CONF STAMPA VESCOVO

Mons. Arduino Bertoldo per sempre con noi

Omelia pronunciata da S.E. mons. Gualtiero Sigismondi in occasione delle esequie del vescovo emerito di Foligno

 “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui” (Mc 16,6). Così il messaggero di Dio, un giovane vestito di bianco, parla alle donne che cercano il corpo di Gesù nella tomba. L’Annuncio pasquale passa dalla bocca degli angeli alle labbra delle donne e giunge fino all’orecchio degli Undici. Lo sguardo si fissa sulla tomba vuota, l’attenzione si concentra sulle Scritture, la memoria riporta alla luce eventi e parole, sepolti dal dolore. L’Exsultet si alza come un’esplosione di fede, divampa come un incendio di luce.
Fratelli carissimi, l’Annuncio pasquale è l’architrave della porta della fede. E tuttavia, dinanzi al silenzio della morte di una persona cara, sorge sempre una struggente domanda: perché il Signore, che ha vinto la morte, non ha tolto a noi la necessità di morire? A questo interrogativo risponde il card. Carlo Maria Martini in modo inedito: non è usuale sentire un cardinale, un vescovo, parlare di paura della morte. “Dio ha voluto che passassimo per questo duro calle che è la morte ed entrassimo nella oscurità, che fa sempre un po’ paura. Mi sono rappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle uscite di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio. Ciò che ci attende dopo la morte è un mistero, che richiede da parte nostra un affidamento totale. Desideriamo essere con Gesù e questo desiderio lo esprimiamo a occhi chiusi, alla cieca, mettendoci in tutto nelle sue mani”. Queste parole più che una lezione di teologia sono una scuola di vita, quasi una confessione intima che mi è parso di ascoltare, anzi, di scorgere nella serenità dello sguardo di S.E. mons. Arduino Bertoldo, in occasione del mio ultimo dialogo con lui, quando ormai la morte era a due passi.
Fratelli carissimi, la liturgia della Parola di questo giorno “fatto dal Signore” ci aiuta a decifrare i sentimenti che accompagnano questa liturgia esequiale. La pagina evangelica, appena proclamata (cf. Lc 24,13-35), si apre dando voce alla tristezza di due discepoli che, il giorno di Pasqua, fanno ritorno a Emmaus sotto il peso della stanchezza della rassegnazione. “Noi speravamo” (Lc 24,21): nell’imperfetto del verbo “sperare” c’è tutta l’amarezza della delusione; l’enigma della morte di Gesù appare loro come un muro che non consente di vedere oltre. L’Evangelista annota con cura che “i loro occhi erano impediti a riconoscerlo” (Lc 24,16).
“Spiegando in tutte le Scritture ciò che si riferiva a Lui” (Lc 24,27), il Signore apre una breccia nei loro cuori, ma solo la “frazione del pane”, gesto pasquale per eccellenza, fa crollare la cinta muraria della delusione, costruita con la “malta” della rassegnazione. Non appena essi prendono coscienza di quanto è accaduto, “senza indugio” fanno ritorno a Gerusalemme; quello che più sorprende è il fatto che, giunti a destinazione, prima ascoltano la testimonianza degli Undici – “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!” (Lc 24,34) – e, soltanto dopo, narrano “ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto (il Risorto) nello spezzare il pane” (Lc 24,35). I discepoli di Emmaus saldano la loro testimonianza a quella degli Undici, i quali il giorno di Pasqua con la nota dell’Alleluia iniziano a scrivere lo “spartito” della Tradizione apostolica.
“Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (Lc 24,29): il Signore ha accolto l’invito fattogli dai discepoli di Emmaus per il tempo strettamente necessario a consumare una cena. Qualcosa di analogo è accaduto quando S.E. mons. Arduino Bertoldo ha concluso il suo servizio episcopale per raggiunti limiti di età. Al termine della celebrazione che ha segnato l’inizio del mio ministero pastorale egli si è seduto a tavola con me e il Presbiterio diocesano e, l’indomani, di buon mattino ha fatto ritorno al suo paese natale, Castelnovo di Isola Vicentina, dando prova di ammirevole discrezione. Ringrazio di cuore i familiari che con la premura dell’affetto hanno accompagnato l’ultimo tratto di strada del loro congiunto, ma non hanno impedito alle sue spoglie mortali di fare ritorno nella nostra Cattedrale, che egli ha visto ferita dal sisma, ma che ha avuto la gioia di riaprire al culto in tutto il suo splendore alla vigilia del Giubileo dell’anno 2000.
Fratelli carissimi, la posa di una pietra tombale non è l’ultimo atto della nostra esistenza: è con questa fede pasquale che, insieme, chiediamo al Signore: “Tu che hai dato al Vescovo Arduino il carisma episcopale a servizio del tuo popolo, ricevilo nell’assemblea festosa del cielo”.

