattito sul futuro dell’ex-Zuccherificio prosegue con l’intervento del prof. Fausto Gentili
Mette tristezza vedere che la trentennale ferita dello Zuccherificio sarà ricucita – come fossimo davvero negli anni Ottanta – da un supermercato e dal più grande investimento immobiliare della storia cittadina. E ci si chiede se davvero serva in Valle Umbra, nel vivo della crisi, un nuovo tempio del consumo, e se 110 nuovi appartamenti abbiano una relazione sensata con una città piena, in centro come in periferia, di case vuote. Ma l’investimento è promosso da un gigante della distribuzione commerciale e da un gruppo di navigati imprenditori, e certo avranno fatto bene i loro conti. Meno bene li ha fatti, quindici anni fa, chi ha elaborato il Piano regolatore generale: descritto come uno strumento sobrio, che limitava un’espansione altrimenti incontrollabile, il PRG ha invece dato via libera alla disseminazione di villette e palazzine che hanno via via svuotato il centro e cancellato l’identità delle frazioni, assorbendole in un continuum anonimo, povero di relazioni sociali e di bellezza, e caricando le generazioni future di costi difficilmente sostenibili. Lo stesso PRG autorizza nel cuore della città (lo sapevamo già, ma ora lo vediamo e non è la stessa cosa) un centro commerciale, un condominio di 110 appartamenti ed un parcheggio a pagamento da 1400 auto. È una scelta equilibrata, utile? La faremmo se fossimo oggi chiamati a decidere? Probabilmente no. È allora una scelta che si può utilmente contrastare? Credo che la risposta sia di nuovo: no. Perché la proprietà agisce in piena legittimità (con capitali propri, su un terreno suo e in conformità con il PRG) e il Comune, se cambiasse ora quelle prescrizioni, dovrebbe risarcirla con soldi che non ha; e -quand’anche li trovasse in un forziere dimenticato- non avrebbe poi un euro da spendere per la riqualificazione di quei nove ettari, e la tristezza sarebbe ancora più grande. Si può al massimo impedire la costruzione delle torri, col risultato -a parità di cubatura- di riempire l’area di palazzine a cinque o sei piani. E non pare una buona idea. Che fare dunque?
Una prima scelta riguarda il PRG: è ora di gettarlo e scriverne uno nuovo, imperniato su un concetto semplice: né un metro quadro né un metro cubo in più. Che non vuol dire cancellare i diritti acquisiti (si possono, eventualmente, commutare, d’intesa con i soggetti interessati), né tantomeno colpire al cuore le imprese, che andrebbero piuttosto indirizzate verso una rivisitazione dell’edificato: messa in sicurezza, riqualificazione, risparmio energetico, demolizione e ricostruzione dei “mostri” novecenteschi che deturpano una città nel complesso molto bella. Con il quadruplice vantaggio di risparmiare denaro pubblico, salvare terreni agricoli, rivitalizzare il centro e qualificare l’impresa.
La seconda questione riguarda lo Zuccherificio. Posto che le scelte principali sono ormai compiute, e che la valutazione di impatto paesaggistico venga superata, si può valorizzare la disponibilità al confronto dichiarata dalla proprietà per minimizzare i rischi (innanzitutto per il traffico e la salubrità dell’aria) e cogliere le opportunità che l’operazione, a certe condizioni, può offrire. Dipendesse da me, ragionerei intorno a tre temi:
– la palazzina liberty (perché non farne una Casa delle associazioni?) e la ex distilleria, dove si propone di realizzare un Parco delle scienze e delle arti. È la parte più convincente della proposta: si tratta ora di precisarla, evidenziarne costi e fonti di finanziamento e – fatte tutte le verifiche – garantirle un sostegno adeguato. L’edificio – di notevoli dimensioni – potrebbe poi ospitare anche altre funzioni: uno spazio teatrale di 200-250 posti (al posto di un grande, costoso e inutile Lyrick-bis), ed una traccia di memoria dell’esperienza industriale ed umana dello Zuccherificio.
– il verde pubblico. È un grande spazio a ridosso del fiume e a due passi dal parco fluviale, per la cui progettazione si potrebbero invitare associazioni, giovani professionisti e semplici cittadini ad avanzare proposte. La mia è questa: convertire la “buca” di Prato Smeraldo in un centinaio di orti urbani da affidare ad anziani (singoli o associati) ed a giovani, fornendo loro l’assistenza per gestire legalmente la vendita dei prodotti.
– il rapporto con la città. È la questione più delicata giacché non è scontato che l’eventuale forza di attrazione del centro commerciale si riverberi positivamente sul centro storico, attivando un flusso nella giusta direzione. Tanto più se pedoni e ciclisti che si avventurano sulla passerella debbono poi misurarsi con il rally di via Bolletta. Occorre dunque una specifica politica per restituire al centro storico un’autonoma capacità attrattiva. Mi limito, per ragioni di spazio, ad enunciarne i titoli (residenza, liberazione dal traffico, cultura, imprese di servizi), rinviando ad un’altra occasione – se la Gazzetta vorrà ospitarla – una riflessione più compiuta.
Fausto Gentili