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AUR: la crisi dell’Umbria è ancora lunga

Il Rapporto economico e sociale del 2010-2011 dell’Agenzia Umbria Ricerche, dal titolo L’Umbria tra crisi e nuova globalizzazione. Scenari, caratteri e tendenze, pone interrogativi seri sul futuro della nostra Regione. I dati non sono positivi. La crisi perdura e sarà ancora lunga. Si tratta di vedere – scrive nell’introduzione il presidente dell’Aur Claudio Carnieri – come trasformare la crisi attuale in “una grande opportunità per rileggere l’Umbria, per come si è costruita nel sessantennio repubblicano, anche affrontando nodi scomodi e difficili, contraddizioni, ma con la mira a far crescere una soggettività democratica e una consapevolezza nuova, all’altezza dei grandi movimenti del mondo”. Carnieri ha anche ragione nel dire che “la forza di un territorio si misura prima di tutto dalla quantità di ricchezza che vi si produce e dalla qualità dei processi nei quali essa si ridistribuisce nelle famiglie e tra le persone”. Ma proprio qui si annidano quelle condizioni di modestia, se non di declino, che le oltre seicento pagine del Rapporto ci documentano. L’Umbria è ormai l’ultima regione del centro-nord. La regione invecchia, la natalità decresce molto più che altrove e le famiglie pagano costi sociali più elevati. La mobilità sociale risulta bloccata e le disuguaglianze appaiono forti. Aumenta la disoccupazione, che colpisce particolarmente donne e giovani. I livelli di istruzione sono tra i più alti d’Italia, ma le imprese locali sembrano non averne bisogno e troppi giovani preparati se ne devono andare. Cresce il divario di produttività rispetto alla media nazionale e la regione risulta poco competitiva nell’ambito della ricerca e dell’innovazione. Permangono sacche di inefficienza nella struttura pubblica, di arretratezza delle infrastrutture del terziario tradizionale o di quello innovativo. L’Umbria ha un tessuto ampio di piccole e medie aziende, che però faticano a investire in risorse umane, tecnologie, marketing e servizi innovativi in genere, risultando così poco competitive sui mercati internazionali. Per queste imprese, molto spesso a carattere familiare, e per le attività produttive più innovative è fondamentale il credito bancario, che però diventa oggi sempre più caro e inaccessibile. Lo sa bene anche l’imprenditoria giovanile, che per avere un mutuo si sente richiedere dal sistema bancario garanzie impossibili da dare. E qui ci fermiamo, non potendo toccare neppure i titoli del ponderoso Rapporto che analizza l’Umbria nel contesto nazionale ed europeo. Il rapporto, tuttavia, non si esime dall’indicare gli snodi che potrebbero aiutare la regione ad andare oltre la crisi. Il modello economico e sociale della regione, ad esempio, dovrebbe tendere a produrre più ricchezza, sia tenendo fermi i diritti del lavoro e la sostenibilità sociale e ambientale, sia sollecitando i diversi fattori immateriali, quali la finanza e le conoscenze, le tecnologie e la qualità dell’organizzazione dell’impresa. Resta da capire se il modello di cultura politico-istituzionale del ceto politico che governa l’Umbria sarà ancora in grado di reagire al declino e di superare la sfida del cambiamento.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

 

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