+ Gualtiero Sigismondi

“Uomo Eucaristico, autentica Icona sacerdotale”
Il ricordo del Vescovo Arduino formulato da mons. Giuseppe Bertini al termine delle esequie presso la Cattedrale di S. Feliciano

Mons. Vescovo mi ha incaricato di ricordare il ministero episcopale nella nostra Chiesa del Vescovo Mons. Arduino Bertoldo. Rendo volentieri questa testimonianza, che attingo dai quindici anni in cui sono stato tra i collaboratori del Vescovo come vicario generale.
Mons. Bertoldo nacque a Castelnovo di Isola Vicentina il 30 dicembre 1932, ben presto fece ingresso nelle opere di S. Giovanni Calabria per rispondere al desiderio di consacrarsi al Signore. Al termine degli studi teologici, seguiti in Roma, come previsto dalla costituzione dell’Opera, su richiesta del Vescovo mons. Roberto Massimiliani fu incardinato nella Diocesi di Civita Castellana. Qui ha svolto per quasi quaranta anni il ministero sacerdotale nel campo dell’apostolato giovanile, negli uffici di Curia e infine per diverso tempo come vicario generale. Fu nominato vescovo di Foligno il 10 ottobre 1992 e ricevette l’ordinazione episcopale il 21 Novembre 1992 nella Cattedrale di Civita Castellana da Mons. Divo Zadi.
Discreto, essenziale, semplice e disponibile: questi i primi aggettivi che mi vengono in mente pensando al Vescovo Arduino: Uomo Eucaristico, autentica Icona sacerdotale.
Ha testimoniato in misura alta la serenità, la mitezza e la pacificazione, che sono i requisiti per ogni missione e in particolare quella di un vescovo. Manifestò fin dall’inizio il suo stile di governo improntato a grande pazienza e rispetto per la persona; ricordo che in alcuni momenti si rendeva necessario intervenire anche in maniera decisa su alcuni atteggiamenti o questioni e fu proprio allora che mi disse: “Voglio ispirarmi alla parabola del fico sterile: non voglio usare la sega, ma piuttosto zappare intorno, concimare e attendere la stagione dei frutti“. In questa ottava di Pasqua questo metodo pastorale permette al Cristo di risorgere in noi, di operare il bene attraverso di noi, di continuare a lottare contro il male, l’egoismo e la cattiveria che c’è dentro e fuori di noi […].
Anche nei rapporti con i fedeli il Vescovo ha svolto il suo servizio come “attenzione ad ascoltare con comprensione le ragioni di ognuno…”. Tutti potevano accedere al Vescovo, con tutti affabilmente si intratteneva, facendo sentire ognuno a casa propria, ma soprattutto facendo avvertire che quell’incontro era prezioso e non c’erano limiti di tempo o di attenzioni: la persona accolta diventava il centro… in quella persona scorgeva e amava Cristo.
Rimarrà il Vescovo che ha scandito il suo ministero rendendo continuamente grazie al Signore e invocando la Sua benedizione per il gregge a lui affidato, senza mai essere assalito dal peso o dalla frenesia del governo.
Si è distinto per la carità e la generosità verso il clero e i fedeli, soccorrendo con prontezza ogni persona che presentava richiesta di aiuto; talvolta anche quando – forse – non era veramente necessario, consapevole che il problema non era indagare sulle reali necessità, ma soccorrere senza umiliare.
L’agire del Vescovo è stato caratterizzato dalla serenità che ha saputo far percepire in tutte le occasioni, anche nei momenti difficili, come quello del terremoto. Si è fatto sempre apprezzare per la trasparenza alla quale ha improntato tutti i rapporti, da quelli umani a quelli istituzionali, sacrificandosi ad una presenza costante e paziente in tutte le manifestazioni ecclesiali e civili, per incontrare tutti e non lasciare mai nessuno da parte.
L’attenzione nelle lettere pastorali, nella catechesi e nella programmazione delle attività annuali è stata volta a tenere impegnate le forze vive della Diocesi sulla Famiglia, sui Giovani, sulla Pastorale Vocazionale. Appena giunto in Diocesi, iniziò con l’incontro mensile di preghiera dei giovani, per proseguire con i vari convegni che si sono susseguiti nel corso degli anni e che hanno avuto per tema i Giovani nel loro rapporto con la scuola, la famiglia, la Chiesa, l’impegno politico e sociale, il volontariato, il tempo libero ecc… Temi che hanno successivamente, a partire dal 2004, costituito la struttura in cui si è articolato il Sinodo dei Giovani, indetto dal Vescovo con il titolo “Seminatori di speranza nella Chiesa di Foligno”: un’esperienza tanto nuova quanto coinvolgente, che ha contribuito a rinnovare e ringiovanire la nostra Chiesa sulle indicazioni del Concilio Vaticano II.
Il Sinodo fu un evento che volle per indagare il disagio dei giovani, ascoltare le loro proposte, promuovere il loro contributo nella vita ecclesiale e civile.
Accanto alla pastorale giovanile, quella delle vocazioni è la pastorale diocesana che più è stata a cuore al Vescovo. E non sono mancate le risposte generose di alcuni giovani (15 per l’esattezza), che hanno portato a maturazione la loro adesione alla chiamata del Signore nel sacerdozio e nella vita religiosa.
Ai Rettori di Seminario cui li affidava ripeteva con tono scherzoso “di non esitare ad usare la pialla per togliere qualche difetto o ruvidità“.
Molta attenzione ha dedicato alla formazione permanente del clero, soprattutto ai sacerdoti giovani, di recente ordinazione, incontrandoli mensilmente e ricevendoli con assiduità.
È doveroso ricordare Mons. Arduino per l’impegno nei giorni della distruzione del terremoto e per gli anni della ricostruzione. Con commozione ripenso alla notte del 26 settembre del 1997, quando fummo svegliati dal disastroso terremoto che colpì le nostre terre: Mons. Bertoldo si mise subito in macchina e raggiunse le parrocchie di montagna. Dalla mattina seguente lo accompagnai di continuo a visitare le parrocchie, specialmente le più colpite, specialmente quelle più lontane dal centro della diocesi. Si intratteneva con loro, li confortava, li rassicurava. Per tutti aveva una parola buona: una parola scherzosa per i bambini, una parola di incoraggiamento per gli adulti, la vicinanza per gli anziani. Specialmente nel disagio e nella paura comunicò e fece vivere a tutti la vicinanza e la presenza della Chiesa.
Ha operato, inoltre, scelte coraggiose per i servizi pastorali diocesani e per la tutela dei beni culturali, quali l’acquisto del Monastero di S. Maria in Campis, l’acquisto della nuova sede della Biblioteca “L. Jacobilli”, la costruzione del centro diocesano presso la Chiesa del Sacro Cuore, la realizzazione del nuovo complesso parrocchiale in via del Roccolo, l’allestimento dei Musei diocesani di Foligno e Spello.
Il Vescovo, infine, brilla davanti ai nostri occhi e torna nelle nostre preghiere non solo per gli anni in cui servì la nostra Chiesa di Foligno, ma per come seppe vivere il tempo della successione. Già un mese prima dell’ingresso del nuovo Vescovo decise di trasferirsi nella casa del clero per facilitare gli adattamenti e l’arrivo in episcopio del suo successore. All’indomani della presa di possesso del nuovo Vescovo tornò nella sua terra d’origine non certo per “stanchezza” verso la sua Diocesi, ma per un gesto di nobilissimo amore verso la Chiesa: non voleva infatti intralciare minimamente l’operare del nuovo Vescovo. Ogni volta che lo sentivo al telefono o quando andavo di persona ad incontrarlo a Castelnovo, rinnovava sempre tutto il suo interesse e l’amore per la Diocesi di Foligno, in particolare per i sacerdoti e per i tanti che avevano collaborato a rendere vivo e penetrante il suo ministero. Assicurava sempre tutti al Signore con l’amicizia e la benevolenza della sua preghiera.
Quanto alla sepoltura, mi raccomandava spesso di preparare in Cripta le tombe per la sepoltura dei Vescovi e aggiungeva “per me è sufficiente essere all’ombra di un albero“. Proprio all’ombra di questo bimillenario albero che è la Chiesa di Foligno, albero generato dal ministero e dal martirio di S. Feliciano, nella Cattedrale che è il suo centro visibile, il Vescovo Arduino sarà ricordato e venerato con profonda devozione.
Ed è proprio questa Chiesa di Foligno di cui fu padre e pastore, che oggi lo accoglie con indicibile riconoscenza; è proprio questa Cattedrale, di cui curò la ricostruzione e a cui donò personalmente l’ambone, la sede e numerosi arredi, che gli esprime, con tutta la solennità che merita, profonda e commossa riconoscenza.
Siamo proprio noi oggi, suoi figli, a riaccoglierlo qui a casa sua, nella sua chiesa, tra la sua gente, per rinnovargli tutta la gratitudine e l’affetto che rimarranno in eterno vincolati davanti a Dio, e che sigilliamo nell’amore e nella pienezza del Signore Risorto.

 Mons. Giuseppe Bertini

Le esequie del Vescovo Arduino
Da Castelnovo di Isola Vicentina a Foligno

Si è svolto martedì 10 aprile nella chiesa parrocchiale di Castelnovo di Isola Vicentina il rito delle esequie di S.E. mons. Arduino Bertoldo, Vescovo emerito di Foligno, morto lo scorso 3 aprile. La Messa nel paese natale, dove mons. Bertoldo era tornato al termine del servizio episcopale, è stata presieduta da S.E. mons. Gualtiero Sigismondi, suo successore alla guida della Diocesi folignate, e concelebrata da S.E. mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza. Era presente anche il Vescovo emerito di Vicenza, S.E. mons. Pietro Giacomo Nonis, insieme con molti presbiteri di Vicenza, Foligno e Civita Castellana, che hanno voluto manifestare la loro profonda gratitudine al Signore per la vita di mons. Bertoldo insieme con un grande numero di fedeli laici che gremivano la chiesa. Nell’omelia, a commento del Vangelo dell’apparizione del Risorto alla Maddalena, mons. Sigismondi ha ricordato come la determinazione nel cercare il Signore sia stata fatta propria da mons. Bertoldo. Con semplicità ed estrema discrezione, egli ha saputo cercarlo anche nel momento della sofferenza, vissuta con la dignità, la riservatezza e l’amabilità che lo hanno sempre caratterizzato. La salma di mons. Bertoldo ha poi raggiunto Foligno, Diocesi che lo ha avuto come pastore dal 1992 al 2008, nella cui Cattedrale si è svolta una solenne celebrazione esequiale. Al rito, presieduto da mons. Sigismondi, hanno preso parte vari confratelli vescovi: gli umbri Chiaretti, Sorrentino, Bottaccioli, Ceccobelli e Marra; mons. Rossi, Vescovo di Civita Castellana, con l’emerito mons. Zadi, dal quale mons. Bertoldo ha ricevuto l’ordinazione episcopale dopo esserne stato Vicario generale; mons. Buoncristiani, Arcivescovo di Siena e folignate di origine, e mons. Reali, Vescovo di Porto-Santa Rufina.

Foto Tommaso Innocenzi

La Cattedrale di Foligno, gremita di presbiteri, diaconi, autorità e fedeli, ha così accolto per sempre nell’antica cripta le spoglie di colui che, dopo la rovina del terremoto del 1997, ha avuto la determinazione di ricostruirla e la gioia di riaprirla al culto alla vigilia del Grande Giubileo del Duemila.

Fabio Massimo Mattoni

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